Mi sorprendo in questi giorni a ragionare attorno a una considerazione storica inoppugnabile. Tutte le grandi leggi che riguardano le persone con disabilità sono state approvate con maggioranza larghissima, quasi unanime, del Parlamento. Ecco perché adesso sono curioso di fronte alle possibilità operative del Governo appena nato, e soprattutto delle due Camere che avranno il compito di varare leggi discusse – se alle parole seguiranno i fatti – con una nuova centralità del Parlamento.
Nel suo lungo discorso, il presidente del Consiglio Enrico Letta ha persino trovato modo (del tutto imprevedibile, visto il silenzio quasi generale sul tema) di citare la disabilità: «Dobbiamo poi ricordarci – ha detto – che l’Italia migliore è un’Italia solidale. È per questo che il Governo non può che valorizzare la rete di protezione dei cittadini e dei loro diritti, con misure tese al miglioramento dei servizi, da quelli sanitari a quelli del trasporto pubblico, locale e pendolare, con una particolare attenzione per i disabili e i non autosufficienti». Una citazione correttamente inserita, dunque, nel contesto dei servizi e dei diritti. Non un richiamo patetico o generico. Bene, staremo a vedere.
Ricordo dunque – giusto per memoria collettiva – che la Legge Quadro sulla disabilità, la 104/92, venne firmata da Rosa Russo Iervolino e approvata in pratica da tutto il Parlamento. Analogo percorso aveva avuto la legge sull’integrazione scolastica [517/77, N.d.R.], per non parlare della riforma del collocamento lavorativo, la Legge 68/99 fortemente voluta da Livia Turco. Ma in generale anche la normativa relativa all’accessibilità (non solo barriere architettoniche, ma anche quelle tecnologiche, ad esempio la Legge 4/04, meglio nota come “Legge Stanca”) è vissuta di afflati ecumenici delle forze politiche. La stessa Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità è divenuta Legge dello Stato durante il Governo Berlusconi, il 3 marzo del 2009 [Legge 18/09, N.d.R.].
Mi pare che si possa dedurre almeno qualche considerazione meno catastrofica di quelle che in queste ore si leggono quasi ovunque. Spesso in sordina, senza suoni di fanfare, il Parlamento è stato capace di lavorare, nelle Commissioni di Camera e Senato, a testi di legge importanti che hanno profondamente cambiato il quadro normativo della disabilità. Non senza errori o incertezze, ci mancherebbe. E spesso sacrificando, sull’altare del compromesso politico, alcune istanze più precise (i tanti “si può” al posto dei “si deve”, nella Legge Quadro, ad esempio). Ma senza quello sforzo di mediazione, il nostro Paese oggi non avrebbe una cultura giuridica di riferimento basata, in buona sostanza, sul principio di pari cittadinanza, di non discriminazione, di pieno diritto a vivere ogni aspetto della vita sociale e politica del Paese.
Spero che questa considerazione, del tutto “pre-politica”, possa condurre a riflettere, e soprattutto ad agire di conseguenza. Si potrebbe cioè trasformare una debolezza in una grande forza.
Un Governo come questo, determinato dalla ferrea volontà del Presidente della Repubblica, e costruito in modo intelligente da Enrico Letta, utilizzando competenze di notevole spessore (non in tutti i ruoli, per la verità), potrebbe agevolare una corsia legislativa bipartisan su temi che sono da tempo fermi, in attesa di essere affrontati con decisione e serietà: dal potenziamento dell’inclusione scolastica alla rilettura della legge sull’inclusione lavorativa, dall’adozione di un nuovo Nomenclatore degli ausili, aggiornato ai tempi alla legge sul caregiver; dalla Vita Indipendente al Fondo per la Non Autosufficienza; dalla scrittura finalmente dei LIVEAS (Livelli Essenziali di Assistenza Sociale) a un nuovo impulso alla progettazione accessibile.
Un’agenda dimenticata e sepolta sotto le macerie della precedente Legislatura, nel corso della quale, in realtà, il mondo delle associazioni delle persone con disabilità ha dovuto impegnarsi soprattutto per evitare danni e per scongiurare norme ancora peggiori di quelle comunque attuate (con l’azzeramento dei fondi destinati al settore e agli Enti Locali).
Stiamo ancora pagando le conseguenze della campagna sui “falsi invalidi”, con il conseguente taglio di migliaia di posizioni pensionistiche assolutamente legittime. Attendiamo con immutata preoccupazione le decisioni relative all’ISEE [Indicatore della Situazione Economica Equivalente, N.d.R.] e alle misure per la partecipazione alla spesa. Ma se davvero si dovesse andare incontro a un’inversione di rotta, seppure graduale, sarebbe bello che una forzata convivenza politica fra schieramenti alternativi fra di loro portasse come frutto positivo e sorprendente un nuovo percorso rigoglioso di riforme concrete e condivise sulla disabilità.
In Parlamento, poi, su questi temi socialmente sensibili sono convinto che si potrebbe ottenere il contributo critico, ma positivo, anche delle forze che si sono dichiarate all’opposizione, dal Movimento 5 Stelle a SEL, alla Lega.
È importante che adesso si riprenda rapidamente il metodo della consultazione, della partecipazione, della proposta e poi della decisione politica e parlamentare. La storia del passato ci indica la strada. Speriamo che in molti se ne accorgano. Senza puntare soltanto al protagonismo personale o di parte. Ancora una volta sono un inguaribile ottimista.