Leggo che è pronto il film d’animazione Kung Fu Panda 3. Beh… io adoro il panda Po! È uno di quei personaggi che vorrei fosse mio amico, anche se è inventato. Ma c’è di più: c’è una frase nelle due precedenti versioni che mi fa pensare ai temi che tratto quotidianamente, la disabilità e la diversità, ed è la frase: «Non esiste l’ingrediente segreto».
All’inizio, infatti, il panda Po è in qualche modo il prescelto per diventare il guerriero Dragone, per cui, nonostante la sua diversità così prorompente (un “ciccione” che pratica uno sport notoriamente per magri e agili) riesce nell’impresa, è l’eroe voluto dal destino della serie, ovvero «anche se sono goffo ce la faccio comunque perché è il mio destino!».
Fin qui, dunque, è l’eroe per eccellenza, come in tanti noti film dove esiste un prescelto. Ma come guerriero Dragone il panda riceve una pergamena dove dovrebbe esserci scritto il segreto per essere un vero guerriero, invincibile. Bene, la pergamena è vuota, bianca, non c’è scritto niente. All’inizio sembra una presa in giro per un essere così buffo. Invece pian piano si capisce il “trucco”. Non esiste il segreto. La pergamena è vuota apposta. Non ci sono magie per essere invincibili, basta crederci. Basta credere in se stessi, nelle proprie capacità, anche quando queste capacità si devono scontrare con limiti fisici evidenti.
La questione dell’“ingrediente segreto”, poi, ricorre anche nel secondo capitolo della saga. Il panda sta cucinando per i suoi colleghi e amici di kung fu, e sta cucinando una zuppa seguendo la ricetta del padre. Gli amici si complimentano per la bontà, ma il panda non è soddisfatto, dice che manca un ingrediente segreto che conosce e usa solo suo padre, e che solo suo padre è in grado di cucinare la zuppa perfetta. Si scoprirà che non esiste l’ingrediente segreto, che suo padre se l’era inventato, che la zuppa viene cucinata in maniera semplice senza aggiunte magiche e che quella cucinata da Po è esattamente buona come quella del padre, anche se egli pensava che quest’ultima avesse un sapore migliore.
Torna quindi il tema della fiducia, di crederci. La zuppa di Po non era peggiore, era uguale. Eppure lui pensava di essere inferiore.
Il tema della fiducia, per chi è a contatto con la disabilità, è fondamentale. Bisogna credere anche nelle piccole capacità residue che una persona possiede, bisogna accettarsi come si è e agire per come si è. Occorre, inoltre, un contesto di fiducia in cui crescere. E il panda cresce adottato da un’oca, ma un’oca che non lo fa sentire diverso dalla sua razza, un’oca che lo integra, lo accetta e gli vuole bene per come è, e crede in lui. Un genitore, quindi, che mette il figlio nella condizione di autodeterminarsi, di scegliere chi e cosa essere, in base al suo fisico, a ciò che sa fare e a quello che non sa fare.
Anche gli altri personaggi di contorno mi fanno pensare alla diversità. Nella scuola di kung fu di Po, infatti, ci sono animali di tutti i tipi che praticano quella disciplina: la tigre, il leopardo delle nevi, la mantide religiosa, la vipera, la gru, la tartaruga e il panda rosso. Ognuno di loro ha trovato un suo modo di praticare il kung fu. Ognuno di loro ha sviluppato la propria creatività per adattare le mosse del kung fu alla propria predisposizione genetica. E anche questo è uno dei miei temi ricorrenti. La capacità di inventarsi delle soluzioni per superare le difficoltà, con un modo proprio, cucito addosso a se stessi, usando degli adattamenti oppure adattando quello che c’è.
La questione non è superare i propri limiti a tutti costi, ma accettare questi limiti, conviverci e riuscire a sfruttarli con un po’ di creatività. Perché l’ingrediente segreto siamo noi stessi.