La viaggiatrice
Nostra figlia, nata con un’anomalia genetica, dovuta a una Malattia Rara, così rara che i genetisti non sono riusciti a individuarla, consigliando di aggiornarci nelle ricerche ogni due/tre anni, visto che la scienza “fa passi da gigante”. Comprendere di quale patologia si tratti vorrebbe dire trovare una bandiera sotto cui battersi, aggregare le persone che ne sono affette, ottenerne un riconoscimento da parte della Pubblica Amministrazione.
Per quanto riguarda nostra figlia, alla patologia sono dovuti principalmente un ritardo cognitivo, qualche lieve problema motorio e piccole malformazioni.
I mezzi di trasporto
La scuola, la famiglia, quegli altri ancora di cui racconterò, e infine la Legge 68/99 (Norme per il diritto al lavoro dei disabili), grazie alla quale la meta è alfine raggiunta.
La meta
Lavorare davvero, fare il lavoro per cui si è nati, farlo per il datore di lavoro che si è sempre desiderato, nella struttura preferita, con i compagni cui si è più legati.
Il viaggio
Tutto inizia nel 1986, anno di nascita di nostra figlia. Troviamo nel Servizio Sanitario Nazionale un partner ideale e attento, che ci ha sempre seguito negli anni. Un adeguato asilo nido, un’adeguata scuola materna, un’adeguata scuola elementare, il tutto sulle orme dei fratelli maggiori (che i siblings siano sempre benedetti!) [con il termine “siblings” si intendono i fratelli e le sorelle di persone con disabilità, N.d.R.].
Quando nostra figlia ha 10 anni, un giorno ci chiede di lasciarle fare l’elenco, con lo scassatissimo computer che allora avevamo in famiglia, dei libri di casa, dei CD, delle cassette, dei DVD (non ricordo se allora già esistessero). Ecco l’illuminazione: avevamo coltivato in seno un’archivista del settore culturale e non ce n’eravamo mai resi conto! Ecco la scelta convinta: assecondare le sue predisposizioni!
Queste predisposizioni nostra figlia le manifesta con la volontà, il coraggio, il senso di responsabilità, la pazienza che l’hanno sempre caratterizzata. Noi l’abbiamo spesso presa per mano, ma altrettante volte è stata lei a prendere per mano noi, e il merito dei suoi risultati è sicuramente suo per la maggior parte.
Arriviamo alle medie di primo grado (sempre quelle dei fratelli, andiamo sul sicuro) e rafforziamo anche le competenze informatiche che ormai fanno parte del nostro progetto globale.
Dopo qualche anno nostra figlia conseguirà la patente europea di informatica (è incredibile quali siano le sue potenzialità in alcuni settori, a fronte delle enormi difficoltà in altri, soprattutto quelli legati ai meccanismi di astrazione). Il suo elaborato d’esame è l’unico senza errori, pur in competizione con quaranta “normodotati”.
Grande impegno, poi, per la scelta delle medie di secondo grado (questa volta si esce dalle orme collaudate dei fratelli maggiori). Visitiamo tantissime scuole. Scopriamo che in tutta Roma solo una decina di scuole partecipa al RASFOL, progetto integrato con il Centro di Formazione Professionale Simonetta Tosi (Via Alessandro Volta) del Comune di Roma.
Sposiamo la causa, scegliamo la scuola ritenuta più adatta fra questa decina, e la scelta si rivelerà vincente. Appena possibile, effettuiamo l’iscrizione al Centro per l’Impiego in categoria protetta, e poi quella al Progetto Match del Centro stesso.
Nel 2006, a 20 anni, nostra figlia finisce la scuola e passa immediatamente alla formazione con il Centro Simonetta Tosi. Siamo noi – memori delle sue inclinazioni – a progettare un tirocinio, bussando alla porta di una meritoria istituzione culturale, l’Istituzione delle Biblioteche del Comune di Roma. Titubanti facciamo la nostra richiesta. Un attimo di riflessione e la risposta è positiva. Noi sappiamo che la disabilità è un valore aggiunto, che lo comprenda però chi non è direttamente coinvolto, lo qualifica come persona di particolare sensibilità.
Tre tirocini in biblioteca sotto l’ala del Centro Tosi. Tre successivi tirocini sempre in biblioteca, tramite un progetto del Municipio II di Roma Capitale.
Le competenze di nostra figlia si accrescono continuamente. Svolge anche un ultimo tirocinio presso un’Associazione Culturale, destinataria della donazione di una biblioteca personale specialistica (a mia figlia ne compete la sistemazione e la classificazione, secondo i canoni precedentemente appresi).
Roma Capitale delibera di assumere tutte le persone con disabilità secondo le quote previste dalla Legge 68/99. Noi genitori facciamo la nostra parte come pressione mediatica. Fra i requisiti e fra gli elementi che fanno punteggio ci sono le attività lavorative svolte a qualsiasi titolo presso strutture di Roma Capitale, cioè proprio quello che nostra figlia possiede in quantità nel suo curriculum.
Nella convenzione firmata con il Centro per l’Impiego, fra le modalità di assunzione ci sono anche due concorsi. Nostra figlia ne vince uno, non può competere con le persone con disabilità motoria o sensoriale, ma, fra quelle con disabilità cognitiva, raggiunge una posizione che migliore non poteva essere.
L’Istituzione delle Biblioteche di Roma Capitale, grazie alle competenze raggiunte da nostra figlia – non a caso in quell’ambiente ottimale di lavoro, e grazie alla sensibilità dei suoi rappresentanti – chiede la sua assegnazione alla struttura dove quelle competenze sono state maturate.
Questa vicenda testimonia, fra l’altro, le potenzialità della Legge 68/99 e, contemporaneamente, ci fa gridare di dolore perché queste potenzialità troppo spesso rimangono irresponsabilmente vanificate.
E così, a 27 anni, nostra figlia termina questo “viaggio”, intraprendendone un altro, senza soluzione di continuità, sicuramente altrettanto bello.