Ci eravamo occupati la settimana scorsa della vicenda di Gaia Padovani, 34 anni, romana, prima studentessa cieca in Italia a laurearsi in Medicina, che ha dovuto affrontare il test di ammissione al corso di specializzazione in Psichiatria senza i necessari accomodamenti.
Ammessa alla frequenza del corso da una Sentenza del Consiglio di Stato, due successive Sentenze del TAR del Lazio (Tribunale Amministrativo Regionale) hanno chiesto la ripetizione della prova, fissata dal Ministero con soli venti giorni di anticipo. Ora un’Ordinanza motivata del Consiglio di Stato ha sospeso quella disposizione del TAR del Lazio, auspicando una rivalutazione complessiva della posizione dell’interessata, per scongiurare il rischio di dover interrompere il suo proficuo percorso di studi.
Dell’epilogo della vicenda si è occupata la testata «TPI – The Post Internazionale», che l’aveva seguita anche nei passaggi precedenti, e che riporta le dichiarazioni di Michele Bonetti, legale di Padovani, in merito all’ultimo pronunciamento del Consiglio di Stato, l’organo di rilievo costituzionale e massimo giudice speciale amministrativo sulle questioni inerenti alla Pubblica Amministrazione italiana. «Con ordinanza motivata – ha dichiarato Bonetti – il Consiglio di Stato, oltre a sospendere la Sentenza del TAR Lazio, ha sottolineato il rischio di dover interrompere il proficuo percorso di studi della dottoressa Padovani, auspicando una rivalutazione complessiva della posizione dell’interessata [grassetti nostri in questa e nelle successive citazioni, N.d.R.]».
L’avvocato e la sua assistita sperano inoltre che «il giudizio non prosegua nella naturale fase di merito calendarizzata già per l’anno 2022 e che le Istituzioni si facciano carico di questa situazione, così come auspicato dalla Giustizia Amministrativa di ultimo grado, sanando la posizione della ricorrente».
«È stato affermato il diritto allo studio e il diritto al lavoro, costituzionalmente garantiti – ha concluso ancora Bonetti– e non possiamo non sottolineare l’abnormità di questo imbuto formativo a numero chiuso per i giovani medici, che risulta ancora più ingiusto in piena pandemia, ove vengono lasciati posti disponibili (come dedotto dal Consiglio di Stato) anche con grave danno all’erario dello Stato».
È confortante quando il sentire comune – l’idea che il diritto allo studio e al lavoro delle persone con disabilità non sia soggetto a meccanismi discriminatori da parte delle Istituzioni – e i pronunciamenti degli Organi giudiziari convergono. Non è scontato che sia così, come hanno dimostrato le Sentenze del TAR del Lazio. Ma questa volta possiamo rallegrarcene.