Il Consiglio di Stato, con la Sentenza n. 2129 del 23 marzo scorso, è intervenuto sulla materia degli affidamenti dei trattamenti specifici per la cura dei disturbi dello spettro autistico attraverso il cosiddetto “metodo ABA” [ABA sta per “Applied Behavioral Analysis”, ovvero “Analisi Applicata del Comportamento”, N.d.R.]. Tale pronunciamento fa rilevare diversi spunti significativi, e innanzitutto la natura delle prestazioni ABA, definite quali «prestazioni socio-sanitarie ad elevato contenuto sanitario».
Si sottolinea poi che è erroneo equiparare le prestazioni ABA ad un trattamento riabilitativo ex articolo 26 della Legge 833/78, in quanto le differenze risiedono «nella base scientifica di partenza, nell’approccio terapeutico, nella tipologia di trattamento, nelle figure professionali che vengono coinvolte nell’erogazione e conseguentemente nel diverso regime tariffario da applicarsi», ricordando che «l’ossatura sanitaria del trattamento ABA è affidata al Nucleo NPIA [Neuropsichiatria Infantile e dell’Adolescenza, N.d.R.] dell’ASL ed al professionista supervisore che sovrintende l’esecuzione del trattamento ed il conseguimento degli obiettivi. I luoghi del trattamento sono di solito la casa e la scuola».
E ancora, la modalità di affidamento del servizio/trattamento ABA da parte delle ASL «dipende dalla intrinseca variabilità e diversità di “dosaggio” delle componenti sanitarie, socio-sanitarie e socio-assistenziali che caratterizzano la metodologia ABA nella sua connaturata caratteristica di adattabilità dello specifico trattamento alle peculiari necessità del singolo paziente, così come rilevate dal Nucleo NPIA ed elaborate attraverso il PAI [Piano Assistenziale Individuale, N.d.R.].
Infine, l’accreditamento al Servizio Sanitario Nazionale «permane come indefettibile requisito di partecipazione alla gara avente ad oggetto i servizi (ABA) integrati ad elevato contenuto sanitario, mentre […] per i servizi (ABA) aventi natura socio-assistenziale non è previsto uno specifico titolo di accreditamento (né istituzionale ex d.lvo 502/92 né di settore)».
La parte più interessante e innovativa della Sentenza di cui si parla è certamente quella dove il Consiglio di Stato fa rilevare come il trattamento ABA realizzi «un’originale forma di integrazione tra componente sanitaria e sociale del trattamento terapeutico di segno “verticale”: il contenuto sanitario della prestazione viene in rilievo nella fase (“a monte”) della valutazione di appropriatezza/definizione/monitoraggio del programma terapeutico consacrato nel PAI, congiuntamente affidata al Nucleo NPIA e allo specialista BCBA [Board Certified Behavior Analyst, N.d.R.], piuttosto che nella fase (“a valle”) di carattere esecutivo in cui prevale matrice socio-educativa o socio-assistenziale, destinata a realizzarsi in un contesto extra-istituzionale».
E successivamente: «La garanzia di un adeguato livello qualitativo delle prestazioni, più che nei requisiti di ordine strutturale ed organizzativo della struttura (eventualmente) accreditata, riposa sulle garanzie di professionalità degli operatori, la cui sussistenza è appunto richiesta, con regole stringenti, dal bando finalizzato alla formazione della “short list” oggetto di controversia».
Scrive ancora il Consiglio di Stato che «è proprio in ragione dell’evidenziato carattere multiforme del disturbo autistico che si rende evidente l’appropriatezza di una strategia di intervento di carattere multidisciplinare tesa ad abbracciare metodologie curative di tipo sanitario, socio-sanitario e socio-assistenziale onde consentire all’organo prescrittore (Nucleo NPIA) l’individuazione del trattamento più confacente in relazione alla peculiare fisionomia che il disturbo assume nel paziente considerato e al bisogno assistenziale che il medesimo, in un contesto non avulso dal sistema di relazioni in cui è inserito, concretamente manifesta. Multidisciplinarietà che si traduce nella presa in carico globale del paziente autistico onde garantire l’integrazione scolastica, sociale, familiare nei diversi setting assistenziali».
In tale quadro le specifiche modalità di garanzia del trattamento a favore dei soggetti per i quali si riveli appropriato devono tener conto dei contenuti che esso concretamente assume, in funzione delle peculiari esigenze assistenziali del destinatario, non potendo la loro individuazione “appiattirsi” entro uno schema fisso e immutabile, il quale finirebbe per incidere negativamente sull’interesse pubblico al miglioramento della capacità erogativa dello stesso e all’efficiente impiego delle risorse all’uopo disponibili.
Il Consiglio di Stato richiama in sostanza i princìpi già affermati con la propria Sentenza 6123/17, ritenendo che «anche nella fattispecie in esame (trattamento ABA) ricorrano, mutatis mutandis, i presupposti giustificativi dell’attrazione del servizio entro la sfera di responsabilità dell’ASL, atti a sottrarre le relative procedure di affidamento alle norme in tema di accreditamento, sia quale modulo di affidamento alternativo alla gara, sia quale prerequisito di partecipazione alla stessa. Si è detto infatti che il trattamento ABA, così come prefigurato con gli atti impugnati, viene erogato – sia nella fase programmatoria mediante, la predisposizione del PAI, sia nella fase esecutiva – sotto il diretto controllo della ASL attraverso il Nucleo NPIA, mentre la sua concreta somministrazione si svolge al di fuori del contesto istituzionale tipico delle strutture riabilitative: ne discende che le relative prestazioni piuttosto che svolte “per conto” del Servizio Sanitario Nazionale, possono a ragion veduta qualificarsi come “proprie” dello stesso, sebbene somministrate per il tramite degli erogatori professionali all’uopo individuati [grassetti dell’Autore nelle citazioni, N.d.R.]».
È dunque questa una chiave di lettura certamente innovativa che aiuterà a superare le croniche criticità della presa in carico globale, sempre evocata e mai realizzata, da parte delle Istituzioni Socio-Sanitarie preposte.
E tuttavia, quello che la Sentenza non risolve è un altro aspetto critico della garanzia di un adeguato livello qualitativo delle prestazioni ABA, vale a dire quali siano i requisiti professionali minimi dei professionisti chiamati ad erogare tali «prestazioni socio-sanitarie ad elevato contenuto sanitario». Fin quando infatti il Legislatore non interverrà a livello nazionale, istituendo un apposito Albo Professionale, il rischio di inappropriatezza delle prestazioni ABA non sarà scongiurato e le speculazioni non termineranno. Speculazioni alimentate anche dal business della formazione ABA approssimativa che avrebbe la pretesa di trasformare in “tecnico ABA” qualsiasi diplomato, di qualsiasi area disciplinare, che voglia cimentarsi con l’autismo.
Su questo argomento è certamente da leggere con favore il tentativo dell’Associazione ABAIT (Applied Behavior Analysis Italia) di promuovere il riconoscimento, la valorizzazione e lo sviluppo della professione nell’ambito dell’Analisi del Comportamento in tutte le sue accezioni, in sinergia con i principali Enti di Formazione e Consorzi Universitari promotori di Master ABA in Italia. Solo elevando gli standard formativi potremo infatti assicurare quella presa in carico globale del paziente autistico, necessaria a garantire una reale integrazione scolastica, sociale, familiare, nei diversi setting assistenziali.