«L’Italia spende poco e male per l’abbattimento delle barriere architettoniche. E gli interventi riguardano in gran parte le caserme e le strutture militari, oltre a progetti per l’accessibilità dei siti archeologici e culturali».
Pur in estrema sintesi, ci sembra che l’Agenzia «Redattore Sociale» centri perfettamente la sostanza del documento recentemente presentato dalla Corte dei Conti – massimo organo che controlla le entrate e le spese pubbliche – intitolato La gestione degli interventi di ristrutturazione e di adeguamento delle strutture pubbliche per l’eliminazione delle barriere architettoniche.
Le premesse di tale relazione – che analizza specificamente l’entità e l’utilizzo dei finanziamenti pubblici predisposti in tale àmbito dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti – sono piuttosto chiara e ben note anche ai nostri Lettori. Basandosi infatti sulla più recente normativa nazionale e internazionale, la Corte dei Conti definisce innanzitutto il concetto di barriere architettoniche, ovvero: «a. gli ostacoli fisici che sono fonte di disagio per la mobilità di chiunque ed in particolare di coloro che, per qualsiasi causa, hanno una capacità motoria ridotta o impedita in forma permanente o temporanea; b. gli ostacoli che limitano o impediscono a chiunque la comoda e sicura utilizzazione di parti, attrezzature o componenti; c. la mancanza di accorgimenti e segnalazioni che permettono l’orientamento e la riconoscibilità dei luoghi e delle fonti di pericolo per chiunque e in particolare per i non vedenti, per gli ipovedenti e per i sordi».
In tal senso, altro concetto ben noto, si sottolinea che «la legislazione, i regolamenti e le circolari italiane sono tra le più complete e significative nell’ambito della UE [Unione Europea, N.d.R.] (e a livello mondiale), nel senso che la tutela delle disabilità, a favore della migliore accessibilità ed usufruibilità di uffici e sedi di strutture pubbliche, è garantita da molteplici prescrizioni che impongono specifici requisiti di adeguatezza dei progetti di costruzione iniziali e degli interventi correttivi e/o migliorativi [grassetto nostro nella citazione, N.d.R.]».
E tuttavia, altrettanto chiaramente vengono esposte le “dolenti note”, ovvero le insufficienti risorse che sin troppo spesso rendono “pura teoria” quelle ottime Leggi, Regolamenti e Cirolari. Come si evince infatti da una tabella che fotografa quasi con spietatezza la situazione, dai 14 milioni e 100.000 euro stanziati nel 2008 per «Interventi di ristrutturazione ed adeguamenti delle strutture pubbliche per l’eliminazione delle barriere architettoniche», si arriva progressivamente al completo azzeramento degli anni 2012 e 2013.
Altro problema “molto italiano”, quello dello scarso coordinamento degli interventi e soprattutto della mancanza di controllo e verifica, da parte del Ministero, sulla qualità degli stessi, nei confronti dei nove Provveditori Interregionali delle Opere Pubbliche (da quest’anno ridotti a sette), responsabili della gestione dei fondi e delle relative opere.
Come detto inizialmente, dunque, a “passarsela meglio” sembra siano le caserme e le strutture militari – pur essendo anche qui «molto incompleto il quadro informativo», come puntualizza la Corte dei Conti – con un capitolo a sé dedicato all’abbattimento delle barriere nei siti archeologici e culturali, indicato come «esempio virtuoso», grazie alle iniziative del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, che hanno portato ad avere «servizi per disabili in 184 istituti e luoghi di cultura statali e in 1,409 non statali, e quindi complessivamente nel 34,72% dei casi».
Effettivamente, visto il quadro generale a dir poco sconfortante, non ci si può lamentare più di tanto, almeno in quello specifico àmbito. (S.B.)
Ricordiamo ancora che è disponibile in versione integrale la relazione intitolata La gestione degli interventi di ristrutturazione e di adeguamento delle strutture pubbliche per l’eliminazione delle barriere architettoniche, prodotta recentemente dalla Corte dei Conti.