Anche le migliori campagne di informazione e sensibilizzazione possono acquisire ulteriore incisività e sostanza, “nutrendosi” con storie di persone, e ancor più quando si parla di situazioni ancora abbastanza ignote ai più. Per questo abbiamo scelto di illustrare con tre belle storie Un filo prezioso, titolo della nuova campagna di comunicazione della Fondazione Lega del Filo d’Oro, l’organizzazione che dal 1964 è il punto di riferimento in Italia per l’assistenza, l’educazione, la riabilitazione, il recupero e la valorizzazione delle potenzialità residue e il sostegno alla ricerca della maggiore autonomia possibile delle persone sordocieche e pluriminorate psicosensoriali (se ne legga ampiamente anche nel box in calce).
Una campagna, ricordiamo, che vede ancora una volta al fianco della Fondazione due “storici” testimonial della stessa, quali Renzo Arbore e Neri Marcorè, protagonisti di un nuovo spot firmato Arkage.
Agostino: aspettavo solo che mi trattassero da bimbo
Un pugno chiuso che batte sul viso, tra la bocca e la guancia. Un gesto come tanti, se a farlo è un bambino come tanti. Ma se a compiere questo movimento banale è un bambino speciale, come Agostino, cambia tutto. Perché quel pugno che si alza all’improvviso a toccare il volto significa “mamma” nella LIS, la Lingua Italiana dei Segni. E Agostino, che ha 10 anni, ha “detto” quella parola, che tutti i bambini pronunciano per prima, dopo oltre due anni di silenzio carico di attesa. «Quando l’ho visto – ricorda oggi la mamma Samuela – è stata una grande emozione, arrivata dopo un lungo periodo di silenzio che ci ha fatto capire che Agostino poteva comunicare con noi. Un punto di partenza che da soli non avremmo mai raggiunto».
Per questa famiglia coraggiosa (oltre a Samuela ci sono papà Stefano e il fratello Tommaso) la strada è stata subito in salita: dopo la diagnosi alla nascita (sindrome CHARGE), è arrivato il ricovero all’ospedale, dove Agostino è rimasto per otto mesi. «Ha passato quasi tutto il tempo tra la rianimazione e la subintensiva – racconta Samuela – e in tutto quel periodo riuscivo solo a vedere il mio cucciolo ferito. Quando l’abbiamo portato alla Lega del Filo d’Oro non stava neppure seduto, non sapevamo quanto sentisse né quanto vedesse. Sono stati loro che mi hanno fatto scoprire che il mio cucciolo è un bambino stupendo».
Una rivoluzione che Samuela ha ancora negli occhi e che trasmette con la voce. Agostino viene accolto dunque nella grande famiglia del Centro della Lega del Filo d’Oro di Osimo (Ancona), dove da subito ci si concentra sull’esatta valutazione delle sue potenzialità.
«Alla Lega del Filo d’Oro abbiamo scoperto ad esempio che da un occhio vede bene», continua – continua la mamma di Agostino, che ormai crede più al figlio che agli esami, su cui si legge «coloboma bilaterale», ovvero una lesione che può comportare anche cecità assoluta.
È alla Lega del Filo d’Oro che gli operatori vogliono partire dalla diagnosi per andare oltre, e stimolano il bimbo bendandogli un occhio e poi l’altro e sollecitandolo in diversi modi; lo stesso lavoro di dissotterramento delle abilità residue viene svolto sull’aspetto motorio e uditivo e così, grazie al metodo posturale, Agostino guadagna la posizione seduta e oggi riesce a stare eretto e a camminare, lui che non sa cosa significhi l’equilibrio perché non ha i canali semicircolari.
