Un importante appuntamento è in programma in Sardegna per il 5 marzo, esattamente a Santu Lussurgiu, in provincia di Oristano. Si tratta dell’incontro intitolato La territorialità come sistema per i servizi socio-sanitari: il Progetto “Casa Fuentes” di Santu Lussurgiu, promosso dalla locale Amministrazione locale, in collaborazione con l’Associazione Autismo Sardegna di Oristano, aderente a FANTASIA, la Federazione delle Associazioni Nazionali a Tutela delle Persone con Autismo e Sindrome di Asperger e alla FISH Sardegna (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap).
È proprio da Autismo Sardegna che una decina di anni fa è partito il Progetto Casa Fuentes – Rete Territoriale per l’Autismo, a supporto del soddisfacimento dei bisogni delle persone con disturbi dello spettro autistico, rispetto al quale l’incontro del 5 marzo costituirà un prezioso momento di divulgazione, che potrà contare sulla partecipazione di rappresentanti delle principali reti socio-sanitarie territoriali, dei Distretti Sanitari, dell’Azienda Sanitaria Locale, delle Unioni dei Comuni, degli Ambiti PLUS (Piani Locali Unitari dei Servizi) e della Regione), insieme alle organizzazioni di rappresentanza delle persone con disabilità.
«Si tratta di un progetto – spiega Graziano Masia, presidente di Autismo Sardegna – che ha visto la nascita nel 2006, grazie a un articolato partenariato, comprendente enti locali, associazioni e cooperative dell’Oristanese, con la consapevolezza della totale assenza di servizi territoriali, centri multidisciplinari e multiprofessionali che avrebbero dovuto sostenere e orientare i genitori, fornire indicazioni e valutazioni alle scuole e promuovere attività di socializzazione e di qualità relazionale interpersonale».
«Ma qual è la filosofia sottostante a Casa Fuentes?», chiediamo ancora a Masia. «Se dovessimo condensare in un acronimo la filosofia sottostante questa iniziativa – ci dice – ci piacerebbe fare nostro l’acronimo RBS, ovvero Rights Based Services (“Servizi Basati sui Diritti”). Già dai primi anni, infatti, in cui i concetti di partecipazione, diritti e emancipazione costruivano la base della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, l’assunto principale che ha guidato il nostro impegno genitoriale – da quando abbiamo sentito l’esigenza di rappresentare e promuovere i diritti dei nostri figli e di tutte le persone con autismo – è che la discriminante per una reale inclusione delle persone con disabilità mentale grave è basata sul rispetto della persona, dal quale conseguono necessariamente l’etica, la qualità e l’appropriatezza dei servizi, in un quadro di inclusione “pervasiva”, socialmente diffusa nei diversi àmbiti di vita. Ineluttabilmente, gli assi portanti per le opportunità di vita della Casa Fuentes non potevano che essere l’appropriatezza degli interventi multidisciplinari e territoriali, la predisposizione di progetti di vita personalizzati, basati sulle caratteristiche peculiari dei singoli e la valorizzazione del territorio e del contesto familiare delle persone con autismo».
«Rinunciare infatti a interventi adeguati territorialmente – prosegue il Presidente di Autismo Sardegna – significa, di fatto, privare le persone dell’opportunità di sviluppare le proprie potenzialità, esponendole a un’ulteriore discriminazione. Altrettanto, ritenere ancora oggi di delegare la cura della persona con disturbo dello spettro autistico alla famiglia, non ne promuove l’inclusione ma, al contrario, estende di fatto l’esclusione a tutto il nucleo familiare e soprattutto condanna la stessa persona con disturbo dello spettro autistico a un inadeguato, quanto costoso, internamento, quando resterà privo dell’aiuto familiare. Per questi obiettivi e al fine di garantire la qualità del supporto, nella Casa Fuentes saranno adottate procedure definite per la misura dei processi e degli esiti degli interventi, tra i quali strumenti di programmazione e valutazione individuale, di valutazione dell’efficacia (acquisizioni, comportamento adattivo), di valutazione della qualità di vita. Altrettanto importante è che i servizi e le prestazioni debbano essere inseriti in un quadro territoriale che coinvolga i Comuni, l’Azienda Sanitaria Locale e il relativo Dipartimento di Salute Mentale, i PLUS (Piani Locali Unitari dei Servizi) del territorio oristanese, le scuole e, infine, le organizzazioni cooperative per l’inserimento lavorativo».
