Secondo gli ultimi dati ISTAT disponibili (relativi al 2014) più della metà dei ragazzi e degli adolescenti di età compresa tra gli 11 e i 17 anni è stata vittima di bullismo da parte dei propri coetanei. Il termine bullismo (dall’inglese bullying) definisce il fenomeno delle prepotenze tra pari e che –purtroppo – spesso coinvolge bambini/e e ragazzi/e con disabilità, nella maggior parte dei casi nei panni di vittima, ma non mancano casi in cui le parti si invertono. Tuttavia – salvo rare e importanti eccezioni – i bambini/e e gli/le adolescenti con disabilità sono spesso “invisibili” nella letteratura scientifica e nelle statistiche ufficiali in materia. Ciò nonostante, dagli elementi a disposizione risulta chiaro ed evidente come essi subiscano un più alto rischio di essere vittime di bullismo rispetto ai loro compagni senza disabilità.
«Il maggior rischio si presenta quando sono deboli o assenti meccanismi realmente efficaci sul piano dell’inclusione scolastica, dunque dalla condizione di forte isolamento vissuta dai minori con disabilità, anche per la presenza di barriere ambientali, quali ad esempio inaccessibilità fisica, sensoriale, impossibilità di partecipare a gite. Parliamo di contesti che pregiudicano le relazioni sociali tra gli studenti con disabilità e il resto della classe, non soltanto rispetto alla fruizione delle lezioni, ma anche nei rapporti interpersonali, dentro e fuori dall’aula scolastica, generando stigma ed emarginazione sociale e minando l’armonico sviluppo della personalità. Tutto ciò impedisce la conoscenza dell’altro e la comprensione delle disabilità e, quale diretta conseguenza, costituisce il terreno privilegiato su cui si innestano le dinamiche della violenza e, più nello specifico, del bullismo»: a scriverlo sono la ricercatrice Sara Carnovali e Giovanni Merlo, direttore della LEDHA (la Lega per i Diritti delle Persone con Disabilità, che costituisce la componente lombarda della FISH-Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), nella ricerca Disabilità e bullismo: incroci pericolosi curata per conto della LEDHA stessa.
La ricerca è stata realizzata nell’àmbito del progetto Inclusi! Dalla scuola alla vita, che indaga e agisce sulle modalità in cui la scuola interviene per favorire i processi di inclusione dei ragazzi con disabilità dentro e fuori dalla scuola.
Sarebbe però sbagliato considerare il bullismo come un fenomeno che riguarda esclusivamente “il bullo”, così come la disabilità non riguarda solo la “vittima”. «L’intero contesto ambientale ne è coinvolto – scrivono ancora Carnovali e Merlo -: il bullismo, infatti, si delinea come una dinamica di gruppo, nella quale i soggetti si sostengono e rinforzano l’un l’altro, reciprocamente. In altre parole, si tratta di un fenomeno dinamico-relazionale, le cui strategie di contrasto dovrebbero coinvolgere necessariamente l’intero gruppo sociale di riferimento, composto sia di pari che di adulti, nessuno escluso».
La prevenzione e il contrasto di ogni forma di bullismo, e in particolare della pericolosa relazione tra bullismo e disabilità, è richiesta agli adulti-educatori, che siano dunque capaci di superare sterili e controproducenti atteggiamenti punitivi, per impegnarsi verso una vera educazione alle differenze che deve coinvolgere tutte le componenti scolastiche, a partire dagli adulti stessi. (I.S. e S.B.)
A questo link è disponibile il testo integrale del documento Disabilità e bullismo, incroci pericolosi, curato da Sara Carnovali e Giovanni Merlo.