Opinioni

A chi giova aver cura dei caregiver familiari?

Una caregiver familiare insieme al figlio, persona con grave disabilità

Giova allo Stato, perché può risparmiare enormemente, giova alla comunità, perché può mantenere nel proprio contesto chi ha maggiormente bisogno di restarci, per via della sua fragilità, e giova naturalmente ai diretti interessati, perché assistiti dall’amore dei propri familiari. Perché allora non tutelare queste figure come un bene prezioso?

Elogio del mulo da soma

Il mulo da soma ovvero. secondo Giorgio Genta, l'animale più rappresentativo della categoria dei caregiver familiari che assistono persone con grave disabilità

Anche nella razza umana esiste un parente prossimo del mulo da soma, animale nobilissimo e di grande intelligenza: si tratta del caregiver familiare, ovvero di chi spende la propria vita nel lavoro di cura per un familiare con grave disabilità, che però ora è stanco di essere trattato a mo’ di “mulo umano” e pretende il riconoscimento giuridico del suo status, con le conseguenze che ne derivano

Saper essere creativi, sviluppare le abilità

1907: i primi tre fratelli Jacuzzi emigrati negli Stati Uniti dal Friuli Venezia Giulia

Cosa accomuna il famoso cocktail Mojito all’altrettanto celebre vasca per idromassaggio Jacuzzi? Apparentemente la disabilità c’entra assai poco e invece basta soltanto cambiare un po’ la prospettiva, per scoprire che, come scrive Claudio Arrigoni, «saper trovare le soluzioni giuste è ciò che porta a migliorare la società tutta», persone con disabilità comprese

Possibilmente “vita natural durante”

Giorgio De Chirico, "L'enigma di una giornata", 1914

Sia le persone con disabilità che necessitano di supporti assistenziali particolarmente intensi, sia coloro che spendono la vita nel lavoro di cura familiare, attendono un provvedimento di giustizia e umanità, «possibilmente “vita natural durante”», come scrive Giorgio Genta. Nel frattempo, però, si stanno muovendo anche per altre, incisive strade

La ricerca e la società

Pieter Bruegel il Vecchio, "La parabola dei ciechi", 1568 circa, Napoli, Museo di Capodimonte

Mentre la ricerca scientifica progredisce e si diffonde un nuovo approccio clinico alla persona malata, assai più lento sembra essere l’approdo a una nuova cultura della disabilità e della diversità in genere. Le riflessioni di un ricercatore impegnato sul fronte delle malattie neuromuscolari, che spazia tra storia, pittura e cinema, dai tempi di Sparta ai giorni nostri

Attenzione a tutte le spese superflue!

E nella fattispecie, secondo Claudio Ferrante, presidente dell’Associazione Carrozzine Determinate Abruzzo, anche il Natale si potrebbe festeggiare nel migliore dei modi – recuperandone oltretutto il vero significato – con addobbi semplici e allestimenti più sobri del solito. Oppure si potrebbe emulare l’esempio di Agrigento, dove le luminarie sono state pagate dal Sindaco e dagli Assessori, senza gravare sul bilancio pubblico

Sicuri, alla fine, di vincere

«È il momento – scrive Giorgio Genta – che il lavoro di cura dei familiari, portatori di una sapienza esistenziale e assistenziale guadagnata sul campo, che consentono immensi risparmi alle finanze pubbliche, venga riconosciuto in tutto il suo valore e tutelato in tutti i suoi diritti. E se lo Stato non ci ascolta, noi lo citiamo in giudizio, prima nel giudizio dei Tribunali poi in quello della Storia. Sicuri di vincere»

L’opera del demonio

Tale può essere considerata una crisi di epilessia in un Paese come l’Etiopia, uno dei più poveri dell’Africa, dove la disabilità spesso equivale a una condanna a morte. «Essere presente in queste situazioni – scrive Claudio Arrigoni – porta a relativizzare i problemi, come è giusto che sia, ma fa anche capire di non cedere sui diritti. Lo si deve a chi è qui da noi, ma anche a chi è là, a morire, a chiedere la carità o a essere cacciato di casa»

…E i deboli pagano sempre di più

Alcune riflessioni molto amare, provenienti dai docenti di un Liceo di Perugia, sull’attuale, disastrosa situazione della scuola italiana, che non può più sopportare ulteriori tagli, ma deve tornare ad essere un’occasione per il futuro. «E chi paga di più – scrivono – sono i più deboli. gli insegnanti precari, gli alunni con disabilità, e tutti quei ragazzi con difficoltà scolastiche, che avrebbero bisogno di una maggior cura da parte dei docenti»

