Stanno passando anche le Paralimpiadi! Luca Pancalli [presidente del CIP – Comitato Italiano Paralimpico, N.d.R.] aveva chiesto che gli atleti non venissero chiamati disabili, ma solo atleti.
Siccome un po’ mi conoscono, qualche giornalista locale, dovendo fare un pezzo su questo evento, mi ha interpellato in merito alla richiesta di Pancalli. La mia è stata una di quelle risposte che uso sempre: sono delle persone, siamo delle persone, punto e basta! Certo, se parliamo di Olimpiadi sono atleti, come Pancalli è un presidente di un organo sportivo, come Andrea Bocelli è un cantante. Non credo ci voglia molto, ma evidentemente credere che noi disabili si possa essere considerati semplicemente… persone, è ancora una pia illusione.
Quest’anno, devo dirlo con sincerità, per la prima volta mi sono guardato molti pezzi di queste Olimpiadi… “para”, forse addirittura più di quelle… “non para”. Stranamente, ma umilmente lo ammetto, mi sono emozionato e ho fatto il tifo né più né meno di quando ho guardato le Olimpiadi per normodotati.
Con “tenerezza” ho notato la bravura dei cronisti a non citare mai gli atleti come disabili, anche se poi – con altrettanto enorme fastidio – ho ascoltato il loro ricamare sul tipo di disabilità dell’uno piuttosto che dell’altro, soffermandosi morbosamente sul loro dramma. Molto male, poi, certe interviste di alcuni giornalisti con i nostri atleti, che dimostravano la loro completa ignoranza nel porsi nei loro confronti, dimenticando appunto che… erano solo degli atleti. Beh, per questa volta glielo perdoniamo, dato che anche loro, spero, abbiano cominciato un percorso di avvicinamento a un altro mondo normale.
Ma perché Para-limpiadi? Mi sono guardato il significato del prefisso para. Vuol dire simile. Quindi i giochi per i disabili sono simili alle Olimpiadi? Ma se il sacrificio è lo stesso, anzi maggiore; ma se il luogo è lo stesso e le piscine sono le stesse!
In un altro settore vi sono gli Special Olympics Games e questo tipo di terminologia mi piace molto di più, è più realista, più completo e veritiero. Perché chi le gioca, queste Olimpiadi, è un atleta veramente speciale.
Qualche tecnico mi dovrebbe poi spiegare perché quando fa comodo a qualche federazione, i disabili possano gareggiare con i normodotati, per poi tornare a gareggiare nelle Paralimpiadi. Quest’anno c’è stato l’esempio eclatante di Oscar Pistorius, ma era successo anche nel tiro con l’arco e nel canottaggio negli anni scorsi.
E allora, parafrasando Martin Luther King, «I have a dream» e il mio sogno è quello di vedere un giorno un’unica Olimpiade. Magari più lunga, ma dove tutti partecipino nello stesso periodo, assieme. Gare per normo e per disabili, negli stessi giorni, perché alla fine sono tutti atleti e non “para-atleti”.