«Abbiamo sempre pagato l’affitto, abbiamo ristrutturato e valorizzato locali trovati nell’abbandono, svolgiamo servizi gratuiti ai malati che la Sanità e il Sociale non offrono e il Comune ci manda la forza pubblica per essere sgomberati come dei criminali!»: è questo il duro sfogo di Mauro Pichezzi, presidente dell’Associazione Viva la Vita, vero e proprio punto di riferimento per numerose persone malate di SLA (sclerosi laterale amiotrofica) e per i loro familiari, a Roma e nel Lazio, presso la cui sede, qualche giorno fa, sono arrivate appunto le forze dell’ordine, per dare seguito allo sgombero forzoso per conto del Comune di Roma.
La vicenda è presto raccontata: nata nel 2003, Viva la Vita ha avuto in concessione nel 2009, dal Comune di Roma, una sede operativa che è ben presto diventata il centro nevralgico di tutte le attività rivolte a circa duecentocinquanta persone malate di SLA, vale a dire medici ed esami diagnostici direttamente a casa, trasporti in ambulanza da e verso gli ospedali, sportello di ascolto, corsi di formazione e punto di raccordo tra ospedale e territorio, per ricevere un’adeguata assistenza domiciliare. «Tutti servizi completamente gratuiti per le famiglie – sottolinea Pichezzi -, sostenuti grazie all’aiuto di fondazioni private e nessun sostegno da parte delle Istituzioni».
Fortemente scontato, in quanto riferito ad associazione di pubblica utilità sociale, il canone d’affitto fissato nel 2009 dal Comune di Roma era sempre stato regolarmente pagato, ma tale situazione, a quanto pare, soffriva di un difetto di forma, in quanto non era mai arrivata in Giunta per ratificarne la validità. E così, nel maggio dello scorso anno, come spiegano da Viva la Vita, «è giunta inaspettata la richiesta di sgombero, scoprendo che anche noi ci ritrovavamo nelle maglie della maxi-inchiesta di “affittopoli” [inquilini di case lussuose del Comune di Roma, assegnate con affitti irrisori, N.d.R.], che ha travolto il Comune di Roma. Dal Gabinetto dell’allora sindaco Marino ci giunsero ampie rassicurazioni, spiegando che per il Comune lo sfratto sarebbe stato un provvedimento necessario, nel tentativo di censire tutti gli immobili, per capire a chi fossero stati affidati e se fossero in regola quanto a finalità e pagamenti. “Per Viva la Vita – ci avevano quindi detto – il provvedimento di sgombero non verrà applicato”. E invece il provvedimento è puntualmente arrivato, in una visione miope e tipicamente italiana in cui la burocrazia vince, senza considerare che chiudere una realtà come la nostra porterà costi sociali altissimi».
«Chiudere la nostra sede – dichiara infatti Pichezzi – significa chiudere l’Associazione e abbandonare a se stessi, oltre che alla disastrosa situazione in cui la Sanità li costringe, molti malati di SLA in questa Regione, che hanno in noi il loro unico punto di riferimento. Ad oggi, per altro, ci sono stati concessi altri trenta giorni, ma entro quella data vogliamo che sia regolarizzata la nostra posizione da parte del Comune di Roma. Vogliamo chiarezza, vogliamo continuare a svolgere il nostro servizio di volontariato, pagando l’affitto come facciamo da sette anni a questa parte, senza finire nel calderone dei truffatori e degli approfittatori. Non chiediamo favori, rivendichiamo solo i nostri diritti».
In tal senso, quindi, una manifestazione di protesta si terrà nella mattinata di oggi, 15 aprile, in Piazza del Campidoglio a Roma, con i malati di SLA che rimarranno in presidio finché non si otterrà dal commissario straordinario Francesco Paolo Tronca una risposta certa e definitiva. (S.B.)
Per ulteriori informazioni e approfondimenti: ufficiostampa@wlavita.org (Simonetta Tortora).