L’abbigliamento adattivo non è più un tabù

«Come strumento di espressione personale e inclusione sociale – scrive Francesca Arcadu nel presente approfondimento -, la moda ha in genere trascurato le esigenze delle persone con disabilità il cui riflesso nei media offrirebbe invece effetti positivi sull’autostima e l’accettazione del proprio corpo. Negli ultimi anni, tuttavia, la cosiddetta “body positivity” ha ampliato i concetti di bellezza in senso più ampio e inclusivo. Oggi, dunque, l’abbigliamento adattivo non è più un tabù, testimoniando il potere della rappresentazione che trasforma stereotipi in messaggi di visibilità e successo»

Jillian Mercado

Jillian Mercado è stata la prima modella americana in carrozzina (foto tratta dalla pagina Facebook di Jillian Mercado)

La rappresentazione mediatica delle persone con disabilità, pur essendo un tema spesso sottovalutato, è di fondamentale importanza per il cambiamento del loro ruolo nella società. Secondo i dati dell’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) almeno il 15% della popolazione mondiale, più di un miliardo di individui, vive con una qualche forma di disabilità. Solo in Italia sono più di tre milioni (dati ISTAT). Una minoranza tanto vasta quanto poco rappresentata nei media, in particolare nella moda e nelle campagne pubblicitarie, impedendo così di essere riconosciuta come un target nella comunità.
Una ricerca ha evidenziato che sebbene un quarto della popolazione americana abbia una disabilità, solo l’1% degli spot pubblicitari include temi o rappresentazioni a essa dedicati (dati Nielsen Ad Intel, 2021). Questa carenza esclude una porzione significativa di popolazione il cui potere d’acquisto è stimato in quasi 500 miliardi di dollari.

Il potere della rappresentazione
La moda, come strumento di espressione personale e inclusione sociale, ha tradizionalmente trascurato le esigenze delle persone con disabilità il cui riflesso nei media offrirebbe invece effetti positivi sull’autostima e l’accettazione del proprio corpo. Negli ultimi anni, tuttavia, il movimento della cosiddetta body positivity ha ampliato i concetti di bellezza in senso più ampio e inclusivo.
Il settore della moda si trova così di fronte a un mercato più ampio e a nuove fette di consumatori, più consapevoli e alla ricerca di marchi che facciano propri valori come sostenibilità, inclusione e responsabilità sociale. All’interno delle imprese che gravitano intorno a questo mondo nascono strategie di management basate sul Diversity & Inclusion, per lo sviluppo di una cultura aziendale basata sulla valorizzazione delle differenze.
Una serie di marchi del lusso, come Chanel, Gucci, Prada e Burberry, hanno così introdotto all’interno delle loro aziende la figura del diversity & inclusion manager. La Camera della Moda Italiana nel 2019 ha adottato il Manifesto della diversità e dell’inclusione, sottolineando come: «L’inclusione e la diversità vanno considerati come asset in grado di creare straordinarie opportunità di business».

La moda adattiva
L’abbigliamento adattivo esiste da anni ma ha trovato posto sulla scena dello star system quando nel 2019 l’attrice Selma Blair, che convive da anni con la sclerosi multipla, si è presentata al Vanity Fair Oscar Party con un coloratissimo abito senza spalline Ralph & Russo e un bastone monogramma su misura, mostrandosi con orgoglio per parlare di adaptive clothing.
L’abbigliamento adattivo nasce per superare le limitazioni fisiche che hanno un impatto sulla vita quotidiana di miliardi di persone. Indossare una camicia, allacciarsi le scarpe, abbottonare un paio di pantaloni possono diventare gesti impossibili per chi ha l’uso delle mani ridotto, non vede o non cammina.

Funzionalità ed estetica
Il target è rappresentato da persone anziane, con disabilità permanenti o temporanee, che siano impossibilitate a svolgere numerose azioni; l’obiettivo è quello di migliorare la qualità della vita attraverso soluzioni come bottoni automatici, velcro e tessuti elastici utilizzati per facilitare la vestizione.
Non solo semplicità, però, ma una vera e propria rivoluzione del fashion system, perché funzionalità ed estetica possono convivere armoniosamente. L’abbigliamento adattivo, via via, risponde alle esigenze delle persone con disabilità attraverso collezioni innovative, comode e agilmente fruibili che tengono sempre più d’occhio le tendenze.

"Tommy Adaptive" di Hilfiger

In posa per la linea di abigliamento adattivo “Tommy Adaptive” di Hilfiger

Esempi di successo
Secondo Coherent Market Insights, «il mercato dell’abbigliamento adattivo globale, valutato a 15,8 miliardi di dollari nel 2023, dovrebbe superare i 29,8 miliardi di dollari entro il 2031. La domanda è trainata da un aumento delle disabilità e dell’invecchiamento della popolazione, con una crescita significativa attesa anche in Asia Pacifico e Nord America». Innovazioni, partnership strategiche e sviluppo di nuove funzionalità sono le strategie chiave per i principali attori del mercato.
Aumentano di anno in anno i brand specializzati che producono abbigliamento adattivo, ma anche le maison di alta moda o della grande distribuzione come Asos, IZ Adaptive, Chamiah Dewey e Tommy Hilfiger.

