Leggo su un sito di news della mia città [Viterbo, N.d.R.] che “Gloria”, la nuova Macchina di Santa Rosa*, che questa sera [3 settembre, N.d.R.] verrà portata a spalle da cento uomini, i Facchini di Santa Rosa, pesa 49,56 quintali. Caspita, penso. Poi rifletto sul fatto che il peso, distribuito sui cento uomini, equivale a circa 50 chili a persona e mi trovo a pensare se chissà, magari per un breve tratto, potrei farcela anche io.
Ma mi trovo anche a pensare – per deformazione professionale, dato che mi occupo di disabilità – a una bellissima frase di Claudio Imprudente che recita: «La disabilità pesa tanto: pesa una tonnellata.
Se però la dividiamo in due è già mezza tonnellata.
Se la dividiamo in mille persone diventa un chilo a testa;
se la dividiamo in diecimila, pochi grammi».
Già, perché ci sono tanti pesi che una persona può trovarsi a portare sulle spalle. C’è il peso che stasera porteranno i Facchini, che sono gli eroi di mio figlio Emanuele, di 7 anni, che quest’anno per la prima volta ha avuto l’orgoglio dello scudetto sulla divisa bianchissima, con cui è diventato parte dei “Minifacchini di Santa Rosa” del Quartiere Pilastro.
Un grande orgoglio essere “Cavaliere di Santa Rosa”, con una sola amarezza, forse, quella di non aver potuto quest’anno portare la macchina perché troppo piccolo.
E dire che il mio piccolo Facchino è abituato a gestire un peso che farebbe impallidire anche il più grande dei suoi eroi. Emanuele ha una condizione genetica rara, la sindrome x fragile, che gli rende tutto più difficile, leggere, scrivere, parlare facendosi comprendere, comportarsi adeguatamente. Eppure sfilava leggero e sorridente insieme ai suoi amici del cuore, accolto dalla grande comunità dei Facchini del Pilastro, del Comitato Festeggiamenti del Pilastro, dalle altre mamme, dai Facchini più grandi, dai membri del Sodalizio dei Facchini di Santa Rosa, che gli hanno consegnato, tra gli applausi che tutti quanti gli hanno dedicato, lo scudetto del Sodalizio stesso.
Un proverbio africano dice che «per crescere un bambino ci vuole un villaggio». E questo è il regalo che la mia famiglia ha da questa bella festa e dalla meravigliosa comunità dei Facchini di Santa Rosa, la sensazione che ci sia una comunità che sostiene la crescita di Emanuele e dei suoi amici, all’insegna dei valori della solidarietà, dell’accoglienza e della reciprocità, realizzando inclusione sociale.
Emanuele era in mezzo a bambini vestiti tutti come lui, suoi amici, con cui marciava a testa alta. Ora chi legge sa che in mezzo a quei bambini ce n’era uno con una malattia genetica rara. Ma non importa sapere quale di quei bambini avesse questa condizione. L’importante è sapere che quei bambini erano tutti amici.
E un ringraziamento speciale, infine, va a Pino Loddo, capofacchino del Pilastro, Angelo Loddo, presidente del Comitato Festeggiamenti Pilastro, a tutti i compagni Facchini e al Sodalizio dei Facchini di Santa Rosa, per dimostrare ogni anno che qualsiasi peso si può condividere. Fino quasi a non essere più un peso.
*La Macchina di Santa Rosa è il baldacchino trionfale che innalza al di sopra dei tetti di Viterbo la statua di Santa Rosa, patrona della città. Essa assume oggi la forma di una torre illuminata da fiaccole e luci elettriche, realizzata in metalli leggeri e in materiali moderni, quali la vetroresina (che hanno sostituito da diversi anni il ferro, il legno e la cartapesta); è alta circa 30 metri, pesante circa 5 tonnellate (50 quintali) e culmina sempre con la statua della Santa. La sera del 3 settembre di ogni anno viene sollevata e portata in processione a spalle da un centinaio di uomini detti “Facchini di Santa Rosa”, lungo un percorso di poco più di un chilometro, articolato tra le vie, talvolta molto strette, e le piazze del centro cittadino.