Oltre 4 milioni e 300.000 bambini sfollati interni, intrappolati nel conflitto in Siria, subiscono tutti i giorni le gravi conseguenze di un sistema sanitario al collasso e hanno disperato bisogno di cibo, medicine, supporto psicologico e un riparo sicuro. 2 ospedali su 3 sono distrutti o inservibili, come il 38% delle strutture mediche di base, e quasi tutte le ambulanze. La metà dei medici ha abbandonato il Paese, altri sono stati uccisi o imprigionati, e tra il personale sanitario rimasto, in media, solo 1 su 300 è un medico in grado di affrontare le emergenze. Ad Aleppo – una città che secondo le linee guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità dovrebbe avere almeno 2.500 medici – ne sono rimasti solo 36, per assistere più di 2 milioni di persone.
Tra i circa 575.000 feriti nel conflitto, poi, sono tanti coloro che diventano disabili. Infatti, molti di quelli che arrivano quotidianamente negli ospedali sono bambini con ferite profonde o fratture esposte, e quando mancano i mezzi o le medicine necessarie, si è costretti a ricorrere all’amputazione di braccia o gambe, per evitare sanguinamenti letali e poterli così salvare.
In uno degli ospedali dove opera Save the Children, il 24% dei pazienti ha meno di 14 anni e in tutto il Paese è più difficile od ormai impossibile fornire cure anche ai tanti bambini con malattie croniche, che sono parte dei 70.000 malati di cancro o dei 5.000 in dialisi, o di quelli affetti da leucemia.
E ancora, la copertura dei programmi di vaccinazione nel Paese è crollata dal 91% dell’inizio del conflitto al 68% già dopo il primo anno di conflitto, e la poliomielite – che era stata debellata nel 1995 -, ha oggi contagiato 80.000 bambini e si sta propagando silenziosamente, mentre i casi di morbillo e meningite sono in crescita.
L’affollamento nei rifugi e le condizioni precarie di igiene sono infine la causa principale dell’impennata della leishmaniosi – malattia che colpisce gravemente gli organi interni, produce ulcere e può sfigurare per sempre – passata da 3.000 a 100.000 casi, e si segnala l’aumento delle infezioni gravi alle vie respiratorie, dei casi di dissenteria o di epatite.
Sono questi alcuni dei drammatici dati evidenziati nel rapporto internazionale intitolato Un prezzo inaccettabile: l’impatto di tre anni di guerra sulla salute dei bambini in Siria, presentato in questi giorni da Save the Children – l’Organizzazione internazionale indipendente che lotta dal 1919 per salvare la vita dei bambini e difendere i loro diritti – con l’obiettivo di far luce sulle drammatiche conseguenze di un sistema sanitario fatto a pezzi dal conflitto: in Siria, infatti, i bambini non muoiono più soltanto per le violenze subite, ma anche a seguito di malattie e ferite che sarebbero state altrimenti prevenibili o curabili.
E tra i più vulnerabili ci sono i bambini non ancora o appena nati. 3 donne su 4, infatti, non hanno più accesso all’assistenza per il parto, prima disponibile per chiunque (96%) e per il timore di un travaglio sotto le bombe, è raddoppiato il numero di parti cesarei (passati dal 19 al 45%), che avviene però spesso in condizioni mediche critiche. In una città sotto assedio, ad esempio, si è arrivati al 75% di parti cesarei.
I neonati prematuri, o che necessitano comunque dell’incubatore, corrono rischi ancor più gravi, per i frequenti blackout dell’energia elettrica, che in un solo giorno hanno ucciso cinque bambini nell’area nord del Paese. E infine, la disabitudine all’allattamento al seno – praticato da meno della metà delle madri siriane prima del conflitto – provoca gravi conseguenze perché il latte artificiale non si trova più, e in alcune zone del sud si segnala l’utilizzo di acqua e zucchero per nutrire i neonati.
