«La cosiddetta dose booster quale richiamo dopo un ciclo vaccinale primario anti-Covid, con il vaccino Pfizer, a distanza di almeno 6 mesi dal completamento del ciclo primario e indipendentemente dal vaccino utilizzato per lo stesso, è raccomandata progressivamente, a favore delle seguenti categorie: soggetti di età uguale o superiore a 80 anni; personale e ospiti dei presìdi residenziali per anziani; esercenti le professioni sanitarie e operatori di interesse sanitario che svolgono le loro attività nelle strutture sanitarie, sociosanitarie e socio-assistenziali, secondo le attuali indicazioni; persone con elevata fragilità motivata da patologie concomitanti/preesistenti di età uguale o maggiore di 18 anni; soggetti di età uguale o superiore a 60 anni»: è quanto si legge nella risposta da parte del Ministero della Salute a un’Interrogazione Parlamentare della deputata Lisa Noja, svolta oggi, 14 ottobre, alla Camera (a questo link è disponibile il testo integrale della risposta).
Ad attendere con viva attenzione la risposta all’Interrogazione di Lisa Noja erano naturalmente anche le persone con disabilità, le loro famiglie e le organizzazioni rappresentative quali la FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), particolarmente impegnata nell’azione di monitoraggio e verifica rispetto a quella che è comunemente nota come la terza dose del vaccino anti-Covid.
In tal senso, vi è un passaggio della risposta che proprio alle persone con disabilità si riferisce. Vi si scrive infatti che «tra le persone con elevata fragilità, motivata da patologie concomitanti/preesistenti di età uguale o maggiore di 18 anni, sono incluse anche le persone con disabilità grave ai sensi della legge n. 104/1992 (art. 3 comma 3)».
Un ulteriore passaggio, quindi, riguarda i familiari e i conviventi delle persone con disabilità grave, al momento non inclusi nell’elenco, affermando che «le dosi booster sono a favore di soggetti con maggiore rischio di sviluppare malattia grave e morte a seguito di infezione da SARS-CoV-2 e alto livello di esposizione all’infezione: i familiari e conviventi dei soggetti con disabilità grave, se giovani (meno di 60 anni), immunocompetenti e non ad alto rischio di esposizione, hanno un’alta probabilità di beneficiare della protezione conferita da un ciclo vaccinale di base, come il resto della popolazione generale».
«La strategia di offerta vaccinale a favore di ulteriori gruppi target o della popolazione generale – è la conclusione – verrà aggiornata sulla base dell’acquisizione di nuove evidenze scientifiche e dell’andamento epidemiologico».
«Rispetto ai primi cicli vaccinali dell’inizio di quest’anno – è la considerazione della FISH –, quando in una prima fase ci si era di fatto “scordati” delle persone con disabilità e ancor di più dei loro familiari e conviventi, accogliamo con favore la considerazione esplicita riservata a queste fasce di popolazione nella risposta del Ministero della Salute, ciò che riteniamo anche frutto della nostra costante azione di pressione e verifica svolta in tutti questi mesi». «Fermo restando – concludono dalla Federazione – che non cesseremo di mantenere alta l’attenzione e di raccogliere ogni segnalazione di eventuali difformità di azione e di comportamenti che si discostino dalle indicazioni ministeriali». (S.B.)