Un progetto che nega la libera fruibilità della conoscenza

di Alfio Desogus*
Si tratta del Progetto “LIA” (Libro Italiano Accessibile), che in un periodo in cui a livello internazionale il Trattato di Marrakech sembra aver finalmente trovato un equilibrio tra il diritto alla cultura accessibile e quello alla proprietà intellettuale - come abbiamo riferito qualche giorno fa - mette invece in luce tutte le sue carenze, nel limitare i diritti delle persone con disabilità e in particolare di quelle con disabilità visiva

Realizzazione grafica con libri di carta e libri digitaliAnnunciato alla fine del 2010, all’atto dell’assegnazione ministeriale dell’incarico e ultimamente promosso con un gran battage pubblicitario, il Progetto LIA (Libri Italiani Accessibili) è stato presentato alla metà di giugno come il prodotto finale di un grande, quanto innovativo risultato. Secondo l’AIE (Associazione Italiana Editori), infatti, sarebbe stato realizzato all’insegna del pieno rispetto del principio dell’accessibilità e tenendo conto della piena e autonoma fruibilità di lettura per le persone con disabilità visiva.
E del resto, il tempo impiegato – oltre due anni per la realizzazione – lasciava presagire la tanto auspicata individuazione di un percorso risolutivo e la contestuale elaborazione di uno strumento elettronico agevole per il superamento delle difficoltà nella ricerca del bene culturale prescelto. Si trattava in sostanza di creare le soluzioni adeguate per l’accesso autonomo alla lettura, che contemporaneamente fossero rispettose del diritto di autore.
Per quanto poi riguarda le perplessità e le osservazioni sul Progetto LIA, che avanzammo due anni e mezzo fa su queste stesse pagine, esse nascevano dal conflitto di interessi creatosi per la coincidenza sulla titolarità del progetto realizzato dall’Ediser, società controllata dall’AIE. In particolare, era in discussione la difficoltà di trovare l’equilibrio – piuttosto controverso – tra diritto d’autore e diritto alla conoscenza, e si intendeva richiamare l’attenzione delle Istituzioni e dei potenziali lettori sulle caratteristiche e sulla tipologia di formato del “libro accessibile”.
Ponemmo allora in evidenza da una parte la mancata scelta progettuale di mettere a disposizione il libro in formato digitale testuale, come premessa per l’allargamento della platea dei lettori e per il rilancio dell’universalità dei contenuti culturali e narrativi, dall’altra l’esigenza di avvalersi di una specifica tipologia di formato, ritenuto essenziale per ogni successivo adattamento. Infatti, è unanimemente accettato che il vero libro digitale universalmente accessibile è senza ombra di dubbio il formato digitale testuale, utilizzato da tutti gli editori come formato imprescindibile, ovvero come formato preliminare per il diverso e successivo utilizzo o per l’adozione di accorgimenti correttivi, finalizzati all’elaborazione di altri formati, compreso quello cartaceo.
L’elaborato, dunque, cioè il contenuto in formato digitale, è attualmente utilizzato da qualsiasi casa editrice per la stampa e la pubblicazione di ogni libro, donde ne dovrebbe derivare che per la realizzazione del Progetto LIA, per l’azienda responsabile, non sarebbero dovuti insorgere altri oneri aggiuntivi, se non quelli che riguardavano le modalità di accesso.

Ebbene, in questi due anni – per garantire la disponibilità e assicurare l’accesso autonomo -, l’Ediser ha predisposto uno specifico sito web, rendendo disponibili 2.500 libri. All’iniziativa non danno l’adesione molte case editrici, rendendo quindi parziale la varietà delle proposte editoriali, ma soprattutto non vengono resi disponibili molti libri entro il limite dei settantadue giorni previsti dal “Decreto Rutelli” del 2007 [Decreto del 18 dicembre 2007, pubblicato dalla Gazzetta Ufficiale n. 82 del 7 aprile 2008, N.d.R.]. Infatti, non è la Disposizione Ministeriale sui tempi a caratterizzare il prodotto e il servizio, ma, al contrario, la scelta dirimente è l’esistenza del diritto di autore e la relativa data di pubblicazione.
La stessa analisi, poi, e l’osservazione pratica del sito confermano le perplessità che la soluzione adottata punti a garantire non già l’esigibilità del diritto autonomo all’accesso, all’usabilità e la fruibilità del libro, ma la primazìa dei titolari del diritto di autore.
Nel sito, infatti, vi sono numerose sovrapposizioni, difficoltà, rinvii e compilazioni, che limitano il requisito dell’accessibilità, per la quale la nota “Legge Stanca” del 2004 [Legge 4/04, N.d.R.] aveva dato indicazioni specifiche per i siti che svolgono un servizio pubblico. Infatti, il primo requisito dell’accessibilità è la facilità di navigazione e il limitato numero di passaggi o di adempimenti da effettuare per raggiungere un risultato.
Esiste quindi un primo aspetto da evidenziare e chiarire, sul principio e sul requisito dell’accessibilità riguardante la configurazione delle pagine web relative alle indicazioni, alle descrizioni guida e al numero dei passaggi.

