Già presente su queste pagine con alcune ricognizioni storico-sociali, dedicate in particolare allo sport delle persone sorde, Marco Luè – a sua volta persona sorda – prende posizione nei confronti dell’opinione espressa in «Superando.it» da Antonio Cotura, presidente della FIADDA (Famiglie Italiane Associate per la Difesa dei Diritti degli Audiolesi), a proposito delle recenti performance del cantante Daniele Silvestri, sia al Festival di Sanremo, che al “Concertone del 1° maggio” a Roma, ove aveva «esortato il pubblico ad applaudire silenziosamente roteando e librando in alto le mani, come fanno le persone sorde che utilizzano la LIS, la cosiddetta “Lingua Italiana dei Segni”».
In tal senso, Cotura aveva sottolineato che «Silvestri aveva enunciato alcune tesi anacronistiche, fuorvianti e non condivise, di fatto basate sulla scarsa conoscenza della complessità dell’argomento e su una visione antropologica della sordità che non ci appartiene. Aveva sostenuto, ad esempio, che “il riconoscimento LIS è una cosa talmente giusta che non andrebbe nemmeno spiegata” e che in tal modo “tantissime persone non sarebbero più lontane ed isolate, basterebbe informarsi”; per questo motivo “l’Italia è un Paese indietro anche in questo”».
Parole rispetto alle quali Cotura aveva invitato il cantante a rendersi disponibile «a un confronto aperto e sereno», giacché «l’Italia – contrariamente a quanto affermato – è un Paese molto avanti rispetto ad altri da lui citati», un Paese «di tradizione oralista», che «per primo ha chiuso gli istituti speciali per sordi, avviando gli alunni nelle scuole di tutti» e nel quale «oggi più che mai è possibile per tutti i bambini nati sordi, anche con sordità profonda, acquisire competenza nella lingua italiana e perfino capacità percettiva uditiva».
Dopo avere dunque ricordato che «già tra 2008 e 2009 Silvestri aveva realizzato un concerto appositamente adattato per consentire ai sordi di partecipare compiutamente alle manifestazioni musicali, interamente tradotto in LIS, proprio per sensibilizzare le persone udenti e far loro capire che è possibile essere reciprocamente uniti in un solo linguaggio, comprese le forti emozioni musicali, anche a chi soffre dalla nascita di un deficit acustico», Luè dichiara che effettivamente già dallo “storico” Congresso Internazionale per il miglioramento della sorte dei Sordomuti del 1880 a Milano, «si era preteso che per l’insegnamento scolastico dei sordi fosse usata solo la lingua verbale, dopodiché, tuttavia, la Lingua dei Segni, “cacciata dalla porta” a quel Congresso, era rientrata dalla finestra, essendo la lingua più naturale di chi non ode».
«Quanto scrive Cotura – conclude Luè – e la sua contrarietà alla Lingua dei Segni è molto simile a ciò che 133 anni fa deliberarono gli “educatori dei sordi”, ma in questo arco di tempo noi sordi abbiamo saputo uscire dal giogo della dipendenza da chi ha la fortuna di udire». (S.B.)