Il 18 febbraio è stato la Giornata Mondiale della Sindrome di Asperger, condizione dello spettro autistico che nelle persone si traduce in una serie di difficoltà nella reciprocità sociale ed emotiva, e nella comunicazione non verbale.
Le persone Asperger hanno un profilo atipico per quanto riguarda sensi, emozioni, pensieri e comportamenti. Possono sembrare bizzarre o maleducate, solitarie o altezzose, e con interessi limitati, preoccupazioni inusuali e una certa propensione verso azioni ripetitive e atipiche.
«Sono le persone che nessuno immagina che possano fare certe cose quelle che fanno cose che nessuno può immaginare» (dal film The Imitation Game, regia di Morten Tyldum, USA-Gran Bretagna, 2014).
Sicuramente tutti abbiamo incontrato almeno una persona con sindrome di Asperger. Forse l’abbiamo giudicata semplicemente un po’ insolita, fuori dagli schemi, mentre ne abbiamo conosciute molte altre attraverso gli schermi televisivi e cinematografici. Tra film e serie TV, infatti, la sindrome di Asperger è stata raccontata in molti modi diversi e proprio le storie narrate nei film ci permettono di capirla un po’ più facilmente.
Con la consulenza, dunque, di David Vagni, dottore in fisica, specializzato in Calcolo Scientifico e Teorie della Complessità e dottore in Psicologia, vicepresidente dell’Associazione romana Spazio Asperger, abbiamo cercato di ricostruire l’unicità e l’identità nella sindrome di Asperger attraverso alcune sue rappresentazioni. Perché così come ogni persona con Asperger è diversa, ogni personaggio può manifestare – esplicitamente o in maniera latente – solo alcuni tratti della sindrome.
C’è però un aspetto che accomuna le storie di molte persone con Asperger: «È il senso di non appartenenza, la costante sensazione di essere “pesci fuor d’acqua”, fuori sincronia e sordi alla danza sociale che avviene intorno a noi. È la “Solitudine dei numeri primi”», dice David Vagni.
Uno dei più famosi “numeri primi” narrati dal cinema è Adam (l’omonimo film è stato diretto da Max Mayer; USA, 2009), un ragazzo cresciuto, a causa delle sue difficoltà, in un ambiente iperprotettivo, consapevole di essere Asperger e intrappolato da questa etichetta. Non riesce a capire i desideri e i sentimenti degli altri. Vive una storia di amore intensa, ma piena di incomprensioni, a causa delle sue interpretazioni letterali e della sua tendenza a dire sempre tutto quello che gli passa per la mente.
Molto diverso è l’Oskar di Molto forte, incredibilmente vicino (regia di Stephen Daldry, USA, 2011), che a soli 9 anni se ne va in giro con già in tasca un biglietto da visita. Spinto al miglioramento dal padre, è un bambino brillante, con interessi particolari, differenti da quelli dei coetanei. Ha un linguaggio molto ricercato, ricco di termini enciclopedici.
Oskar esplora New York con la sua macchinetta fotografica e registra persone, oggetti, dettagli. Ha bisogno di trasformare la vita in immagini da non dimenticare. Ma non provate ad abbracciarlo, altrimenti si agita. E se lo invitate a una festa, non alzate il volume della musica perché i suoni alti lo farebbero gridare. Emozioni? Intense e difficili da esprimere. Il suo mondo è vi condurrà in un’avventura di crescita personale.
Come poi accade spesso nei ragazzi Asperger, Ben X (l’omonimo film è stato diretto da Nic Balthazar; Belgio-Paesi Bassi, 2007) ha come proprio interesse specifico il computer, in particolare un gioco di ruolo online, dove impersona un cavaliere leale e dalla forte integrità morale, che difende la principessa Scarlite, avatar di una ragazza che guiderà il giovane verso un´imprevedibile soluzione finale.
Ben subisce, senza riuscire a capire come evitarla, l’aggressione di coetanei bulli che arrivano a umiliarlo al punto di fargli decidere di abbandonare la scuola e ritirarsi a vivere segregato in casa. Come sostiene lo psicologo australiano Tony Attwood, uno tra i principali esperti mondiali della sindrome di Asperger, questi ragazzi «non soffrono a causa della sindrome, ma a causa delle persone che li circondano».
Anche se è certo che la sindrome di Asperger è più comune nei ragazzi che nelle ragazze, negli ultimi tempi anche donne e ragazze Asperger iniziano a essere rappresentate nei film.
Il riccio, ad esempio (diretto da Mona Achache, Francia-Italia, 2009) presenta un bel rapporto tra una giovane Asperger e un mèntore saggio in grado di capirla. I problemi alimentari e familiari si intrecciano con i preconcetti di una cultura che non accetta la diversità.
Destino migliore è stato quello di Amélie, che ci ha trasportato nel suo “favoloso mondo” (Il favoloso mondo di Amélie è stato diretto da Jean-Pierre Jeunet; Francia-Germania, 2001). Un personaggio che sembra appunto uscito da una favola, ingenua e pulita, desiderosa di aiutare il prossimo e capace di stupirsi davanti alle piccole cose. Una storia felice che spesso purtroppo nella realtà non è tale.
Passando ai telefilm, incontriamo Bones (USA), antropologa forense le cui abilità sul lavoro e la cui onestà sono inversamente proporzionale alle sue abilità sociali.
Completamente diversa è Lisbeth della serie Millennium (Svezia-Danimarca): giacca in pelle nera, piercing, tatuaggi. Odia gli “uomini che odiano le donne”. Calcolatrice e a volte spietata, è tra i migliori hacker al mondo. La sua storia costellata di abusi e violenza ha nascosto a lungo il suo cuore.
Come dice Attwood: «Ci sono le brave ragazze, perfette nell’evitare i guai, anche troppo. E quelle che dicono: “Ah. Va’ all’inferno. Mi tingo i capelli, mi faccio piercing e tatuaggi. Odio il mondo e… vada a quel paese… il mondo intero!”. Ed escono fuori dai binari perché odiano il mondo e quindi pensano: “Perché dovrei essere coerente?”».
Un altro tipo di donna Asperger è presente in Crazy in Love (regia di Petter Næss, USA, 2005), film che racconta la storia d’amore tra due Asperger, in qualche modo prototipi di due lati spesso mescolati caoticamente dell’essere Asperger. Ragione ed emozione. Un ragazzo rigido, preciso e iper-razionale; una donna artistica ed emotiva: come andrà a finire?
E ancora, protagonista di una famosissima sit-com (l’inglese The Big Bang Theory) è Sheldon Cooper, fisico teorico di professione, ossessivo e infantile, all’apparenza cinico, spesso in rapporto conflittuale con il suo gruppo di amici, uno stereotipo comico della sindrome di Asperger, che attraverso l’ironia rende possibile l’accettazione.
E concludiamo con un altro scienziato – questa volta storico – vale a dire Alan Turing, ritratto nel già citato film del 2014 The Imitation Game, che ha tra l’altro ottenuto otto nomination in vista della prossima consegna dei Premi Oscar.
Il contributo di Turing alla criptografia – la scienza delle “scritture nascoste” – ha permesso di salvare milioni di vite durante la seconda guerra mondiale. Perché, quindi, non chiudere questo breve carosello con una delle frasi finali del film? «Ora, se desidereresti essere nato normale… Ti posso giurare che io non lo desidero. Il mondo è un posto infinitamente migliore precisamente perché non lo sei».