Prestando servizio come volontaria per lo Sportello per l’Inclusione Scolastica dell’ANFFAS Riviera del Brenta (Associazione Nazionale Famiglie di Persone con Disabilità Intellettiva e/o Relazionale) a Oriago di Mira, in provincia di Venezia, ho ascoltato in questi anni decine e decine di famiglie che chiedevano informazioni e consigli, per interagire e collaborare con la scuola, verso il miglioramento dei processi inclusivi e di sviluppo.
Alcune criticità rilevate sono imputabili al macro-sistema scolastico, che ha subito negli anni interventi di modifica frammentari, incoerenti e insufficienti a garantire l’effettiva applicazione delle norme sull’inclusione scolastica. Altre difficoltà, invece, sono determinate dal contesto scolastico specifico che accoglie gli studenti con disabilità. In particolare l’assenza di un Dirigente Scolastico capace di porsi dialogicamente con le famiglie e preparato alle sfide organizzative e progettuali che una comunità inclusiva deve affrontare, rappresenta un limite ineludibile.
Alcuni esempi. Un Dirigente Scolastico capace, quando la famiglia segnala la mancata attivazione del Gruppo di Lavoro per l’Inclusione, si attiva per costituirlo. Di fronte poi a una programmazione disattenta delle uscite scolastiche da parte dei docenti, che escluda la partecipazione dello studente con disabilità, egli interviene ponendo termine ai comportamenti lesivi dei diritti di quello studente, oltreché discriminatori.
Quando, al contrario, un Dirigente Scolastico ignora le segnalazioni della famiglia (o di un’Associazione di famiglie, per conto di essa), non sa ascoltare, accogliere il punto di vista del genitore, o addirittura si nega ai colloqui, si verificano due condizioni fortemente critiche, la prima delle quali consiste nella mancanza di un elemento essenziale del processo inclusivo, quello valutativo, che il genitore, in qualità di utente del servizio scolastico, può offrire. E non dialogare con gli utenti – nella scuola, come in qualunque altro servizio pubblico – significa non raccogliere elementi per migliorare il servizio stesso.
La seconda criticità riguarda invece la tutela dei diritti della persona con disabilità, ovvero l’applicazione della normativa scolastica sull’inclusione e delle norme a favore della non discriminazione. Infatti, il Dirigente che non riceve il genitore o l’Associazione che rappresenta la famiglia di uno studente impedisce che questi possa esigere i diritti della persona con disabilità.
In questi casi, quale altro interlocutore o Ufficio di riferimento viene individuato dall’Amministrazione Scolastica per accogliere reclami o istanze, volti/e a rendere esigibili i diritti sanciti dalla normativa?
Credo che anche in regime di autonomia scolastica, lo Stato non possa sottrarsi alle funzioni di verifica e controllo del rispetto della normativa da parte delle scuole e – se informato di specifiche situazioni di criticità – di intervenire espressamente. Eppure gli Uffici Scolastici Territoriali e l’Ufficio Scolastico Regionale non svolgono affatto tali funzioni e se anche vengono opportunamente informati, non intervengono. L’unica via percorribile per la famiglia diventa allora quella del ricorso in tribunale, troppo lenta e dispendiosa.
Quando perciò si verifica una situazione che limita il positivo evolversi dei processi di inclusione e di sviluppo, è necessario intervenire subito.
E in generale quel che serve è una rivisitazione dei compiti dei diversi livelli dell’Amministrazione Scolastica e, soprattutto, uno sforzo coraggioso per avviare il processo di valutazione della qualità dell’inclusione scolastica.