Negli ultimi tempi si è parlato e letto molto delle problematiche collegate al cosiddetto “fine pena mai” (definito anche “ergastolo ostativo”) e all’articolo 41 bis della Legge 663/86, il cosiddetto “carcere duro”.
Ad un lettore o telespettatore distratto, quale ad esempio può essere un vecchio caregiver, appare stridente il contrasto tra le esigenze della giustizia, rimarcate anche dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, e il comune sentire dei cittadini moralmente offesi dalla messa in libertà, più o meno vigilata, di chi commise delitti efferati, collaborando poi con lo Stato, ma senza mai pentirsi.
Il vecchio caregiver riflette poi – aiutato dai tempi lunghi della notte di guardia – che lo Stato ha trattato meglio una figura come quella di Giovanni Brusca rispetto a lui. Il “fine pena mai”, infatti, è rimasto per tutti i caregiver, con l’aggravante delle conseguenze della pandemia, come è rimasto il “carcere duro” al quale sono sottoposti per la quasi totale mancanza di aiuti, mentre le “malvagità burocratiche” che infieriscono su di loro sono numerose.
Al fosco orizzonte incombe una serie di Proposte di Legge e di Interrogazioni Parlamentari, solitamente di ottimi intenti e di pessimi risultati, presentate da Parlamentari ondivaghi. Si arriverà forse a una “tassa di scopo” sulle pensioni di invalidità e sull’assegno di accompagnamento, atta a costituire un tesoretto che permetta la costruzione di un tempietto votivo dedicato a San Giorgio, noto uccisore di draghi (con la “d” minuscola)?
Questo è il dubbio che rode un vecchio caregiver con l’età, mese più mese meno, della Repubblica festeggiata in questi giorni.