La potatura dei rami secchi

Tagliare i rami secchi, in genere, dovrebbe voler dire rinvigorire la pianta, ovvero, in àmbito di aiuto alle persone con disabilità, eliminare tutte le infrastrutture inutili, i fronzoli burocratici e le rendite parassitarie ben simulate, che affliggono l’erogazione del servizio di assistenza, sia in forma diretta che indiretta. E invece le cose non vanno proprio così…

rami-secchi-disegnoParecchi anni addietro le Ferrovie dello Stato iniziarono a sopprimere alcune linee secondarie, ove il rapporto tra passeggeri trasportati e costo del servizio era particolarmente basso. L’operazione assunse una denominazione “botanica”: tagliare i rami secchi. Nel bilancio delle Ferrovie venne ridotta probabilmente una voce in perdita, ma l’utenza non se ne avvantaggiò certamente.
Trasferendo la terminologia nel settore dell’aiuto alle persone con disabilità – afflitto da una drammatica riduzione dei fondi disponibili -, potremmo adottare una terminologia simile e in questo caso il “taglio dei rami secchi” dovrebbe produrre un rinvigorimento della pianta. Nello specifico, infatti, l’espressione dovrebbe voler dire eliminare tutte le infrastrutture inutili, i fronzoli burocratici e le rendite parassitarie ben simulate, che affliggono l’erogazione del servizio di assistenza sia in forma diretta che indiretta. Sarebbe interessante, insomma, conoscere quanti euro, ad esempio su mille stanziati, pervengono effettivamente ai fruitori del servizio e sotto quale forma.
Mi spiegherò, quindi, con un esempio abbastanza generico – tale da evitare guai legali a chi scrive e alla testata che mi pubblica – ma sufficientemente concreto da essere comprensibile.

A livello centrale vengono stanziati, poniamo, un milione di euro, destinati – nelle intenzioni dichiarate – a supporto delle persone con disabilità gravissima che vivono in famiglia. Un’apposita commissione viene insediata e di essa fanno parte, naturalmente, consulenti esterni, all’uopo retribuiti. La commissione produce un pregevole opuscolo stampato in diecimila copie, con costo relativo. Metà delle copie giaceranno sine die in un polveroso deposito ministeriale, sorvegliate a vista – con i costi relativi – da solerti guardiani. L’altra metà, invece, verrà inoltrata, alle tariffe postali vigenti, agli Enti Locali, ove parte di essa verrà consultata dai funzionari competenti, mentre la restante fungerà da supporto a tavoli sghembi o utilizzata come combustibile in disagiate sedi montane.
E tuttavia, il grosso dello stanziamento (fino a questo punto) è salvo e viene trasferito, con i tempi tecnici necessari, agli enti destinatari. Qui vengono stampate alcune migliaia di manifesti che avvisano la popolazione del lieto evento e viene naturalmente insediata un’apposita commissione per valutare i criteri su come dispensare quanto acquisito.
Dopo vivaci discussioni, viene stilato un complicatissimo sistema di punteggio che valuta le “trentasette variabili” considerate indispensabili per stabilire una graduatoria “di merito”. Alcuni commissari dissenzienti non escludono la possibilità di un ricorso alla Corte Internazionale di Giustizia dell’Aia e – pare – alle Nazioni Unite, da effettuarsi a carico del fondo spese previsto per la commissione…
Viene successivamente affisso il bando di gare per l’assegnazione esterna del servizio al quale partecipano tre consorzi di cooperative che coprono politicamente tutto quello che una volta veniva definito come l’“arco costituzionale”. Due di esse poi rinunciano e il servizio viene così appaltato senza rancori. Detta cooperativa, quindi, fornisce il personale in possesso della qualifica prevista, ma anche con la possibilità di utilizzare operatori con la qualifica “in itinere”, cioè iscritti a un corso di qualificazione non ancora svolto, con un costo tre volte superiore alla retribuzione effettiva del lavoratore.
Ed ecco, finalmente, che quando la “famiglia con disabilità gravissima tipo”, destinataria di ciò che resta dello stanziamento iniziale, pregusta già il sollievo di tale aiuto, il finanziamento ministeriale viene dirottato a coprire l’imprevisto incremento di spesa della missione di “pace armata” nel Regno di Saba, ove una rivolta popolare – fomentata da integralisti nabatei – minaccia i famosi Bagni della Regina, già decretati patrimonio dell’umanità da parte dell’Unesco…

Please follow and like us:
Pin Share
Stampa questo articolo