Poi c’è l’alimentazione artificiale, dovuta alla disfagia che lo accompagna dalla nascita, e la conseguente logopedia per la stimolazione delle corde vocali. A livello sensoriale, la musicoterapia gli fa cogliere le vibrazioni di diversi strumenti (il suo preferito è il pianoforte), che lui mostra di percepire e apprezzare. «Quando era piccolo – sorride Samnuela – lo mettevano direttamente dentro la grancassa e poi battevano da una parte e dall’altra».
Le difficoltà non spariscono, ma alla Lega del Filo d’Oro si lavora per valorizzare le capacità di ogni bambino, con l’obiettivo di ridurre la distanza che lo separa dal mondo esterno. Una sfida quotidiana che coinvolge specialisti e famiglie spingendoli a non arrendersi mai, a percorrere strade nuove alla caccia se non dell’impossibile, almeno dell’impensabile. «Sul piano riabilitativo – sottolinea la madre – gli hanno permesso di vivere una vita piena e anche se ci sarà molto lavoro ancora da fare, con la Lega a fianco riusciremo sicuramente a raggiungere tanti altri risultati».
Oggi la speranza per Agostino è quella di un futuro di potenzialità sfruttate al massimo, per non lasciare niente di intentato sulla strada di tutto il recupero possibile. Nella comunicazione, ad esempio. Oltre infatti che alla LIS, il bimbo si affida alle immagini di oggetti quotidiani, ma anche di luoghi e persone; indicandoli, esprime di cosa ha bisogno, chi vuole vedere e dove vuole andare. Un escamotage essenziale, soprattutto per chi, come le persone affette da sindrome CHARGE, vivono una frustrazione indicibile che si trasforma in “rabbia” perché nessuno riesce a capirli.
«Da piccolo – conclude Samuela – Agostino non amava il contatto fisico. Ora gli piace essere abbracciato e coccolato. Come tutti i bambini della sua età, va a scuola seguendo un progetto educativo che gli specialisti della Lega del Filo d’Oro hanno realizzato su misura per lui. Se me l’avessero detto qualche anno fa, l’avrei considerato impossibile, ma Agostino ha trovato il suo posto anche lì. Perché non siamo soli».
Alberto: quindici barchette e la sua vita ha “preso il largo”
Suo padre faceva il marittimo, così per Alberto inventarono un calendario fatto di barchette. Ogni giorno ne toglieva una: quando sarebbero finite, sapeva che avrebbe riabbracciato papà. Così, sereno, poteva imparare.
«La nostra è una storia dentro la storia della Lega del Filo d’Oro»: Gianfranco e Daniela iniziano così a raccontare i loro anni a Osimo, trapiantati qui dall’Isola d’Elba. Alberto è idrocefalo, a pochi mesi ebbe una meningite virale, da cui «iniziò il calvario». «Aveva un virus purulento dentro il liquor. Tentarono una cura, avvertendoci che poteva diventare sordo, ma non servì a nulla», ricorda papà Gianfranco.
A 7 anni e mezzo, dopo ben sessanta operazioni, Alberto passò dalla chirurgia alla pediatria, dove avrebbero dovuto «assisterlo per la morte»: lì, invece, trovarono una cura. La vista e l’udito erano persi, ma di interventi chirurgici non ne servirono più: «Ce l’hanno ridato – dice Daniela -: lui si è adattato alla situazione, la voglia di essere al mondo non l’ha persa mai».
A parlare loro della Lega del Filo d’Oro fu l’insegnante di ortofonia: «Avevamo contattato vari istituti, ma dalle domande che ci facevano capivamo che non erano i posti giusti per noi», ricorda la madre. Con la Lega del Filo d’Oro, dice il papà, fu diverso: «Abbiamo preso la cartina, le cartelle mediche e ci siamo presentati a Osimo, senza avvisare. Non si riusciva più a comunicare con Alberto, ricordo che lui voleva dirmi qualcosa e io non capivo, così lui mi fece un gesto come per dire “ma vattene!”. Mi voltai, diedi un pugno alla porta e la sfondai».
