La danza è considerata un’arte visiva, rispecchia simbolicamente la perfezione fisica e si radica nell’immaginario collettivo come una disciplina d’élite.
Ma che cos’è la danza? È anzitutto un’Arte la cui peculiarità comunicativa si estrinseca tramite uno scambio di energia che avviene tra il danzatore e lo spettatore.
Basandomi su questa teoria, la domanda che mi sono posta riguarda l’esistenza della possibilità per un non vedente di esperire una realtà comunemente riconosciuta.
A tal proposito ho ideato uno spettacolo sperimentale di danza contemporanea in cui sei danzatori vedenti hanno danzato completamente al buio e gli spettatori vedenti e non vedenti erano al centro dell’azione scenica. Il buio indistintamente risultava la condizione primaria dell’esperimento e la danza veniva percepita in modo soggettivo da ciascuno spettatore e da ogni danzatore!
Alla fine di tale performance, Mario Mirabile, presidente dell’UICI di Napoli (Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti) mi disse: «Vale la proprietà commutativa: se hai reso possibile ad un vedente di danzare al buio, vuol dire che un non vedente può farlo con la luce».
Danzare al buio significa alterare i sensi e sentire il proprio corpo in modo profondo e consapevole. Lo spazio diventa assoluto e il corpo non resta imprigionato davanti ad uno specchio! Questo a parer mio è un limite, un binario senza curve… il corpo e lo specchio! Per danzare, però, sono necessari il corpo e lo spazio.
Grazie allo spettacolo sperimentale, ho conosciuto Sofia De Fenza, una bimba di 9 anni cieca dalla nascita, che mi ha chiesto di insegnarle a danzare. Nonostante fossi consapevole dell’inesistenza di un metodo per insegnare danza a persone con disabilità visiva, ho deciso comunque di cominciare le lezioni strutturando un programma su di lei e ricercando di volta in volta un metodo insieme a lei.
Sofia adora il pavimento di legno adatto per la danza, percorrere la sala e sperimentare movimenti naturali in modo artistico! Lei impara da me quanto io imparo da lei e insieme abbiamo capito che le barriere esistono per essere superate e che il limite è soltanto un alibi per chi non ha la forza di lottare!
In pochissimi mesi le ho insegnato concetti che bambine della sua età apprendono più lentamente e ho avvertito in me l’urgenza di farle provare l’emozione del palcoscenico. A tal proposito ho creato un passo a due in cui Sofia ed Erika Cardone (mia allieva da 6 anni, danzatrice dello sperimentale) hanno performato davanti a centinaia di persone e a una giuria di fama internazionale.
L’occasione si è presentata con il concorso di danza Expression, tenutosi a Firenze il 22 febbraio scorso.
Quest’anno per la prima volta in Italia è stata inserita la categoria della danza inclusiva e il mio duo si è classificato al primo posto con il punteggio più alto. Sofia ha danzato su un palco senza mai sbagliare una direzione o un tempo musicale, emozionando pubblico, giuria, genitori, me, ma soprattutto ha sentito sul suo corpo il calore dei lunghi applausi e l’emozione che soltanto il palco regala.
Regala… termine inappropriato! Ci siamo infatti impegnate tantissimo per danzare in quel contesto a testa altissima, dimostrando a tante persone che ciò che conta veramente, l’essenziale, è invisibile agli occhi!
Ad esperienza conclusa, sono pronta ad affermare che si può fare, si può danzare al buio, diffondere energia, nutrirsi di arte e cambiare i preconcetti a passi di danza!
Il Centro Studi Passione Danza di Napoli si rende disponibile per accogliere il Progetto Danza sensibile e io mi sento più motivata che mai, per affermare che l’impensabile non solo è pensabile, ma soprattutto possibile.
Ringraziamo Mario Mirabile per la collaborazione.