Dagli USA alla Milano Fashion Week
La casa di moda americana Hilfiger nel 2016 ha lanciato la linea Tommy Adaptive, indirizzando una larga fetta del suo mercato dedicato alla Diversity & Inclusion alla disabilità. Eleganza, adattabilità e modifiche discrete delle linee hanno fatto di questo marchio uno dei più conosciuti nel campo dell’adaptive clothing.
Anche Zalando nel 2022 ha lanciato la sua prima collezione di moda adattiva composta da oltre 140 proposte di abbigliamento femminile, maschile e calzature dai suoi marchi privati: Zign, Pier One, Anna Field, Yourturn e Even&Odd, indirizzata a 25 mercati compresa l’Italia. Sara Diez, responsabile del settore diversity e moda inclusiva di Zalando, afferma: «Trovare abbigliamento adattivo nel mondo della moda rappresenta ancora una sfida per le persone disabili. Lanciando collezioni adattive sotto i nostri marchi privati e proponendo la collezione Tommy Hilfiger Adaptive ai nostri clienti, speriamo di contribuire a risolvere questa sfida. Vogliamo imparare dalla comunità disabile e ispirare i nostri partner, così da poter continuare a costruire insieme un’esperienza deliziosa per i nostri clienti disabili e rendere la moda ancora più inclusiva».
Durante la Milano Fashion Week 2022, il brand italiano Iulia Barton, fondato dalla giovane imprenditrice romana Giulia Bartoccioni, ha fatto sfilare la prima linea di moda adattiva in Italia con una collezione nata per essere indossata da tutti, comprese persone con disabilità.

Innovazione e prospettive future
Il futuro è alle porte della moda grazie a iniziative come il progetto di ricerca Quietude, finanziato nell’ambito del programma europeo Wear Sustain, coordinato dall’Università di Siena. Estetica e sviluppo di tecnologie altamente innovative hanno dato vita a una collezione di gioielli e accessori di moda progettati per persone sorde che rilevano i suoni ambientali e li traducono in luci, vibrazioni e cambiamenti di forma. Il tutto collegato a una app che consente di personalizzare il sistema di riconoscimento di suoni e impulsi.
La Sound Shirt, ideata da un’azienda di Londra specializzata nell’abbigliamento tech e commissionata dall’orchestra Jungen Symphoniker di Amburgo, è un dispositivo che trasforma i suoni in vibrazioni, grazie a un tessuto elastico senza fili realizzato con tecnologie tessili all’avanguardia. Indossandola le persone sorde possono vivere l’esperienza di un concerto, percependo le note sul corpo attraverso il tatto.

Giulia Lamarca

Giulia Lamarca (foto tratta dalla pagina Facebook di Giulia Lamarca)

La rivoluzione social della moda
Negli ultimi anni i social media sono diventati lo strumento attraverso cui le persone con disabilità si sono riappropriate della loro narrazione con forme sempre più innovative, dando spazio a influencer con migliaia di follower e visualizzazioni. Jilian Mercado, prima modella in carrozzina americana, è diventata famosa dopo aver posato in una campagna planetaria per Diesel nel 2014.
In seguito ha collaborato con Runway of Dreams, organizzazione che sostiene le persone con disabilità promuovendo la loro inclusione nel mondo della moda ed è diventata la prima cover star disabile di Teen Vogue nel settembre 2018.

In passerella, testimonial e icone
Dopo Mercado, Aaron Philip, prima modella con disabilità, nera e transgender scritturata come volto simbolo della campagna fw 2020 di Moschino, Sinéad Burke, scrittrice e sostenitrice dei diritti delle persone con disabilità, «little person», come lei stessa si definisce, apparsa sulla copertina di «Vogue Uk» nel 2019, oltre ad avere sfilato al Met Gala con un abito di Gucci creato per lei, e per finire Ellie Goldstein, giovane modella di Gucci con sindrome di Down.
In Italia il marchio Twinset ha voluto per la sua campagna autunnale 2021 Nina Rima, modella dalla “gamba bionica”, nello spot insieme ad altre quaranta donne.
Tra le testimonial italiane più famose c’è senz’altro Giulia Lamarca, psicologa, formatrice aziendale e travel blogger seguitissima su Instagram da cui ha lanciato questo messaggio: «Io continuo a provare a convincere il mondo della moda che anche noi persone con disabilità possiamo farne parte! Siete con me?»; ma anche Bebe Vio, icona di stile, oltre a rappresentare il mondo dello sport paralimpico è diventata musa di Dior e brand ambassador di L’Oréal Paris.
L’adaptive clothing dunque non è più un tabù, e il successo di esso è una testimonianza del potere della rappresentazione che trasforma stereotipi in messaggi di visibilità e successo.

Il presente approfondimento è già apparso in «Vita.it» e viene qui ripreso, con minimi riadattamenti al diverso contenitore, per gentile concessione.

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