Come segnala l’OMAR (Osservatorio Malattie Rare), l’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco) ha approvato e immesso in commercio in questi giorni il farmaco Kalydeco (Ivacaftor), prodotto da Vertex, che è il primo a trattare la causa che è alla base della fibrosi cistica in persone con nove specifiche mutazioni genetiche (G551D, G1244E, G1349D, G178R, G551S, S1251N, S1255P, S549N o S549) della malattia. Per più di cento pazienti italiani, dunque, affetti da questa rara malattia genetica, causata dalla mancanza o dal difetto della proteina CFTR, possono aprirsi nuove prospettive, dal momento che Kalydeco sembra proprio aiutare CFTR a funzionare più regolarmente.
La fibrosi cistica è – come detto – una rara malattia genetica potenzialmente letale, che colpisce circa 75.000 persone tra Nordamerica, Europa e Australia, tra cui circa 6.000 in Italia. I bambini devono ereditare due geni CFTR difettosi – uno da ogni genitore – per essere affetti dalla malattia e ad oggi sono più di 1.900 le mutazioni note del gene stesso alcune delle quali – individuabili tramite un test genetico – portano alla fibrosi cistica determinando un numero inferiore al normale di canali della proteina CFTR sulla superficie cellulare, o di canali non funzionanti.
L’assenza di una proteina CFTR funzionante comporta un ridotto flusso ionico all’interno e all’esterno della cellula in una serie di organi; in conseguenza di ciò, si accumulano secrezioni mucose spesse ed eccessivamente viscose, bloccando i passaggi in molti organi e in particolare nei polmoni, causando vari sintomi, tra cui infiammazione polmonare cronica, infezioni ricorrenti e danni progressivi ai polmoni stessi.
«Per le persone con fibrosi cistica che abbiano almeno una delle nove mutazioni interessate – spiega Carlo Castellani, presidente della Società Italiana Fibrosi Cistica, medico e genetista del Centro Fibrosi Cistica di Verona – questo farmaco apre decisamente un nuovo capitolo. Per la prima volta, infatti, è disponibile una terapia che non agisce sulle manifestazioni cliniche, puntando piuttosto all’origine del meccanismo patogenetico, per migliorare la performance della proteina difettosa. La Società Italiana Fibrosi Cistica, insieme alla Lega Italiana Fibrosi Cistica e alla Fondazione per la Ricerca sulla Fibrosi Cistica, si sono adoperate perché tutti i pazienti con le nove mutazioni interessate avessero accesso a questo nuovo approccio terapeutico e ora si può pertanto aprire una doverosa fase di monitorizzazione di ciò che otterremo, con l’auspicio che gli ottimi risultati fin qui raggiunti siano mantenuti nel tempo, e che nuove terapie siano presto disponibili per i pazienti che, non avendo le mutazioni su cui agisce Kalydeco (Ivacftor), non possono per ora accedere a questo trattamento». (S.B.)
Per ulteriori informazioni e approfondimenti: Stefania Collet (OMAR – Osservatorio Malattie Rare), ufficiostampa@osservatoriomalattierare.it.