Nel mondo vivono circa un miliardo di persone con disabilità e almeno 93 milioni sono bambini. Più dell’80% di queste persone è concentrato nei Paesi in via di sviluppo. Secondo il Rapporto dell’UNICEF La condizione dell’infanzia nel mondo 2013 – Bambini e disabilità, un bambino su 20 sotto i 14 anni è affetto da disabilità. Nei Paesi a medio e basso reddito, questo si traduce in una barriera all’istruzione spesso difficile da superare. In questi Paesi, infatti, avere una disabilità rende due volte più probabile che i bambini non accedano al sistema scolastico.
In generale, sono circa 58 milioni i bambini nel mondo che non hanno accesso alla scuola, a causa della povertà economica, delle discriminazioni di genere e di etnia, delle difficoltà legate alla mancanza di infrastrutture e infine a causa della disabilità. Per quanto riguarda questi ultimi, le ragioni che li tengono lontani dall’accesso all’istruzione sono molteplici: spesso ci si scontra con lo stigma culturale, ma anche con le difficoltà causate dalla presenza di barriere architettoniche o per l’assenza di insegnanti preparati a sostenere nella maniera più corretta il loro apprendimento.
In gran parte dei Paesi a basso e medio reddito, i bambini con disabilità – più di altri gruppi marginalizzati – hanno difficoltà nell’accesso all’istruzione e bassi tassi di iscrizione scolastica. Quando poi riescono ad accedere alla scuola, sono maggiormente a rischio di abbandono scolastico rispetto ad altri gruppi sociali. Essi, inoltre, vengono spesso educati in scuole o classi speciali e quindi separati dai loro coetanei, aggravando la condizione di esclusione nella quale già vivono, con il rischio di andare a confermare i pregiudizi sociali che in molti Paesi sono già esistenti nei loro confronti.
«Affrontare questo tipo di discriminazione – spiega Valerio Neri, direttore generale di Save the Children Italia – e lottare per un sistema di educazione inclusiva, è oggi più che mai un’urgenza da affrontare a livello globale. Questi bambini, ai quali oggi viene negato il diritto all’istruzione, avranno negata anche la possibilità di un futuro nel mercato del lavoro, la partecipazione attiva alla vita sociale. Questo significa un destino segnato, in cui sempre più forte sarà il senso di esclusione e il rischio di non poter uscire dalla condizione di povertà in cui molti di loro vivono».
Com’è ben noto, l’Italia, anche rispetto all’Europa, è il Paese dove maggiore è l’integrazione delle persone con disabilità nelle scuole: molti Stati europei, infatti, preferiscono ancora le scuole speciali per gli alunni con disabilità, mentre nel nostro Paese la quasi totalità dei bambini è inclusa nel sistema scolastico ordinario (99%).
Secondo dati ministeriali, gli alunni con disabilità nel sistema scolastico italiano risultano essere pari al 2,5% dell’intera popolazione scolastica [ma secondo dati più aggiornati, di cui si legga nel nostro giornale, sarebbero circa il 3,3 %, N.d.R.]. Sono poi 24.139 i bambini stranieri con disabilità che accedono al nostro sistema, nella quasi totalità in carico presso scuole a gestione statale.
Il rapporto tra numero degli alunni con disabilità e i docenti di sostegno – per quanto riguarda le scuole statali – si attesta sul valore di circa un docente di sostegno ogni due alunni con disabilità, con punte poco al di sopra della media al Nord e al di sotto al Sud.
L’organizzazione Save the Children è impegnata da molti anni a garantire che tutti i bambini possano accedere ad un’educazione inclusiva di qualità. «Fare educazione inclusiva – ricorda Valerio Neri – significa assicurare ai bambini la possibilità di apprendere insieme, oltre che difendere il loro diritto all’educazione. Significa accogliere e valorizzare le diversità e renderle una ricchezza per il sistema educativo, tenendo conto della voce di tutti i bambini. Questo è il modello di sistema educativo che vogliamo, non soltanto per quei bambini affetti da disabilità che ne sono esclusi, ma anche per tutti quei bambini e ragazzi che fanno parte di minoranze etniche e linguistiche e che vivono in Paesi poveri e per i quali l’istruzione inclusiva è solo un sogno».
In tal senso, quindi, la rete internazionale di Save the Children, in occasione della Giornata delle Persone con Disabilità del 3 dicembre scorso, ha voluto rilanciare il proprio impegno nel promuovere l’inclusione di tutti i bambini nell’educazione formale, con uno specifico documento di posizionamento, intitolato Save the Children Stands for Inclusive Education, che raccoglie appunto l’esperienza dell’organizzazione a livello internazionale.
Dal 1996, ad esempio, Save the Children opera in Bosnia ed Erzegovina, Albania e Kosovo, applicando i suddetti princìpi all’interno dei propri progetti di educazione inclusiva nell’Area Balcanica. L’obiettivo è quello di garantire a tutti i bambini la possibilità di accedere alla scuola e all’istruzione, senza discriminazioni, in un territorio estremamente complesso ed eterogeneo, per la convivenza di differenti etnie, status giuridico-costituzionali, culture, religioni e lingue. Una complessità che ha avuto un impatto anche sul sistema educativo, con differenze importanti tra i diversi Paesi dell’area.
