Recentemente abbiamo avuto una crisi di Governo e nel giro di pochi giorni la costituzione di un nuovo Esecutivo. È inutile pensare che i due “eventi” non abbiano lasciato sul campo alcuni “cadaveri”. Si tratta solo di capire se tra questi non vi sia “casualmente” anche la Legge Delega sull’Inclusione Scolastica cui l’UICI (Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti) ha dato un forte contributo, assieme alle due grandi Federazioni FAND (Federazione tra le Associazioni Nazionali delle Persone con Disabilità) e FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), durante tutti gli incontri tenutisi presso il Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca, quando, seppur raramente, siamo stati interpellati sull’ipotesi (per altro mai vista), in discussione e costruzione al tavolo dell’Osservatorio dell’Inclusione Scolastica per gli Alunni con Disabilità, e sugli emendamenti proposti dall’UICI con il Disegno di Legge 2443 (Disciplina delle professioni di educatore professionale socio-pedagogico, educatore professionale socio-sanitario e pedagogista), attualmente fermo al Senato e riguardante il riconoscimento del tiflopedagogista e dell’educatore tiflologico, quali figure esperte in scienze tiflologiche che rappresenterebbero (finalmente) l’inserimento di professionisti esperti in tiflologia, tiflotecnologia e didattica del codice Braille, strumenti indispensabili per affiancare in aula l’alunno minorato della vista.
Ebbene, il “buon senso” è utile, fa bene all’alunno quando gli consente di raggiungere gli obiettivi stabiliti dalla programmazione scolastica, quelli che si è prefissati la famiglia e in primis quelli concernenti le aspettative dell’alunno medesimo; e tuttavia, il buon senso rischia di essere un po’ come il docente per il sostegno, ovvero l’unico responsabile, perché in esso è riposta la fatidica delega che siamo consci essere il male della nostra scuola.
Ritengo dunque sia fondamentale perseguire almeno tre obiettivi, per rendere effettiva l’inclusione scolastica, migliorarla e darle un futuro possibile; per rispondere adeguatamente con coerenza e costanza alle famiglie; per raggiungere quella parità sociale, umana e culturale tra alunni aventi caratteristiche, potenzialità e attitudini differenti, tese però al perseguimento del successo scolastico e all’affermazione della propria autonomia e libertà:
1. Anzitutto una normativa che tuteli e garantisca il diritto allo studio degli alunni ciechi assoluti, ipovedenti gravi e in situazione di plurihandicap. A tal fine è essenziale l’emanazione della Legge Delega prevista per la metà di gennaio del nuovo anno, Legge Delega che riguarda alcuni elementi essenziali per garantire pari dignità scolastica e umana agli alunni minorati della vista, quali la formazione specifica dei docenti per il sostegno; la continuità didattica (sulla quale avrò occasione di scrivere ancora in un futuro articolo); la formazione in itinere o in servizio dei docenti per il sostegno e curricolari; la certificazione e la corretta redazione del PEI (Piano Educativo e Individualizzato); una formazione tiflologica estesa all’intero ambiente scolastico, compreso il personale ATA [Ausiliario, Tecnico, Amministrativo, N.d.R.] e a tutto il corpo docente.
2. Considerata la modifica del Titolo V della Carta Costituzionale che prima della Legge 3/01 recitava all’articolo 117: «La Regione emana per le seguenti materie norme legislative nei limiti dei principi fondamentali stabiliti dalle Leggi dello Stato, sempreché le norme stesse non siano in contrasto con l’interesse nazionale e con quello di altre regioni: […] istruzione artigiana e professionale e assistenza scolastica», le Regioni devono a tal fine legiferare sulle linee guida mediante cui fornire precise indicazioni al territorio su chi e come debba erogare servizi di assistenza scolastica, postscolastica e domiciliare, su chi e come debba fornire i materiali didattici ad uso degli alunni minorati della vista e su chi e come debba fornir loro il servizio di trasporto.
Più volte, infatti, e in diverse sedi, chi scrive ha evidenziato che il diritto allo studio non si esplichi soltanto mediante le attività disciplinari in aula, ma che passi anche attraverso detti servizi.
3. Che si dipani definitivamente il conflitto tra diritto allo studio, quale principio generale costituzionale e il diritto sindacale, ossia quello del lavoratore/docente per il sostegno. Tra le carenze e le criticità dell’anno scolastico 2016-2017, infatti, non si può non evidenziare quella concernete l’assegnazione e la permanenza dei docenti per il sostegno, le quali hanno presentato forti incongruenze, tra cui la titolarità e la specificità; tengo a precisare, per altro, trattarsi di incongruenze solo apparenti, perché di fatto – e ciò va spiegato con precisione alle famiglie, nonché agli stessi alunni – il docente per il sostegno, in quanto lavoratore, è giustamente tutelato dalla Legge e precisamente dal Contratto Collettivo Nazionale dei Lavoratori (CCNL), agli articoli 7 e 26. Per brevità riporto il testo di quest’ultimo: «Il trasferimento ai posti di tipo speciale, ad indirizzo didattico differenziato e di sostegno comporta la permanenza per almeno un quinquennio a far data dalla decorrenza del trasferimento su tali tipologie di posti».