«Come sarà concretamente garantita – chiediamo ancora – la partecipazione alla vita sociale della comunità per le persone coinvolte nel progetto?». «Innanzitutto – sottolinea Masia – dalla presenza dei genitori associati, che si faranno governanti e promotori dei programmi e degli interventi, nonché della valutazione dei risultati raggiunti dal Centro. È questo uno degli obiettivi fondanti per promuovere e sostenere un’inclusione significativa, che verrà costruita mediante attività integrate, fra prestazioni, fra professionalità e fra strutture, per perseguire migliori livelli di autonomia, di maggiore consapevolezza e di coerente comprensione delle regole di vita sociali. Per questo fine si punterà a rafforzare l’apprendimento della cura e del mantenimento della propria persona e a potenziare l’acquisizione di abilità cognitive e di abilità o competenze pre-lavorative».
«Caratteristica fondamentale del servizio residenziale saranno la sperimentalità e la temporaneità della permanenza, anche perché sarà prevalente l’orientamento verso la promozione dell’autonomia, dell’emancipazione e dell’indipendenza. A tal proposito, un altro acronimo rende bene il principale obiettivo del servizio di supporto residenziale della Casa Fuentes: LRE, ovvero Less Restrictive Environment (“Ambienti di vita meno restrittivi possibile”). Per noi questo significa non costruire l’accudimento fine a se stesso, ma promuovere proattivamente una crescita della indipendenza e dell’autonomia, tali da consentire, attraverso percorsi invidualizzati, il passaggio ad altre strutture “meno restrittive”, prevedendo quindi una rete di appartamenti assistiti, case famiglia e altre opzioni abitative a minore intensità di supporto, in cui ciascuno possa accedere progressivamente, in un vero percorso verso una vita la più indipendente possibile. Pertanto, l’articolazione equilibrata fra struttura, permanenza, qualità delle attività e il numero limitato delle presenze, si configurerà all’interno delle citate cornici RBS e LRE, per evitare qualsiasi rischio di una connotazione totalizzante e segregante, con pericolose cadute della tensione evolutiva verso la dignità».
«A questo punto, cosa resta ancora da fare?», chiediamo in conclusione. «In questi anni – risponde Masia – ci siamo mossi, come associazione di genitori, su un percorso costellato di numerose battaglie per battere il muro dell’indifferenza, del disinteresse, organizzando corsi di formazione e attivando il primo centro di supporto nel Comune di Tramatza (Oristano), e si è riusciti a vedere la conclusione dei lavori della parte diurna della Casa Fuentes. Ora, però, serve il concorso finanziario delle Istituzioni, a partire da quella regionale. Da tre anni la Regione Autonoma Sardegna ha previsto un cospicuo finanziamento che può costituire lo strumento decisivo per far decollare Casa Fuentes. Occorre perciò superare le incertezze e non perdere altro tempo, perché vogliamo dimostrare che anche i genitori sanno farsi governo e sanno costruire qualità sociale, anche per dare risposte concrete alle oltre cinquecento persone adulte con disturbi dello spettro autistico, residenti in provincia di Oristano. Sabato 5 marzo, quindi, diventerà una giornata di gratificazione per quanto fin qui realizzato, ma anche e soprattutto la “rampa di lancio” per far vivere e rendere operativo il nostro progetto». (S.B.)
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