Con una pregevole e “storica” Ordinanza, depositata il 31 luglio scorso, il Tribunale di Catanzaro ha trovato il modo di dare applicazione concreta a princìpi costituzionali spesso inosservati e, al più, confinati in una dimensione astratta.
La controversia aveva ad oggetto il diritto alla salute e all’integrità fisica di un lavoratore, affetto da una grave forma di patologia motoria, il quale aveva chiesto al proprio datore di lavoro l’autorizzazione a parcheggiare la propria auto, per tutta la durata della prestazione, all’interno del piazzale antistante il luogo di lavoro.
Nell’accogliere la domanda, il Tribunale ha tra l’altro affermato che le tutele approntate dal nostro ordinamento vanno intese «in senso ampio», comprendendo in sé «una funzione preventiva ed inibitoria rispetto a qualsiasi comportamento nocivo».
Come ha spiegato il Collegio, una simile lettura del sistema di sicurezza del lavoratore (articolo 2087 del Codice Civile), è resa possibile, e anzi doverosa, dall’articolo 32* della Costituzione, che considera la salute come un bene primario della persona, tanto che la necessità di tutelarne l’integrità deve ritenersi «prevalente rispetto all’interesse dell’impresa».
Al di là del rilievo implicito dei princìpi così affermati, l’Ordinanza prodotta dal Tribunale di Catanzaro acquista un più elevato significato anche alla luce delle condizioni fisiche del lavoratore. Proprio quello “status”, del resto – e dunque la legittima preoccupazione che esso, non essendo tenuto in considerazione dal datore di lavoro, potesse tramutarsi in una fonte di discriminazione o di diseguaglianza – aveva indotto la sede di Catanzaro dell’ANMIC (Associazione Nazionale Mutilati ed Invalidi Civili), che per legge ha la tutela e la rappresentanza dell’intera categoria degli invalidi civili, ad affiancare il lavoratore e a sostenerne le ragioni, anche attraverso un intervento volontario nel giudizio appena concluso.
Una battaglia vinta non significa, naturalmente, che le nostre preoccupazioni in ordine alla tutela della salute dei lavoratori – e in particolare di quelli con disabilità – non abbiano più motivo di essere, anche alla luce del fatto che la Casa di Cura Villa del Sole – ove è occupata la persona protagonista dell’azione legale – ad oggi non abbia dato attuazione al provvedimento del Tribunale.
Al riguardo, si deve constatare con amarezza che, nella proprietà della Casa di Cura in questione, non alberga affatto il sentimento della solidarietà attiva, consistente, nel caso di specie, in azioni volte all’eliminazione di ostacoli che mettono a rischio la salute del suo lavoratore, oltreché nella consapevolezza che i bisogni del predetto dipendente con disabilità sono dei diritti, che vanno riconosciuti, in quanto il medesimo, tenuto conto delle sue capacità, deve sentirsi – al pari degli altri lavoratori – protagonista nella Casa di Cura ove presta servizio, e anche nel cosiddetto “accomodamento responsabile”, che impone al datore di lavoro di porre in essere degli atti per consentire alla persona con disabilità di potere, comunque, prestare la propria attività lavorativa.
Non si può, tuttavia, fare a meno di accogliere con soddisfazione decisioni come quella richiamata e di trarne un convincimento beneaugurate, nel senso che, fino a quando la nostra Carta Fondamentale sarà considerata “diritto vivente”, le esigenze di tutela (in questo caso, della salute) dei cittadini avranno ampie possibilità di accoglimento.
*Articolo 32 della Costituzione: «La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività […]».
L’Ordinanza depositata il 31 luglio scorso dal Tribunale di Catanzaro, di cui si parla nella presente nota, è disponibile, su richiesta, presso la nostra redazione (info@superando.it).