Piace segnalare un’interessante scoperta sulla SLA (sclerosi laterale amiotrofica) – la grave patologia neurodegenerativa progressiva che colpisce i motoneuroni, cellule nervose cerebrali e del midollo spinale – proprio poco dopo che l’attore inglese Eddie Redmayne ha dedicato a tutte le persone che combattono tale malattia il Premio Oscar ricevuto come miglior attore protagonista, per la sua interpretazione nel film La teoria del tutto, ove ha impersonato il celebre scienziato Stephen Hawking.
La scoperta riguardante la SLA – patologia senza cura e le cui cause, anzi, sono ancora sconosciute – arriva dall’Università Cattolica di Roma, dove i ricercatori della Facoltà di Medicina e Chirurgia hanno evidenziato che le cellule della pelle di una serie di pazienti presentano gli stessi segni di malattia dei neuroni e sono dunque un ottimo modello sperimentale.
A questo punto, le linee cellulari studiate verranno messe a disposizione di tutti i ricercatori, nella prima Biobanca nazionale dedicata alla SLA, progetto ideato dall’AISLA (Associazione Italiana Sclerosi Laterale Amiotrofica), che sarà presto realizzato con il contributo della commissione scientifica dell’AISLA stessa.
Lo studio, pubblicato dalla rivista scientifica «Neurobiology of Aging», è stato coordinato da Mario Sabatelli, responsabile del Centro SLA del Policlinico Gemelli di Roma e presidente della Commissione Scientifica dell’AISLA, all’insegna di un lavoro di équipe che ha coinvolto gli Istituti di Genetica, Neurologia e Fisiologia dell’Università Cattolica di Roma e grazie al supporto finanziario della I.CO.M.M, associazione di ricerca sulla SLA presieduta da Nicola Colacino.
In sostanza, è emerso che i fibroblasti, cellule della pelle che si prelevano facilmente con minibiopsie dai pazienti, riproducono molte delle alterazioni osservate nel cervello delle persone affette da SLA.
«Uno dei maggiori problemi nella ricerca sulla SLA – sottolinea Mario Sabatelli – è che non abbiamo modelli sperimentali affidabili su cui studiare i meccanismi responsabili della malattia. Il cervello, infatti, è un tessuto non accessibile in vivo e gli studi con modelli animali della malattia hanno dei limiti».
In questo caso, quindi, è stata effettuata una piccola biopsia di pelle in trentotto persone con SLA, per ottenere appunto delle colture di fibroblasti. «Abbiamo osservato – spiega ancora Sabatelli – che in molti casi la proteina TDP-43, che ha un ruolo centrale nella degenerazione delle cellule nervose tipica della SLA, presenta un comportamento anomalo anche nei fibroblasti dei pazienti e questa è una novità assoluta, che apre una nuova e interessantissima finestra metodologica sulla ricerca. Le cellule della pelle coltivate in provetta, infatti, possono rappresentare un modello semplice, affidabile e accessibile per studiare i meccanismi della TDP-43 nella malattia, ciò che sarà di massima importanza, per cercare di individuare per futuri interventi terapeutici».
«In ragione di quanto detto – conclude il neurologo – il professor John Hardy, editore di “Neurobiology of Aging”, ritenendo che queste colture cellulari siano di grande utilità, ha chiesto che siano rese disponibili per tutta la comunità scientifica mondiale ed è ciò che faremo, mettendo le preziose cellule a disposizione di tutti i ricercatori, grazie alla prima Biobanca Nazionale dedicata alla SLA, che l’AISLA potrà presto realizzare grazie ai fondi raccolti nell’estate scorsa, tramite la nota campagna delle “secchiate d’acqua gelate” (Ice Bucket Challenge), oltreché che durante la Giornata Nazionale sulla SLA». (S.B.)
Per ulteriori informazioni e approfondimenti: Ufficio Stampa AISLA (Daniele Murgia), murgia@secrp.it.