Pensare appena una decina di anni fa all’esistenza di un webinar (neologismo frutto della fusione tra i termini web e seminar, che si pronuncia uebìnar), voleva dire parlare di pura fantascienza. Oggi, invece, partecipare a un’esperienza del genere, ovvero a un “seminario in rete”, è un fatto normale, come è capitato nei giorni scorsi anche a chi scrive, sul tema Includere le persone con disabilità nei processi di sviluppo: pratiche appropriate di empowerment, advocacy e accessibilità, nell’àmbito del Progetto Cooperare per includere. L’impegno dell’Italia su disabilità e cooperazione allo sviluppo, promosso dalla RIDS (Rete Italiana Disabilità e Sviluppo).
Tre i relatori, davanti al proprio computer, rispettivamente in Campania, in Calabria e nel Veneto, una coordinatrice da Roma e la responsabile della parte tecnica in collegamento da Torino. Tutti a interagire in un’“aula virtuale”, presentando ciascuno il proprio intervento in voce e video, oltreché con l’ausilio di immagini, a un’ottantina di iscritti, anche loro, naturalmente, a casa propria.
È sin troppo facile comprendere tutti i vantaggi economici legati a un sistema del genere e le grandi potenzialità positive esistenti per le persone con disabilità: basti pensare – ed è solo un aspetto tra i tanti – alle difficoltà che spesso si presentano per gli spostamenti necessari a raggiungere la sede di un convegno.
Certo, c’è ancora da progredire, sia in senso di accessibilità stretta – sarà necessario, ad esempio, provvedere alla sottotitolazione per le persone sorde – sia per disporre sempre di connessioni veloci e sicure. Ma quest’ultimo è un problema ben più generale e che riguarda le scelte politiche nel nostro Paese in àmbito di tecnologie.
E tuttavia sapere che tante persone con disabilità anche gravi possono rivolgersi a chiunque, parlando da casa propria di diritti e nuova cultura, fa pensare che usando bene le nuove tecnologie, tutto (o quasi) sia davvero possibile!