Il collasso del sistema sanitario siriano, che negli ultimi vent’anni aveva contribuito ad abbattere la mortalità infantile fino a 15 bambini ogni 1.000 nati, in linea addirittura con il 4° Obiettivo di Sviluppo del Millennio dell’ONU, obbliga purtroppo gli operatori sanitari ad eseguire in alcuni casi pratiche mediche brutali ed estreme. Oltre alle già citate amputazioni, evitabili in altre condizioni, l’assenza di anestesia ha spinto alcuni pazienti a richiedere di essere addormentati con il colpo in testa di una barra di metallo, mentre spesso brandelli di vecchi vestiti sono le uniche “bende” disponibili per le ferite e sono veicolo di infezione, o si è costretti a praticare trasfusioni di sangue incontrollate e fortemente a rischio.
«Questa crisi umanitaria – dichiara Valerio Neri, direttore generale di Save the Children Italia – è diventata rapidamente anche una grave emergenza sanitaria. I bambini intrappolati nel conflitto stanno vivendo in condizioni barbariche. Poter trovare un dottore è una pura questione di fortuna, trovarlo con gli strumenti e le medicine necessarie per le cure di cui si ha bisogno è praticamente impossibile. I trattamenti disperati cui gli operatori medici sono costretti a ricorrere per salvarli sono sempre più strazianti».
Solo l’accesso degli aiuti umanitari, dunque, compresi quelli sanitari, in tutte le aree del Paese, può contribuire a salvare la vita di milioni di bambini. In tal senso Save the Children chiede con forza che la recente risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite sull’accesso umanitario in Siria sia implementata immediatamente, e che le famiglie e i bambini possano così ricevere vaccini, cibo, acqua e medicine, e possano essere assistiti con altri interventi salvavita, ovunque essi si trovino sul territorio interno al Paese.
«La comunità internazionale – aggiunge Neri – sta tradendo i bambini della Siria, quando sono feriti e ammalati e non possono avere le cure indispensabili, quando contraggono la poliomielite e altre malattie che si potrebbero prevenire e invece ne vengono sfigurati per sempre o uccisi, quando soffrono e muoiono solo perché non hanno le medicine. I leader mondiali devono scuotersi e agire in difesa di tante piccole vittime di questo conflitto e dire chiaramente che la loro sofferenza e la loro morte non può più essere tollerata. Se c’è stata la volontà politica necessaria per permettere agli esperti di armi chimiche di raggiungere qualunque luogo nel Paese, è assurdo che ciò non possa avvenire per gli aiuti umanitari, che possono salvare la vita di così tanti bambini e delle loro famiglie».
In occasione ora del terzo anniversario dall’inizio del conflitto, Save the Children Italia, in collaborazione con il Comune di Roma, sta invitando tutti a partecipare all’evento di mobilitazione denominato Per i bambini siriani, che si terrà venerdì 14 marzo in Piazza del Campidoglio a Roma (ore 19.30), dove ci sarà l’illuminazione straordinaria della facciata del Campidoglio stesso e centinaia di candele accese comporranno la scritta Siria sul piazzale.
Vi interverranno tra gli altri il sindaco di Roma Ignazio Marino, l’attrice Isabella Ferrari, ambasciatrice della partnership Save the Children-Bulgari, che ha recentemente visitato il campo profughi di Za’atari in Giordania, e il musicista Giovanni Allevi, ambasciatore di Save the Children. Sono stati inoltre invitati anche il ministro degli Esteri Federica Mogherini e Jolles Laurens, rappresentante regionale dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR Italia).
Inoltre, è prevista una diretta in rete con un twitt-up sul profilo Twitter di Save the Children (@SaveChildrenIT) cui parteciperanno Michele Prosperi e Marco Guadagnino dello staff di Save the Children Italia, rientrati di recente dal campo profughi di Za’atari in Giordania.
Eventi analoghi, infine, si terranno anche in altri Paesi del mondo quali la Giordania, presso il citato campo profughi di Za’atari, la Germania, la Norvegia, i Paesi Bassi, l’Australia, il Canada e gli Stati Uniti (a Washington, di fronte alla Casa Bianca). (Ufficio Stampa Save the Children Italia)
Tragico e sconcertante paradosso: la Siria era stata tra i primi Stati della sua area geografica a ratificare la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità e anche il Protocollo Opzionale ad essa, esattamente il 10 luglio 2009, solo qualche mese dopo il nostro Paese…
Si può scaricare la versione integrale del rapporto presentato da Save the Children, di cui si parla nel presente approfondimento. Per ulteriori informazioni e approfondimenti: press@savethechildren.it.
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