Per il lettore con disabilità visiva, vi è poi la necessità del possesso o della dotazione dei diversi dispositivi o programmi adatti per fruire dei prodotti culturali del sito, tra cui l’ePub. E insorge perciò anche l’esigenza di conoscere operativamente i dispositivi prescelti, per il loro corretto utilizzo, e per il quale il Progetto LIA intenderebbe (il condizionale è d’obbligo) svolgere attività addestrativa a favore degli utenti.
E ancora, va evidenziato il problema della trasferibilità del documento tra dispositivi perché nel caso del formato Acsm, il libro scaricato mantiene la fruibilità soltanto nella macchina originaria in cui è stato salvato la prima volta. Esiste del resto, diritto fondamentale, l’accessibilità alla conoscenza e cioè al contenuto culturale librario per le azioni di interoperabilità e interattività, ma il formato in questione non rende possibili tali operazioni, che lo sono solamente con il formato digitale, ovvero appunto il formato testuale sorgente il quale, per ragioni intuibili, si è voluto negare.

A tal proposito – per definire meglio la dimensione delle perplessità – non è difficile immaginare quali limitazioni al diritto allo studio e all’integrazione scolastica, o quali difficoltà incontreranno gli studenti universitari nella redazione di tesi o anche gli allievi delle scuole dove verranno utilizzate le Lavagne Interattive Multimediali (LIM).
In sostanza, nel caso specifico, viene negata la possibilità a uno studente di avvalersi di un testo digitalizzato testuale il cui rilevante vantaggio è di essere duttile e fruibile in modo multisensoriale, poiché personalizzabile sulla propria modalità di accesso multicanale. Lo stesso documento di testo, infatti, può essere trasformato in audio o diventare stampa in braille, o ancora subire variazioni in fase di stampa, diventando trasportabile o mobile. Può inoltre interfacciarsi con ausili informatici di diverso tipo, se progettato in modo accessibile secondo le linee guida sviluppate dall’organizzazione internazionale World Wide Web Consortium (W3C).

Il mancato rispetto dei requisiti obbligatori nel sito e nel formato LIA sembra dunque rispondere ad obiettivi eminentemente commerciali che, da ultimo, trovano riscontro e conferme nelle prese di posizione assunte dalle stesse case editrici sul sussidiario scolastico digitale. È noto infatti che le aziende editoriali – poche settimane prima della presentazione di LIA – hanno annunciato ricorso contro l’iniziativa dell’allora ministro Profumo, che aveva previsto l’adozione nelle scuole del libro digitale testuale fin dai prossimi anni scolastici.
Gli effetti sono evidenti a tutti: verranno ritardate le scelte innovative della scuola digitale per l’ammodernamento e la nuova organizzazione dello studio e della scuola italiana. Ed è l’ennesimo ostacolo che viene frapposto sul libro digitale accessibile da parte di quegli editori che – ricorrendo a moratorie e rinvii – impongono ai docenti la scelta del libro sussidiario cartaceo, limitando in tal modo per gli alunni non vedenti il diritto allo studio e le attività didattiche.

Alla luce di questi fatti e comportamenti, si può affermare che si sia in presenza di una vera e propria strategia dilatoria e limitativa, a conclusione di una vicenda lunga (oltre cinque anni!), tortuosa (procedure di appalto) e contraddittoria nell’applicazione del principio dell’accessibilità, affermato solennemente dalla Convenzione ONU del 2006 sui Diritti delle Persone con Disabilità e riaffermato a livello europeo e dalle disposizioni italiane vigenti. Ma soprattutto le soluzioni del Progetto LIA limitano i diritti delle persone con disabilità e risultano un freno allo sviluppo di una cultura universale, finora negata, proprio nell’era della società della conoscenza.

Presidente Biblioteca Multimediale della Sardegna, presidente della FISH Sardegna (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap).

Share the Post: