A partecipare alle gare delle Aziende USL per l’acquisto delle tecnologie compensative, che dovrebbero essere utili alla qualità della vita delle persone disabili, c’è tanto da imparare. Si impara innanzitutto che ci sono grandi sprechi, con Aziende USL di territori contigui che comprano lo stesso ausilio con differenze di prezzi che possono arrivare anche al 30-40%.
E si impara che viene acquistato talmente tanto materiale che non viene manco tolto dalla scatola, a causa dell’incivile vezzo – tutto italico – di chiedere tutto quello che spetta di diritto anche se non serve.
Poi c’è un paradosso assolutamente incomprensibile: in questa nazione dove avremmo bisogno di futuro, le giovani mamme, quando hanno un figlio, a volte devono mettere da parte i centesimi per comprare i pannolini, mentre ai nostri vecchi – magari con rendite milionarie – il pannolone lo compra lo Stato!
Dovremmo a questo punto riflettere sul fatto che gran parte della spesa sanitaria che rientra alla voce Nomenclatore Tariffario non è data dalle carrozzine per deambulare o dagli strumenti per leggere dei ciechi, ma per l’appunto dal materiale di consumo corrente.
Ben farebbe il Governo – se ci fosse un Governo in grado di farlo -, a cominciare a mettere in ordine, a centralizzare gli acquisti col mercato elettronico, in modo che il catetere, il videoingranditore e la carrozzina avessero lo stesso prezzo a Salorno, in provincia di Bolzano, e a Salemi, in provincia di Trapani.
Basta con le collusioni tra Associazioni di disabili e Uffici Pubblici per finanziare il consenso clientelare attraverso l’inutile spesa sanitaria! Diamo ciò che serve, ciò che crea inclusione sociale e benessere, spendiamo i soldi per curare la gente.
E i medici e i burocrati si mettano una mano sulla coscienza e pensino per un istante che pretendere troppo per loro non solo non cura, ma fa morire tanta gente.
La coperta è stretta: usiamola per dare calore a chi ne ha bisogno e non continuiamo a tirare dalla parte di chi è già ricoperto di pelliccia.