Il giorno in cui giunsero a Osimo, Gianfranco lo racconta così: «Arrivi con il cuore pesante, hai tutte le strade chiuse, sali sulla collina e senti che in questo posto risolverai il tuo problema». Era il 1982. Le cartelle cliniche di Alberto dicevano il contrario, ma qui «guardarono Alberto, videro che un po’ con me comunicava e pensarono che qualcosa si potesse fare. Perché un conto è la cartella, un conto la persona», dice la mamma.
Daniela e Gianfranco si fidarono, anche se, dicono, «alla prima visita gli fecero fare un percorso e alla fine gli diedero un cioccolatino. A noi sembrò come dare una nocciolina a una scimmia. Invece sbagliavamo noi, bastava vedere i progressi di Alberto: ci sembrava un miracolo».
Se la Lega del Filo d’Oro ha cambiato la vita di Alberto, lui di converso ha segnato alcune tappe della storia dell’Associazione. Per lui, infatti, fu inventato il primo calendario tattile, quindici barchette in compensato e quindici casette per misurare il tempo che papà passava in mare, cosicché Alberto capisse che papà “partiva” e non “scompariva”.
Fu anche protagonista del primo spot della Lega del Filo d’Oro, quando essa avviò una comunicazione rivolta alla raccolta fondi: «Non c’erano soldi, si rischiava di chiudere. La mia prima intervista l’ho fatta allora, poi sono venuti Maurizio Costanzo, Mike Bongiorno, lo spot con Renzo Arbore…», ride Gianfranco. «Parlare del nostro privato è faticoso, ma la gente non poteva capire senza conoscere la nostra vita. La nostra è una testimonianza, è ancora un modo per aiutare i nostri figli, perché senza la Lega del Filo d’Oro non so cosa sarebbe stato di noi».
A Osimo Alberto è diventato un uomo. Frequentando il Centro in diurno ha imparato a mangiare da solo, a lavarsi, a vestirsi: «Gli hanno insegnato tutto, a lui e a noi», dicono Daniela e Gianfranco. Soprattutto sono riusciti a sviluppare il suo linguaggio gestuale, così «in un attimo gli dici le cose, anche se chi non lo conosce bene fa fatica, perché i gesti di Alberto sono solo suoi».
Con le sue insegnanti è andato in Danimarca, in Germania, in Portogallo. Da molti anni, grazie alla disponibilità di un imprenditore della zona, fa una piccola esperienza di “lavoro”: «Non è un lavoro vero, ma lui esce di casa, si relaziona con persone al di fuori della famiglia e del Centro, capisce cosa sia la vita di un adulto», spiega il padre. Da quando sua sorella si è sposata, pure Alberto ha voluto una casa sua, così i genitori gli hanno sistemato una stanza al piano di sotto: «Non è in grado di vivere da solo, ma ogni tanto scende, ci invita a cena da lui… Che meraviglia!», raccontano Daniela e Gianfranco, orgogliosi e felici.
«Di Centri ce ne sono tanti, ma questo non ha paragoni. Per l’esperienza, per il metodo, per la mentalità. Non guardano il disabile, cercano la persona che c’è dentro. E lavorano su tutta la famiglia, perché quando succede una cosa così, la vita di tutta la famiglia deve cercare un’altra direzione».
Oggi Alberto inizia a non riuscire più a fare alcune cose. Non cammina più bene, non riesce più a leggere il Braille, le mani iniziano a tremargli. «Ma farà altre cose, altrettanto belle. È coraggioso, ha una forza di volontà incredibile. È in gamba mio figlio», dice Daniela. E Gianfranco aggiunge: «Io ne sono innamorato. Non so come sarebbe stata la mia vita se Alberto non fosse stato così, ma sono un uomo contento».
Giulia, che oggi ride spessissimo
Giulia ha 8 anni e qualche mese fa ha fatto un viaggio che le ha cambiato la vita. Da Roma, la sua famiglia si è trasferita a Osimo, un cambiamento complicato, ma necessario per il suo bene.
