ISEE “ordinario” oppure “ristretto” [l’ISEE è l’Indicatore della Situazione Economica Equivalente, N.d.R.]? Quale di questi due strumenti dev’essere applicato alle persone con disabilità per la compartecipazione alle spese socio-sanitarie?
Si tratta di quesiti derivanti da alcune interpretazioni della normativa nazionale – e segnatamente del Decreto del Presidente del Consiglio (DPCM) 159/13, che ha riformato la materia dell’ISEE – le quali hanno creato situazioni che penalizzano proprio le persone con disabilità.
Tra queste – oltre a quelle di numerosi Comuni – rientrano ad esempio le Linee Guida emesse dalla Regione Lombardia nel marzo dello scorso anno, che escludono alcuni servizi rivolti alle persone con disabilità – tra cui CSE (Centri Socio Educativi) e SFA (Servizi di Formazione all’Autonomia) – da quelli per cui è possibile richiedere l’applicazione dell’ISEE “ristretto” per la compartecipazione alla spesa.
Attraverso il proprio Centro Antidiscriminazione “Franco Bomprezzi”, la LEDHA (Lega per i Diritti delle Persone con Disabilità, componente lombarda della FISH-Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) ha spesso ribadito la propria posizione nelle sedi istituzionali più opportune, pubblicando inoltre, un paio di mesi fa, un articolato parere legale sulla questione, ove si evidenzia appunto come l’ISEE “ristretto” – che per calcolare cioè l’ISEE stesso, “riduce” solo al coniuge e ai figli il nucleo familiare del beneficiario cui fare riferimento – si debba applicare anche alle prestazioni sociali, laddove siano inserite in percorsi di natura socio-sanitaria.
Un chiarimento definitivo è arrivato ora dall’INPS, che nel proprio sito ha pubblicato un documento dal titolo Le risposte alle domande più frequenti rispetto al tema ISEE, raccogliendo vari quesiti posti da cittadini e associazioni sull’argomento.
Tra questi, uno in particolare (V_27 del 26 gennaio 2016, pagina 47) riguarda il campo di applicazione dell’ISEE sociosanitario, ovvero «quale ISEE richiedere per concedere prestazioni agevolate (integrazioni rette) in ordine alla frequenza di un C.S.E.?».
Ebbene, l’INPS risponde così: «Nella definizione di prestazione agevolate di natura sociosanitaria il DPCM 159/2015 fa rientrare anche il concetto di altri interventi rivolti alle persone con disabilità: in effetti tale definizione è così ampia da ricomprendere sia le prestazioni sanitarie a rilevanza sociale che quelle sociali a rilevanza sanitaria, […]. In estrema sintesi si afferma che il Cse deve essere ricompreso tra i servizi per cui chiedere l’Isee sociosanitario purché la persona abbia ottenuto il riconoscimento formale del grado di disabilità non autosufficienza».
«Conformemente a quanto già affermato dal nostro Servizio Legale – commenta dunque Gaetano De Luca, avvocato del Centro Antidiscriminazione LEDHA “Franco Bomprezzi” – l’INPS ritiene che tutti i servizi, sia quelli di natura sociale, sia quelli di natura sociosanitaria rivolti alle persone con disabilità, siano da ricomprendere nella nozione di prestazione agevolata di natura sociosanitaria. E quindi debba essere applicato l’ISEE “ristretto”».
«Auspichiamo pertanto – dichiara a propria volta Alberto Fontana, presidente della LEDHA – che sulla base di quanto affermato dall’INPS in quella risposta, la Regione Lombardia intervenga rapidamente sulle Linee Guida pubblicate lo scorso anno e le modifichi, applicando così un criterio che garantisca un’equa compartecipazione alle spese per le persone con disabilità». (S.B.)
Per ulteriori informazioni e approfondimenti: Ufficio Stampa LEDHA (Ilaria Sesana), ufficiostampa@ledha.it.