«Lara desiderava dare il suo contributo alla società come volontaria, “ora che sono adulta, dopo che tanti ragazzi/e volontari mi hanno aiutato a crescere”, e cioè fare il Servizio Civile. Aveva già operato come volontaria per più di un anno nella biblioteca di un istituto scolastico torinese e quando ha sentito pubblicizzare in TV il Servizio Civile, ha voluto parteciparvi con entusiasmo. Abbiamo però scoperto che la partecipazione dei “disabili” a Torino era limitata ad un solo progetto, espressamente loro dedicato, gestito da una scuola privata. Le mansioni richieste: imburrare panini e pulire gli stivaletti dei bambini»: lo ha scritto una madre alla rivista «Vita», ricordando che la figlia si è diplomata in un Istituto Alberghiero, che da anni cucina sia in casa che nella sua Associazione, che è abituata sin da piccola a fare le pulizie in casa e che il suo percorso di autonomia ha come obiettivo la vita indipendente, tant’è vero che sta cercando casa.
«Il Servizio Civile – ha scritto ancora la madre di Lara – aiuta la formazione della persona, ma avere come unica possibilità di inserimento il progetto di cui ho detto è una palese violazione dei diritti della persona disabile stabiliti una volta per tutte dalla Dichiarazione ONU del 2006 [Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, N.d.R.]. Anche i ragazzi come Lara hanno il diritto di fare esperienze che arricchiscano la loro formazione, ma questi diritti restano sulla carta. Lara si è comunque candidata per il progetto delle Biblioteche Civiche ed è stata messa esattamente sullo stesso piano degli altri candidati, senza alcuna facilitazione, ma sappiamo bene che non esiste eguaglianza tra diseguali. Così è avvenuto: è stata esclusa, le strade verso una effettiva cittadinanza continuano per i ragazzi e le ragazze come lei ad essere quasi sempre sbarrate, che si tratti di Servizio Civile o di avere un vero posto di lavoro, diverso dai mille eterni tirocini senza sbocchi».
Ma il messaggio lanciato non è solo di denuncia, c’è infatti anche l’invito a rivendicare in ogni momento i propri diritti. «Vogliamo metterci in rete – scrive infatti la signora – ed essere in tante/i a lottare contro queste discriminazioni, ovunque. Invitiamo le persone etichettate come “disabili” e chi sta al loro fianco a non rassegnarsi, anzi a pretendere a gran voce il rispetto dei diritti: il diritto di poter scoprire e sviluppare le proprie capacità, a qualunque livello, il diritto a cercare di realizzare i propri sogni, e il diritto ad un lavoro degno e ad una vita degna».
Sottoscriviamo, fino all’ultima virgola. (S.B.)