Nello specifico, in Albania, dove il 90,5% dei bambini tra i 4 e i 13 anni è iscritto al ciclo di scuola primaria, sono 2.400 i bambini con disabilità che hanno accesso all’istruzione obbligatoria e rappresentano lo 0,6% del totale dei bimbi in età scolare. Molto difficile è invece l’inclusione della minoranza Rom a scuola, con i dati ufficiali che parlano di un 62% dei minori tra i 7 e i 20 anni che non è mai andato a scuola.
In Bosnia ed Erzegovina, dove il 97,5% dei bambini tra i 6 e i 15 anni frequentano la scuola primaria e secondaria inferiore, sono 1.015 i bambini con disabilità inseriti nel sistema scolastico, su un totale di 301.706 studenti, ma tutti studiano in scuole speciali di differente ordine e grado. Anche qui è estremamente difficile l’inclusione educativa della popolazione Rom. Infatti, pur non essendovi numeri certi sulla popolazione in età scolare, a causa degli spostamenti delle famiglie sul territorio, i dati ufficiali parlano di un tasso di alfabetizzazione al 75% tra coloro che sono stati inclusi nelle statistiche.
In Kosovo, infine, il 96,5% dei bambini frequentano la scuola primaria e secondaria inferiore e solo il 10% dei bambini con disabilità ha accesso all’educazione. La maggior parte di loro sono inseriti nelle 7 scuole speciali e nelle 77 classi speciali presenti nel Paese e riservate unicamente ai bambini con BES (Bisogni Educativi Speciali).
«La complessità politica e sociale e l’eterogeneità della popolazione che vive nell’Area Balcanica – ricorda Neri – si riflette anche sulla difficoltà di accesso dei bambini alla scuola. Qui convivono infatti etnie, religioni e lingue differenti ed è ancora forte lo stigma culturale nei confronti delle persone con disabilità. Esclusione e stigma sono spesso connessi a rigide norme sociali e la conseguenza più diretta è la forte diseguaglianza, che penalizza fortemente i bimbi».
L’intervento di Save the Children in tale territorio si articola dunque in diversi settori, tutti integrati tra loro, con l’obiettivo principale di sostenere l’educazione inclusiva. «Stiamo lavorando per inserire i bambini con disabilità all’interno del sistema educativo – sottolinea ancora Neri – sia a livello prescolare che di istruzione primaria, con un’attenzione particolare rivolta alle bambine. Cerchiamo poi di inserire nel sistema scolastico anche i bimbi che appartengono a minoranze etniche più a rischio di esclusione, come i Rom. Per fare questo, infine, stiamo lavorando pure per l’adeguamento e il rinnovamento strutturale delle scuole, l’attivazione di progetti di sviluppo scolastico in chiave inclusiva, oltreché sensibilizzando le dirigenze scolastiche ad adempiere a tutti gli obblighi di accoglienza dei bambini nelle classi».
In particolare, il team di Save the Children lavora sulla formazione degli insegnanti e anche sull’introduzione di nuove figure professionali che possano assisterli e affiancarli nel dare un supporto adeguato ai bambini con Bisogni Educativi Speciali all’interno della classe. Alle scuole, inoltre, sono stati forniti materiali didattici, attrezzature e ausili compensativi per bambini con disabilità. Infine, una parte fondamentale dell’intervento consiste nel rafforzamento delle comunità e della società civile, sensibilizzando la popolazione sull’importanza di superare lo stigma e di includere anche i bambini con disabilità nel sistema scolastico regolare.
Nel dettaglio, in Kosovo, tra il 2011 e il 2014, sono stati selezionati e formati 18 nuovi assistenti di classe, che hanno il compito di facilitare l’accesso degli alunni con disabilità nelle classi regolari e ne seguono i percorsi di inclusione. Sono inoltre stati formati 500 insegnanti e anche i referenti municipali che si occupano di salute, servizi sociali ed educazione, per seguire l’andamento dei bambini con disabilità ammessi nelle scuole.
In Bosnia ed Erzegovina, invece, sono stati creati 56 team di sviluppo scolastico in altrettante scuole, che hanno stilato altrettanti progetti di miglioramento scolastico. Tutte le scuole hanno ricevuto fondi per implementare i piani.
In Albania, infine, l’accoglienza scolastica e il sostegno all’apprendimento dei bambini appartenenti alle minoranze Rom, Ashkali ed Egyptian in cinque scuole pubbliche di Tirana sono estremamente migliorate e l’88% dei bambini supportati ha completato con successo l’anno scolastico.
Da ricordare, in conclusione, che l’esperienza di Save the Children nella Regione Balcanica è oggetto del rapporto intitolato Imparare insieme – Approcci programmatici, metodologie e buone pratiche per l’educazione inclusiva nei Balcani, che mette in luce le buone prassi emerse nella realizzazione dei programmi nella zona, in modo da raccogliere informazioni, spunti e suggerimenti utili a realizzare interventi futuri nel settore.