Sono davvero pessime le notizie sul fronte del lavoro che arrivano dalla VII Relazione al Parlamento sull’attuazione della Legge 68/99 (Norme per il diritto al lavoro dei disabili). I numeri, infatti, rendono conto più di mille parole della situazione: gli iscritti agli elenchi unici provinciali del collocamento obbligatorio sono 676.000 (68.000 i nuovi iscritti nel corso del 2013). Ma ciò che allarma di più è il numero di avviamenti che sono crollati al minimo storico: dalle 22.360 persone con disabilità che hanno trovato impiego nel 2011 alle 18.295 nel corso del 2013.
È un risultato, questo, indubbiamente “figlio della crisi”. Infatti, come si legge nella Relazione, «i datori di lavoro del settore privato obbligati al rispetto della legge, nel 2012, erano 55.410 e sono scesi l’anno passato a 38.800 unità. La corrispondente quota di riserva complessiva nel 2012 [ovvero la quota riservata alle persone con disabilità per legge, N.d.R.] era pari a 158.295 dipendenti, di cui la maggioranza assoluta è riconducibile alle imprese con oltre 50 dipendenti, con oltre 106 mila lavoratori utili per il computo. Per il 2013, la quota di riserva totale si è ridotta a 117.136 lavoratori».
Sul fronte delle «pubbliche amministrazioni – scrive ancora la Relazione – di cui vengono fornite informazioni dagli uffici provinciali [e non tutti lo fanno, N.d.R.], al 2012 gli enti pubblici ad assumere disabili erano 3.578, aumentati a 4.797 nell’anno successivo. Per ciò che riguarda la quota di riserva, nel 2012 era di 76.770 unità, di cui 12.989 costituivano i posti scoperti. Nel 2013, invece, il computo della quota di riserva si riduce a 69.083 unità».
«I dati vanno però commentati – ha dichiarato ad esempio Flavia Maraston, responsabile del collocamento mirato delle persone con disabilità per la Provincia di Pordenone, durante un recente convegno organizzato dalla Cooperativa Sociale Futura di San Vito al Tagliamento (Pordenone) – poiché esistono situazioni in cui è difficile inserire persone con disabilità. Per esempio il settore sanitario e le aziende ospedaliere. In queste situazioni potrebbe essere utile utilizzare l’istituto normativo fornito dall’articolo 14 della Legge Biagi».
Si parla in realtà dell’articolo 14 del Decreto Legislativo 276/03 (Attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla L. 14 febbraio 2003, n. 30), attuativo appunto della cosiddetta “Legge Biagi” e sebbene si tratti di una norma entrata in vigore ormai undici anni fa, sono ancora in pochi a conoscerla, anche perché le convenzioni per applicarla sono studiate con molta lentezza dagli organi provinciali.
Semplificando molto, quella Legge consente una sorta di scambio, con l’azienda privata che dà commesse di lavoro alle cooperative, le quali in cambio assumono persone con disabilità che vanno a coprire gli obblighi di legge dell’azienda stessa, in percentuale definita da un protocollo d’intesa provinciale. La Provincia di riferimento fa da controllore del rispetto delle norme.
Un utile meccanismo, quindi, pur con il difetto che le commesse hanno una durata nel tempo (solitamente due anni rinnovabili a quattro), ma che potrebbe essere utilizzato anche con la Pubblica Amministrazione, come si sta ad esempio sperimentando a Milano, all’Ospedale Niguarda e alla Cooperativa Procaccini 14, che offre un servizio di catering alle persone disagiate (progetto finanziato dal Comune meneghino), facendo lavorare numerose persone con disabilità intellettiva.
E mentre si mettono a punto, molto lentamente, questi strumenti di “miglioramento” del collocamento dei disabili, “voci di palazzo” riferiscono che si starebbe mettendo mano alla Legge 68/99, facendola rientrare all’interno delle politiche sociali e non più in quelle del lavoro. Un passaggio che sottintenderebbe, ancora una volta, il pensiero che il lavoro delle persone con disabilità sia diverso da quello degli altri, facendo riemergere l’idea che si dia lavoro a tali persone come fosse assistenza sociale.
Rischiano dunque di risorgere pesantemente il pregiudizio, la discriminazione, un doppiopesismo che pone le persone con disabilità al traino della società, mentre queste, anche con il loro lavoro, vogliono essere parte attiva e produttiva. Un grave passo indietro nell’abbattimento delle barriere culturali legate al mondo della disabilità.