Colgo l’occasione di un articolo letto recentemente, riguardante un ragazzo con disabilità di Foggia, per parlare ancora una volta di barriere, non architettoniche, ma mentali.
La vicenda ricalca tante storie risapute. Un disabile esce con gli amici, trascorre una bella serata, ma quando deve andare a casa si vede sbarrare la strada da un’auto parcheggiata davanti allo scivolo di un marciapiede. Ecco il solito incivile che se ne frega degli altri!
Qui non si tratta di leggi non rispettate, di inadempienze o di lacune comunali o politiche. Il problema è molto più complesso e profondo. Nonostante le continue battaglie per i diritti civili, i costanti richiami e le campagne stampa per una vita quanto più possibile dignitosa e normale, ancora oggi manca in Italia una vera cultura dell’inclusione, del rispetto dell’altro, sia esso disabile o meno.
Quando si posteggia senza contrassegno nei posti riservati, o davanti a scivoli, pedane o ascensori, quando si volta la faccia dall’altra parte per non vedere e sentire chi ha bisogno d’aiuto, in quell’essere indifferenti e insensibili agli altri, si dimostra un totale egoismo e un’insopportabile inciviltà e ignoranza.
Bisognerebbe che tutte queste persone “distratte” andassero almeno per un mese “a scuola di sopravvivenza” di tutti gli ostacoli che impediscono una normale vita sociale alle diverse persone con disabilita. Forse solo così si renderebbero conto di quanto sia frustrante, umiliante, dover fare i conti ogni giorno con le barriere architettoniche, mentali, culturali.
Come ho avuto modo di scrivere già in altre occasioni, occorre un maggiore coinvolgimento delle parti sociali, politiche, istituzionali, e anche una più incisiva partecipazione dei soggetti interessati, cioè le persone con disabilità, perché si possa finalmente cambiare la cultura civile di questo paese.