Giulia è nata sordocieca, con un minimo residuo visivo, e con una malformazione ai reni e una alle ossa. Il trasferimento nelle Marche è avvenuto dietro consiglio della sede territoriale di Roma della Lega del Filo d’Oro, cui la famiglia si era rivolta.
La mamma di Giulia, Monica, sa meglio di chiunque altro quanto l’incontro con la Lega del Filo d’Oro di Osimo sia stato determinante per far compiere alla piccola Giulia veri e propri passi da gigante. Dal mese di settembre dello scorso anno, infatti, dopo una lunga lista d’attesa, Giulia ha iniziato a frequentare, per otto ore al giorno, la 2^ classe della scuola primaria presso la struttura di Osimo, con l’aiuto di una maestra dedicata e insieme ad altri dieci bambini sordociechi.
La nuova situazione ha portato tanti benefìci a Giulia in poco tempo: adesso, infatti, ha iniziato a comunicare a parole le proprie esigenze e a masticare durante i pasti, senza contare che ora cammina più facilmente con e senza tutori, che è più serena e che ride spessissimo.
Passi da gigante, come detto. Niente a che vedere con la situazione vissuta da Giulia nei mesi precedenti, in cui la pandemia e il lockdown avevano creato non poche difficoltà alla sua famiglia e alla sua vita. Mesi in cui Giulia stava subendo una vera e propria regressione, causata dalla mancanza di socialità, fattore tanto importante per una bimba, a maggior ragione se sordocieca.
Anche l’assistenza domiciliare, in quel periodo, era fornita con il contagocce, causando un ulteriore rallentamento dal punto di vista terapeutico, anch’esso fondamentale.
Erano proprio la continuità di terapie e la socializzazione che servivano a Giulia per non rischiare di perdere le tante abilità già acquisite con fatica ed è ciò che ha trovato alla Lega del Filo d’Oro. Un cammino sostenuto fermamente dall’instancabile lavoro della mamma Monica nel combattere tutti i giorni per i diritti di Giulia.
Ringraziamo Alessandra Dinatolo per la fondamentale collaborazione.
Per ulteriori informazioni e approfondimenti: Alessandra Dinatolo (a.dinatolo@inc-comunicazione.it); Chiara Ambrogini (Ufficio Stampa Lega del Filo d’Oro, ambrogini.c@legadelfilodoro.it).
La Lega del Filo d’Oro
Era il 1964 quando Sabina Santilli, una caparbia e lungimirante donna sordocieca, decise di fondare – assieme a un piccolo gruppo di volontari – un’Associazione che potesse rappresentare il «filo aureo della buona amicizia», per aprire al mondo le persone sordocieche e fare in modo che la società si accorgesse di loro. E questo filo prezioso che unisce il sordocieco con il mondo esterno è il concetto che ha ispirato sia il nome che l’attività della Lega del Filo d’Oro, realtà unica in Italia, che da allora fornisce un servizio altamente qualificato alle persone sordocieche e pluriminorate psicosensoriali.
La mission – di quella che dal 1998 è divenuta una ONLUS – consiste nell’assistenza, nella riabilitazione, nell’educazione e nel reinserimento in famiglia – e in molti casi anche nella società – delle persone sordocieche e pluriminorate psicosensoriali.
La Lega del Filo d’Oro ha da sempre svolto campagne di comunicazione e di sensibilizzazione per diffondere la corretta conoscenza della sordocecità e delle problematiche ad essa correlate presso l’opinione pubblica, i media e le Istituzioni ed è oggi punto di riferimento in Italia per la rappresentanza e l’affermazione dei diritti delle persone sordocieche e delle loro famiglie.
