In molte scuole si è spesso discusso, negli ultimi anni, circa la legittimità delle note prove INVALSI (Istituto Nazionale per la Valutazione del Sistema Educativo di Istruzione e di Formazione), sia riguardo al confronto degli apprendimenti fra gli studenti dei Paesi dell’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economici), sia rispetto alla qualità del sistema scolastico italiano. In tal senso, alcuni Collegi di Docenti ne avevano negato la validità e la legittimità, rifiutandosi di svolgerle.
Ora, con la Sentenza 212/12 del 3 luglio scorso, il Tribunale Civile di Trieste ne ha confermato la validità, facendo anche chiarezza sulla base delle seguenti argomentazioni: le prove INVALSI non sono una novità degli ultimi anni, perché già l’articolo 10 del Regolamento sull’autonomia scolastica, approvato con il Decreto del Presidente della Repubblica (DPR) 275/99 aveva espressamente previsto che il Ministero potesse provvedere a valutare la qualità dell’istruzione e della scuola. Per questo compito, infatti, il Ministero si avvale proprio dell’INVALSI, istituito appunto allo scopo di provvedere, tra l’altro, anche a queste valutazioni.
Pertanto le singole scuole autonome non hanno competenza a decidere circa l’effettuazione o meno di tali prove.
Osservazioni
Riteniamo che la Sentenza prodotta dal Tribunale di Trieste debba essere condivisa, poiché la normativa è chiara. Né dovrebbero esservi dubbi nemmeno sull’opportunità di svolgere le prove INVALSI, per valutare i livelli d’apprendimento o di efficienza ed efficacia del sistema scolastico italiano.
Si potrebbe invece discutere sui criteri e i mezzi di valutazione da adottare, ma nemmeno questi possono essere rimessi alla discrezionalità delle singole scuole, perché non sarebbero comparabili i risultati. Per i Paesi OCSE, infatti, i criteri e i mezzi vengono decisi a livello sovranazionale e quindi – anche se non fossero ritenuti pienamente soddisfacenti da un Paese – essi danno comunque un’idea del confronto reciproco.
Quanto poi alla valutazione del nostro sistema scolastico, riteniamo che dopo un dialogo serrato fra le Associazioni, i Sindacati e il Ministero, si possa e si debba pervenire all’individuazione di criteri e strumenti idonei a formulare degli “indicatori”, per verificarne i risultati.
E tuttavia, siccome il nostro sistema – a differenza di quasi tutti gli altri – realizza l’inclusione generalizzata degli alunni con disabilità, riteniamo ancora una volta opportuno ricordare che sarebbe indispensabile – fra gli indicatori generali – individuarne alcuni per autovalutare e valutare la qualità dell’inclusione realizzata nelle singole scuole.
Ciò è specificamente previsto, del resto, dall’articolo 12, comma 6 della Legge 104/92, ove si parla appunto di «verifiche per controllare gli effetti dei diversi interventi e l’influenza esercitata dall’ambiente scolastico».
Come abbiamo più volte scritto (si confronti ad esempio Gherardini P., Nocera S., L’integrazione scolastica delle persone Down. Una ricerca sugli indicatori di qualità in Italia, Trento, Erickson, 2000), tali indicatori debbono essere sia strutturali, sia di processo, sia di esito, ovvero:
1. Indicatori strutturali: riguardano l’organizzazione delle scuole per l’accoglienza degli alunni con disabilità, ad esempio l’eliminazione delle barriere architettoniche e socio percettive, classi non numerose, docenti formati didatticamente sull’inclusione scolastica.
2. Indicatori di processo: riguardano le modalità di inclusione, ad esempio la corretta e tempestiva formulazione della Diagnosi Funzionale e del PEI (Piano Educativo Individualizzato) e l’aggiornamento in servizio dei docenti sui singoli e sui diversi casi che debbono affrontare di anno in anno.
3. Indicatori di esito: riguardano le modalità di valutazione dei risultati di qualità dell’inclusione, come ad esempio l’uso di prove equipollenti, la valutazione non solo degli apprendimenti, ma anche della crescita nella comunicazione, nella socializzazione e nelle relazioni, come espressamente recita l’art. 12, comma 3 della citata Legge 104/92. Inoltre, l’esito qualitativo dell’inclusione dovrebbe essere valutato annualmente anche dal Collegio dei Docenti e dal Consiglio di Istituto, dagli Enti Locali e dalle associazioni dell’ambito territoriale della scuola, per verificare l’efficacia delle somme erogate a tale scopo.