Rocco è un bell’uomo, ha lo sguardo da cerbiatto e un sorriso disteso che riempie il cuore. Vive in un paesino della Locride, in Calabria, sospeso tra mare e montagna.
Poco più di 500 abitanti sono tutto il suo mondo, la radice forte della sua esistenza che condivide con la madre anziana, ma vigorosa. La sorella, nel tempo, gli ha creato intorno un piccolo “paradiso” curando il mondo di relazioni che i compaesani hanno tessuto con lui, che è prima di tutto una persona cara; che viva su una sedia a rotelle, non fa differenza.
Nemmeno i mali incurabili fanno differenza tra un organismo perfetto e uno imperfetto. E così Rocco ha combattuto la sua battaglia, ma non da solo. Sua sorella si è trasformata in un’arma formidabile, la più potente, fino a quella folata di vento che – leggera – si è portata via il respiro di Rocco.
È accaduto nel primo pomeriggio di un giorno di dicembre, quello in cui inizia la Novena di Natale, quando il cielo sfolgora in un tramonto breve e abbagliante. E diventa subito notte stellata.
Due giorni dopo, quella folata di vento ha raggiunto una grande città del Nord, portandosi via il respiro di Franco [Franco Bomprezzi, nostro direttore responsabile, N.d.R.], imperfetto nel fisico come la sua osteogenesi, mentre anche lui stava combattendo la sua battaglia – di cui la buona morte è parte – vincendola.
Anche Franco aveva sempre sottolineato in pubblico l’importanza delle scelte dei suoi familiari, un marchio di intelligenza e dedizione che ha segnato positivamente la sua esistenza. Il giorno del suo sessantesimo compleanno celebrò in InVisibili, blog del «Corriere della Sera.it» la sua vittoria più grande, quella ottenuta insieme alla sua famiglia.
«Dolore, smarrimento, incredulità e vuoto» sono i sentimenti in sequenza del fratello di Franco. «Un fratello appena più grande – aveva scritto lo stesso Franco – che mi ha accompagnato e protetto fin oltre l’adolescenza, sacrificando molto della sua».
Mi chiedo adesso di che colore sia il lutto di quelle persone speciali che sono i fratelli e le sorelle delle persone con disabilità. Se la loro vita, anche a distanza di tempo, sia più vicina a un cielo opaco e senza luna; o se sia più simile ad un cielo notturno, sì, ma pieno di stelle, che aspetta solo di essere scrutato e conosciuto, scrigno di un’altra vita che non è finita ma che si è frantumata in milioni di gocce di luce.