L’orgoglio delle battaglie vinte

«Se c’è un simbolo dell’Italia a due velocità – scrive Franco Bomprezzi – questo è proprio il treno “Italo”. Servizi eccellenti, ma non per chi non può permetterselo». E tuttavia, conclude pensando a tutte le persone con disabilità, non bisogna accettare la “deriva della crisi”, «al punto da dimenticare l’orgoglio delle battaglie vinte, per le leggi, per i diritti, per i miglioramenti anche tecnologici, conquistati con tanta fatica»

Trasmettono sapere, ma non cultura

Vien da pensarlo, guardando alle scuole e alle università del nostro Paese e che cioè esse “producano” in quantità concetti, regole, formule matematiche, ma non pensieri, idee e inclusione. Una riflessione che prende spunto dalla recente, bella “impresa” del cagliaritano Paolo Puddu, laureatosi “con gli occhi” e dal fatto che i laureati con disabilità continuino a “fare notizia”

More intens support

Ovvero – come recita la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità – “persone che necessitano di supporti di particolare intensità”. Ma per passare concretamente dalla carta alla realizzazione dei servizi necessari, è fondamentale “blindare” in modo chiaro tale definizione, non per “togliere qualcosa ha chi ha meno bisogno”, ma per “dare un po’ di più a chi ha bisogni maggiori”

Una proposta (abbastanza) decente

Una riflessione sui modi migliori per affrontare il problema dell’assistenza domiciliare alle persone che necessitano di una forma di assistenza 24 ore su 24, per 365 giorni all’anno, persone per le quali, come scrive Giorgio Genta, «non si può certo pensare all’“internamento” in strutture ove il tempo assistenziale è spaventosamente insufficiente e la qualità della vita assolutamente incomparabile con quella “in famiglia”»

Il “gioco” dei dati e quei 200 milioni in più

Alcune riflessioni a dir poco amare su un Sottosegretario all’Economia che chiede dati «relativi all’effettivo numero di disabili gravi e gravissimi presenti in Italia», sulla situazione di tante persone in Italia almeno altrettanto grave di quella dei malati di SLA (sclerosi laterale amiotrofica) e sul “mito del falso invalido” che sopravvive al di là della verità, come gli untori di manzoniana memoria

La corsa al candidato disabile (o al disabile candidato)

«Vorrei – scrive Franco Bomprezzi – che ci fosse maggiore rispetto per i diritti reali delle persone disabili e delle loro famiglie e che si mettesse il tema delle politiche per la disabilità al centro di ogni politica di settore. Ma per far questo non servono necessariamente “quote elettorali” legate alla condizione fisica, sensoriale o mentale, basterebbe applicare i princìpi della Convenzione ONU»

Sicilia: è l’ora di applicare le buone leggi

«Se infatti – scrive Salvatore Crispi – fin dall’emanazione di tante ottime leggi nell’area della disabilità, sia nazionali che regionali, si fosse elaborata e attuata la stessa programmazione organica e globale oggi auspicata, probabilmente si risentirebbe meno della stessa crisi economica e si offrirebbero alle persone migliori e più dignitose condizioni di vita»

Che stia cambiando la percezione del bello e del sexy?

Lo farebbe pensare il fatto che «People», una delle riviste più conosciute e lette del mondo, abbia inserito Oscar Pistorius tra gli uomini più sexy e più desiderati. Ma resta ancora tanto da fare, anche se forse una strada è ormai stata effettivamente aperta e il fenomeno meriterebbe di essere approfondito, magari dagli studiosi di estetica, arte e immagine

“Tocchiamo” il fondo, per risalire

«A questo punto – scrive Franco Bomprezzi, di fronte ai toni sempre più estremi assunti dalla protesta delle persone malate di SLA – è davvero questione di morte». E rivolgendosi a chi deve decidere, afferma: «Trovate il modo di raddoppiare il Fondo per la Non Autosufficienza. Potrebbe essere il segnale di una svolta. In favore della vita. E della dignità delle persone»‘

Perché lavorare in un sottoscala viola i diritti umani

«Da Cittadino – scrive Angelo D. Marra – mi fa “paura” pensare che gli italiani siano disposti a mettere da parte la dignità della persona pur di lavorare. E invece non bisogna mai dimenticare che situazioni come quella riguardante la donna con disabilità costretta a lavorare in un sottoscala, sono “semplicemente” violazioni dei diritti umani, che non possiamo e non dobbiamo permetterci»

Far conoscere, parlare, portare esperienze

In generale si può attribuire a chi comunica, alle scuole e alle stesse famiglie, se la conoscenza che nel nostro Paese si ha, delle varie condizioni di disabilità, è ancora ben lontana da un livello accettabile. «In questo àmbito – scrive Claudio Arrigoni – c’è ancora davvero molto da fare, ma per cominciare basterebbe far conoscere, parlare, portare esperienze»