Oltre il silenzio dell’afasia

di Claudio Arrigoni*
Ci sono condizioni di disabilità sensoriale che vengono lasciate più ai margini di altre, vittime ancor più di stigma e paure. L’afasia - che evoca la solitudine e la non comunicabilità - si distingue fra queste, ma grazie all'impegno di organizzazioni come la Fondazione Carlo Molo di Torino, la riabilitazione può dare importanti risultati, anche attraverso il teatro, “paradosso” di un’arte fatta di parola, che “cura chi è senza parola”
Una scena tratta dallo spettacolo "Come guerrieri senza spada"
Una scena dello spettacolo “Come guerrieri senza spada”, rappresentato a Torino all’inizio di maggio

Quando la dimensione artistica e la disabilità si incontrano, a volte – spesso – nascono dei paradossi. Che poi scompaiono. Perché affiora altro. Vale per lo sport, per l’arte, per lo spettacolo. Anche per il teatro. E vale per tutti e sempre.
Ci sono condizioni di disabilità sensoriale che vengono lasciate più ai margini di altre, vittime ancor più di stigma e paure. L’ afasia si distingue fra queste. Evoca la solitudine e la non comunicabilità. Non sono molti coloro che hanno a cuore chi ha perso e vuole e sta per recuperare il linguaggio. Eppure non c’è virus, non c’è contagio.
Ecco perché valeva la pena di esserci, il 4 maggio scorso, al Teatro Officina di Torino, alla prima di Come guerrieri senza spada, spettacolo teatrale dove recitano, fra gli altri, attori con afasia. Ed ecco il paradosso che prende corpo. Vederlo svanire ed entrare in un’altra dimensione di comunicazione è straordinario.

«È un teatro – spiega Lorena La Rocca, che ha ideato e che dirige lo spettacolo – senza le parole. Anche se è riduttivo, perché le parole ci sono. Nasce un ascolto fatto non solo di parole, ma anche di parole».
La Rocca è una regista che da anni ha scelto la strada, difficile e affascinante, del teatro sociale. In scena ci sono attori che vivono la condizione di afasia, insieme a studenti del Corso di Laurea in Scienze Infermieristiche e Logopedia dell’Università di Torino. I futuri “professionisti della cura”: «La fatica di curare e la fatica di essere curati», sottolinea Lorena, che è al suo secondo spettacolo sull’afasia, dopo l’esordio in ConversAzioni.
Le persone afasiche hanno un problema a convertire le rappresentazione mentali in qualcosa di fisico, attraverso una parola che non arriva. Si vede un tavolo, si sa che è un tavolo, non si associa la parola tavolo a quello che si vede. «L’afasia (dal greco afasia, “mutismo”) è un’alterazione del linguaggio dovuta a lesioni alle aree del cervello deputate alla sua elaborazione. Le alterazioni possono riguardare vari aspetti del linguaggio: comprensione, produzione, ripetizione, strutturazione. Tra le cause più frequenti dell’insorgere dell’afasia: ictus, ischemia transitoria, emorragia cerebrale, processi espansivi (tumori), processi degenerativi (atrofie cerebrali)»: lo si legge nel sito della Fondazione Carlo Molo di Torino, dove l’afasia è di casa ed è ben conosciuta. La disabilità che ne consegue intacca la sfera sociale e relazionale, ponendo molto spesso la persona afasica in una situazione di disagio, depressione e isolamento.

Come guerrieri senza spada – Oltre il silenzio dell’afasia nasce all’interno dei laboratori preposti alla riabilitazione terapeutica di persone afasiche nel CIRP (Centro Intervento e Ricerca in Psicologia) della Fondazione Molo, che si occupa anche di ricerche in campo neuroscientifico, oltre alle tematiche legate all’identità di genere.
Chi è colpito da un ictus, chi subisce un incidente oppure chi per altre cause diventa afasico, sa che la riabilitazione può essere lunga. Solitamente, finita la degenza post-trauma, c’è ancora soltanto qualche momento di logopedia. Ecco perché l’impegno di enti come la Fondazione Molo diventa non solo importante, ma fondamentale. Una grande opera a favore dell’inclusione.
E il teatro è una delle più attrattive forme di comunicazione. Lo spettacolo, proposto da Teatro Babel, nell’àmbito della seconda edizione del Torino Fringe Festival, è «un racconto per quadri teatrali che si sviluppa attraverso azioni fisiche e partiture gestuali composte dal gruppo del laboratorio, per dare forma estetica al silenzio della persona afasica e raccontare la battaglia quotidiana di chi vuole farsi ascoltare».
Il rapporto con la malattia è stato raccontato agli studenti ripercorrendo le tappe del difficile percorso riabilitativo vissuto dalle persone afasiche. Studenti e attori con afasia, scambiando le loro esperienze, giungono quindi a rappresentare il sistema ospedaliero da una duplice e diversa prospettiva, scoprendo un diverso concetto di cura e di relazione.
C’è voluto circa un anno per raccontare l’afasia attraverso diversi materiali espressivi, come la musica (quelle originali di Davide Sgorlon, che nascono da sollecitazioni ritmiche, anche grazie al contributo di chi partecipa ai laboratori) e la fotografia (vi sono una serie di grandi ritratti degli attori, opera di Silvia Rotelli, che testimoniano le loro trasformazioni emotive). Come guerrieri senza spada mostra quanto lo stigma si possa combattere anche con lo spettacolo e come l’inclusione si possa raggiungere con la consapevolezza.

Testo già apparso – con il titolo “Oltre il silenzio dell’afasia. Anche a teatro” – in “InVisibili”, blog del «Corriere della Sera.it». Viene qui ripreso, con alcuni riadattamenti al diverso contesto, per gentile concessione.

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