Nei mesi scorsi, subito dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del Decreto Legislativo 66/17 sull’inclusione, attuativo della Legge 107/15 (cosiddetta La Buona Scuola), tanti giornali e anche addetti ai lavori avevano salutato con toni trionfalistici e celebrativi l’articolo 14 di quello stesso Decreto, ai sensi del quale si sarebbe aperta per le famiglie la possibilità di intercedere a favore di questo o quel bravo supplente, che nel corso dell’anno scolastico si fosse contraddistinto per il suo lavoro con l’alunno disabile.
Effettivamente, quel testo stabiliva che «al fine di agevolare la continuità educativa e didattica e valutati, da parte del dirigente scolastico, l’interesse dell’alunno e l’eventuale richiesta della famiglia, ai docenti con contratto a tempo determinato per i posti di sostegno didattico possono essere proposti, non prima dell’avvio delle lezioni, ulteriori contratti a tempo determinato nell’anno scolastico successivo».
Ebbene, tutto sembrava pronto già per questo nuovo anno scolastico, ma qualche giorno fa la “macchina organizzativa” si è improvvisamente inceppata. Infatti, la burocrazia ministeriale non sempre è così efficace. Innanzitutto, perché il Decreto è stato inviato al Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione (CSPI) solo nel mese di agosto. Nel frattempo il Ministero è rimasto in attesa e alla fine il CSPI si è pronunciato, sentenziando che «occorre una conciliazione tra le esigenze del ministero che vorrebbe garantire la continuità didattica ai supplenti richiesti dalle famiglie e i diritti individuali dei lavoratori».
Il Consiglio si riunirà di nuovo nel prossimo mese per approfondire la questione, per poi passare definitivamente la “palla” al Consiglio di Stato e attendere chissà quanto ancora.
La nuova regola prevista dal Decreto sull’inclusione era stata fortemente criticata dall’Associazione ANIEF e dal mondo sindacale, secondo i quali la scelta su un lavoratore pubblico non può essere fatta da chi non ha competenze per valutare la didattica speciale.
Pur rispettando tali perplessità, mi permetto di non condividerle, perché credo che in merito al provvedimento sull’inclusione licenziato lo scorso aprile, essi abbiano sbagliato clamorosamente bersaglio.
Fossi in loro, infatti, concentrerei le mie energie e profonderei tutti gli sforzi per impedire ed evitare una volta per tutte che nel mondo della scuola si debba continuare ancora a parlare di “supplenti a contratto determinato”, dal momento che il vero paradosso del sostegno italiano è che – malgrado il neonato Decreto Delega – il Ministero insiste pervicacemente con i docenti di sostegno supplenti (spesso privi di competenze specifiche sulla didattica inclusiva).
Tale perverso meccanismo corporativo va denunciato con forza, in quanto va a solo detrimento dei bisogni educativi degli alunni con disabilità e del loro successo formativo.
Anziché inseguire falsi problemi, quindi, l’ANIEF e le organizzazioni sindacali dovrebbero battersi con maggiore decisione per un piano a lungo termine di stabilizzazione e assunzione dei docenti di sostegno, per il loro definitivo passaggio dall’attuale organico di fatto a quello di diritto, per il loro vincolo al segmento formativo dell’alunno con disabilità e per il potenziamento dei Centri Territoriali di Supporto (i CTS inspiegabilmente cancellati dalla Buona Scuola), tutti interventi strutturali e di sistema che purtroppo non sono previsti dalla tanto pontificata nuova riforma dell’inclusione, con buona pace della continuità didattica.