Per curare la sclerosi multipla servono nuovi farmaci antivirali? Sembrerebbe proprio suggerirlo uno studio condotto dall’Unità di Neuroimmunologia della Fondazione Santa Lucia di Roma e dal Dipartimento di Biologia Cellulare e Neuroscienze dell’Istituto Superiore di Sanità, in collaborazione con i Centri per la Sclerosi Multipla dell’Università di Roma Tor Vergata e degli Ospedali San Camillo-Forlanini e Sant’Andrea di Roma, pubblicato dalla rivista americana «PLoS Pathogens».
Tale ricerca, infatti, dimostra che nelle persone con sclerosi multipla le cellule immunitarie che combattono il virus di Epstein-Barr (i cosiddetti linfociti T citotossici) aumentano durante le ricadute della malattia, raggiungendo livelli più alti rispetto alle persone sane, e diminuiscono nelle fasi di remissione. La dimostrazione, quindi, che il virus si riattiva nelle lesioni infiammatorie cerebrali tipiche di questa malattia costituisce un ulteriore indizio a favore dello stretto legame esistente tra l’infezione, l’eccessiva attivazione del sistema immunitario e i problemi neurologici che affliggono le persone con sclerosi multipla.
«Si tratta di un importante risultato – dichiara Luca Battistini, coordinatore del Gruppo di Neuroimmunologia della Fondazione Santa Lucia, che ha effettuato lo studio sui pazienti -, grazie al quale abbiamo potuto per la prima volta osservare che la risposta immunitaria contro il virus di Epstein-Barr (ma non quella contro un altro virus della stessa famiglia) è più forte in concomitanza degli episodi di infiammazione acuta a livello cerebrale, rilevati con la risonanza magnetica, suggerendo quindi un ruolo diretto della risposta antivirale nel processo patologico».
«I risultati ottenuti nei pazienti – aggiunge Francesca Aloisi, coordinatrice del gruppo di ricerca dell’Istituto Superiore di Sanità che ha effettuato gli studi su campioni di tessuto cerebrale donati da persone con sclerosi multipla – si spiegherebbero con il tentativo di eliminare il virus dal sistema nervoso centrale. A sostegno di ciò, abbiamo dimostrato che nelle lesioni cerebrali è presente la stessa proteina virale verso la quale il sistema immunitario risponde vigorosamente durante le riacutizzazioni della malattia. Il virus sarebbe quindi trasportato nel sistema nervoso centrale dai linfociti B, le cellule responsabili della produzione di anticorpi, costituendo un focolaio nascosto, ma sempre attivo, di infezione».
Lo studio – finanziato dal Sesto Programma Quadro dell’Unione Europea, dal Ministero della Salute e dalla FISM, la Fondazione Italiana Sclerosi Multipla che opera a fianco dell’AISM (Associazione Italiana Sclerosi Multipla) -, avvalora per altro una tesi sostenuta da tempo. Il virus di Epstein-Barr, infatti, è la causa della mononucleosi infettiva e di alcuni tumori. Quasi tutta la popolazione è esposta ad esso, il quale permane nell’organismo, sotto lo stretto controllo del sistema immunitario, generalmente senza creare problemi. E tuttavia solo una minoranza di persone sviluppa la sclerosi multipla e ciò significa che – a causa di una complessa interazione tra geni e ambiente – in alcuni individui predisposti, l’equilibrio tra virus e sistema immunitario si altera, causando problemi neurologici.
Ora, questa ulteriore dimostrazione che il virus di Epstein-Barr accende il sistema immunitario durante le riacutizzazioni della sclerosi multipla apre nuove prospettive per la terapia e la prevenzione di questa grave malattia del sistema nervoso centrale. (Fondazione Santa Lucia)
Per ulteriori informazioni e approfondimenti: Barbara Erba (barbara erba@gmail.com).
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