Invito tuttavia il Lettore a leggere attentamente anche l’articolo 7 del Contratto Collettivo dei Lavoratori Comparto Scuola, nonché il comma 6 dell’articolo 14 della Legge 104/92, in quanto dopo un’attenta lettura, quelle incongruenze di cui sopra vengono immediatamente chiarite.
Cito: «Contratto Collettivo Nazionale Integrativo concernente la mobilità del personale docente, educativo ed A.T.A. per l’a.s. 2016/2017, sottoscritto nell’anno 2016 il giorno 8 del mese di aprile, in Roma, presso il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca in sede di negoziazione integrativa a livello ministeriale TRA la delegazione di parte pubblica costituita con D.M. n. 776 del 5 ottobre 2015 e i rappresentanti delle Organizzazioni Sindacali F.L.C.-C.G.I.L., c.I.S.L.-SCUOLA, U.I.L.-SCUOLA, S.N.A.L.S.- C.O.N.F.S.A.L. firmatarie dei contratti collettivi nazionali di lavoro del Comparto Scuola. PREMESSO che con il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro sottoscritto il 29 novembre 2007 sono stati fissati i principi generali sulla mobilità territoriale e professionale (art. 10); che il C.C.N.L. citato, all’art. 4, comma 2, prevede una cadenza di norma biennale della mobilità compartimentale da attuarsi in presenza di una corrispondente durata di definizione dell’organico; che è necessario assicurare con la massima tempestività l’avvio delle operazioni propedeutiche all’inizio dell’anno scolastico 2016/17; LEPARTI CONCORDANO di stipulare il seguente Contratto Collettivo Nazionale Integrativo concernente la mobilità del personale docente,educativo ed A.T.A. per l’anno scolastico 2016/17».
In conclusione, la permanenza sul sostegno piuttosto che la continuità didattica rappresentano carenze e criticità dell’anno 2016-17 che non saranno risolte prima del 2018, allorquando probabilmente verrà riscritto il Contratto Collettivo Nazionale dei Lavoratori del Comparto Scuola.
Il buon senso è utile, è cosa buona e giusta, ma non è sufficiente. Il perseguimento dei princìpi scritti nella Proposta di Legge n. 2444, promossa dalle citate Federazioni FAND e FISH e recepite in parte nella Legge 107/15, restano ancora l’orizzonte irraggiungibile. Basti pensare che la stessa Legge 107/15, conosciuta come “Buona Scuola”, nasce zoppa, mancante di alcune parti essenziali, con il Governo che ha ricevuto su di essa addirittura nove Deleghe. È un po’ come avere costruito un nuovo modello di Ferrari senza avere previsto nessun motore e con gli pneumatici ancora interamene da progettare!
In realtà, tutta la parte relativa all’inclusione scolastica avrebbe dovuto nascere insieme alla Legge 107/15 e non prevedere semplicemente degli “slot” all’intero complessivo dettato legislativo, lasciando che poi fosse l’Esecutivo a doversi districare tra il complesso labirinto dell’inclusione scolastica.
Si legga in tal senso all’articolo 1, comma 181, lettera c della Legge 107/15: «Si sottolinea la necessità di rispettare il principio di integrazione scolastica degli alunni portatori di handicap, con la raccomandazione di promuovere l’inclusione scolastica degli studenti con disabilità e riconoscere le differenti modalità di comunicazione attraverso una serie di punti indicati secondo una numerazione progressiva: la ridefinizione del ruolo del personale docente di sostegno al fine di favorire l’inclusione scolastica degli studenti con disabilità, anche attraverso l’istituzione di appositi percorsi di formazione universitaria; la revisione dei criteri di inserimento nei ruoli per il sostegno didattico, al fine di garantire la continuità del diritto allo studio degli alunni con disabilità, in modo da rendere possibile allo studente di fruire dello stesso insegnante di sostegno per l’intero ordine o grado di istruzione».
Pertanto auspico, per concludere, che tra quei “cadaveri” prodotti dalla crisi di Governo e dalla successiva costituzione di un nuovo Esecutivo non vi sia proprio il buon senso che, a pensarci bene, con la sua presenza aiuta anche a scrivere norme utili, sensate e solidali.