Leggo con una certa preoccupazione quanto scritto nella Nota Protocollo n. 2805, prodotta l’11 dicembre scorso dal Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca, avente ad oggetto gli Orientamenti per l’elaborazione del Piano Triennale dell’Offerta Formativa, laddove include fra di essi «la programmazione plurisettimanale e flessibile dell’orario complessivo, anche mediante l’articolazione del gruppo classe» e «in particolare l’adozione di modalità che prevedano di poter lavorare su classi aperte e gruppi di livello [grassetto nostro nella citazione, N.d.R.]».
Qui, infatti, mi vien da pensare alle classi differenziali, che tutto furono fuorché integrazione. Né mi basta leggere, nel prosieguo della Nota, il rimando a tecniche quali l’apprendimento «peer-to-peer (gruppi di lavoro con tutoraggio “interno” esercitato dagli studenti stessi» e la «didattica fondata sull’apprendimento cooperativo».
Come sarà possibile, se la classe viene divisa in “gruppi di livello”, che chi è più avvantaggiato in una disciplina aiuti chi è più indietro in quella stessa disciplina? E formulando la domanda con riguardo agli alunni con disabilità e con bisogni educativi speciali, mi chiedo: come può coesistere siffatta modalità con una vera ed efficace integrazione? Come possono stare insieme i princìpi della solidarietà, del rispetto delle differenze e delle diversità, tanto cari al nostro sistema di inclusione, con quelli della competizione a tutti i costi e della divisione della classe in bravi e meno bravi, che implicitamente leggo nella disposizione del Ministero?
La mia esperienza, per altro, mi porta a concludere che quelli che a tutta prima possono apparire elementi di criticità – come appunto la presenza di un compagno con disabilità – sono invece fattori di crescita per tutti gli alunni singolarmente e per l’intera classe nel suo complesso.
Spero di non sbagliarmi leggendo in questa Nota Ministeriale un serio pericolo per quell’integrazione di ogni alunno nella scuola di tutti e di ciascuno per la quale tanti insegnanti (curricolari e per il sostegno), famiglie, operatori, associazioni lavorano ogni giorno.