Ad Osimo, in provincia di Ancona, si trova la Sede Nazionale, al cui interno vi sono il Centro Diagnostico, che formula una valutazione globale ed effettua interventi precoci per bambini al di sotto dei 4 anni, i Servizi Educativo-Riabilitativi, il Settore Medico, il Centro di Ricerca e il Centro di Documentazione.
Con circa 600 dipendenti, più di 650 volontari e circa 500.000 sostenitori, la ONLUS è presente oggi in Italia in 8 Regioni con 5 Centri Residenziali, a Osimo, Lesmo (Monza Brianza), Modena, Molfetta (Bari) e Termini Imerese (Palermo) e 5 Sedi Territoriali a Padova, Roma, Napoli e, più recentemente, a Novara e a Pisa.
L’Associazione può contare su un team completo di professionisti, composto da una parte da operatori educativo riabilitativi, fisioterapisti, psicologi e assistenti sociali, dall’altra da medici specializzati, come neurologi, ortopedici, oculisti, pediatri, genetisti, dentisti, logopedisti e fisiatri, oltre a tutto il personale amministrativo e dei servizi generali.
Per ogni ospite della Lega del Filo d’Oro viene elaborata una terapia riabilitativa personalizzata e sistemi adeguati di comunicazione, per permettergli di stabilire relazioni col mondo e recuperare, quanto più possibile, una dimensione fatta di dignità e autonomia.
Le attività svolte vengono attualmente finanziate solo in parte da fondi pubblici, mentre circa il 65% delle entrate arrivano grazie alle risorse donate da privati. La Lega ha anche fondato un proprio Centro di Ricerca e collabora in Italia con numerosi istituti universitari, così come, a livello internazionale, con altri enti e organizzazioni che perseguono i medesimi obiettivi. (S.B.)
La Lega del Filo d’Oro e la rete internazionale per la sordocecità
A livello internazionale, la Lega del Filo d’Oro è membro del Deafblind International, Associazione internazionale che promuove e supporta lo sviluppo di servizi per migliorare la qualità della vita delle persone sordocieche e dell’EDbU (European Deafblind Union), organismo che ha come obiettivo principale l’uguaglianza e la piena partecipazione sociale delle persone sordocieche in tutta Europa.
Con altri dieci Paesi europei fa parte inoltre del gruppo di lavoro MDVI Euronet (Multiple Disabilities and Visual Impairment), impegnato a sviluppare e condividere le conoscenze sulla formazione di bambini e giovani con una grave disabilità visiva unita a disabilità aggiuntive.
E ancora, è componente del DbI ICF Working Group, insieme a Paesi come la Spagna, il Canada, l’India e l’Australia, con l’obiettivo di sviluppare uno standard specifico Core Set ICF (Indice di Classificazione internazionale di Funzionamento CS), per un processo riconosciuto di valutazione, certificazione e intervento sulla sordocecità.
È impegnata infine, sempre a livello internazionale, in vari progetti sulla sordocecità, come Social haptic signs for deaf and blind in education, che ha lo scopo di raccogliere e rendere accessibili i segni tattili sociali (Haptic), per migliorare l’educazione delle persone con disabilità sensoriale visiva e uditiva, nonché la qualità del lavoro di insegnanti e interpreti che si occupano di studenti con disabilità sensoriali, a livello europeo. L’obiettivo è quello di codificare trecento segni per ogni nazione. Tutti i segni tattili verranno poi raccolti, catalogati, fotografati, illustrati e registrati per renderli accessibili gratuitamente nel web. In tale iniziativa sono coinvolti sette utenti seguiti dai Servizi Territoriali della Lega del Filo d’Oro di Lesmo (Monza-Brianza), Modena e Padova.
Con Social skills make inclusive life easier too – SMILE too si vogliono invece rafforzare le abilità sociali, di fondamentale importanza per l’inclusione, di bambini e ragazzi con problematiche visive e altre disabilità e/o con sordocecità, attraverso la formazione di chi li educa: genitori, insegnanti, professionisti. (A.D.)