Ciao, Renzi! Vorrei poterti dire ciao, Matteo, ma chissà se posso osare… Dopotutto non appartengo alla categoria cui tu ti rivolgi di solito: non sono giovane, anche se non arrivo ad essere “diversamente giovane”. Infatti ho cinquant’anni e appartengo quindi a un gruppo di persone che tu assolutamente “non ti fili”, insieme ai pensionati. Noi non siamo il futuro, per te, e se perdiamo il lavoro non possiamo soffrirne: la nostra vita, dopotutto, secondo te l’abbiamo già fatta.
E poi, sono genitore sì, ma non di un biondo puttino paffutello che ti racconta le poesie: mio figlio è un quasi diciassettenne autistico, categoria che non rientra affatto nelle tue simpatie. Per noi, tu non solo non hai previsto bonus, ma simpaticamente stai cercando di “toglierci anche le mutande”, adducendo come scusante che devi pensare, appunto, a quelle “famiglie da Mulino Bianco” che tanto ti piacciono: etero, fertili, in grado di sfornare bimbi cui fornire un panierino di 80 euro al mese… E naturalmente, devono nascere sani: dei disabili, dei “diversi”, non c’è traccia nei tuoi discorsi, forse per i tweet non andiamo bene!
E del resto, gli slogan nascono dalla pubblicità e la famiglia, in pubblicità, è una sola: mamma e papà con bambini , tutti sorridenti, bianchi e spendaccioni. Avete mai visto nella famiglia felice un bambino o un ragazzo con sindrome di down, in carrozzina, un padre cieco, una madre ipovedente? Io ti capisco, Renzi: è questa la famiglia che ti propinano i tuoi creativi, verosimilmente ex del Mulino Bianco o di una ditta di gelati.
Ti capisco, e per questo mi dispiace davvero tanto che tu, dalle 11 alle 13 del 5 novembre, non fossi in Piazza Montecitorio con noi [il riferimento è alla manifestazione promossa il 5 novembre scorso a Roma dall’Associazione napoletana Tutti a Scuola, all’insegna dello slogan “Il Governo cancella i disabili”, N.d.R.]. Forse finalmente ci avresti visto, noi famiglie vere di ragazzi veri e “diversi”, e questo – magari, ma non è detto – avrebbe potuto farti riflettere. Solo dopo ho saputo che eri andato a un incontro con Berlusconi, durato appunto due ore.
Un vero peccato, Renzi, che tu non abbia deposto la tua testa sul ceppo della nostra “ghigliottina simbolica” [nel corso della citata manifestazione del 5 novembre, l’Associazione Tutti a Scuola ha allestito una “ghigliottina simbolica”, per rappresentare la “condanna” delle persone con disabilità da parte del mondo politico, N.d.R.] e che non abbia ascoltato i frammenti della scuola vera, non quella “di plastica” in cui vuoi credere.
La scuola vera che non ha soldi per i sostegni, che si arrabatta mettendo insieme più ragazzi disabili in barba a tutte le leggi, la scuola vera che ha problemi perfino a comperare un tablet per gli alunni con autismo. E ti sei perso le voci vere delle famiglie che alle merendine preferiscono cose concrete, come l’assistenza domiciliare indiretta, l’inclusione scolastica, e un futuro per i loro ragazzi attivo e dignitoso come quello degli altri cittadini.
Richieste eccessive per chi ha eliminato i vantaggi a coloro che assumono un ragazzo con disabilità, per chi vuole vincolare l’assistenza a un fantomatico reddito familiare, e soprattutto per chi vuole destinare le risorse esclusivamente sotto minaccia della soppressione della vita.
Qui ogni riferimento è escluso, ma è normale chiedersi se in un Paese civile sia davvero questo il modo di dare risposte alle esigenze delle categorie più deboli. Se è davvero questa la strada, caro Renzi, siamo rovinati: non credo infatti che troverai nessun genitore di disabile disposto a minacciare di “sgozzare i suoi figli come capretti” perché tu ti convinca, insieme al Governo, a fare ciò che è giusto. E mi scuso, Renzi, se troverai questa mia dichiarazione esagerata, ma conosco fin troppe famiglie con figli grandi quasi disperati, con figli adolescenti ridotti a pochissime ore di sostegno alla settimana. Conosco padri e madri che vivono notti e giorni insonni, per cercare di far quadrare i conti e dare ai loro figli un’assistenza che tu dovresti fornire. Gente lasciata sola, addirittura picchiata dai figli, diventati a loro volta adulti e disperati, ma che resiste, senza nemmeno il vantaggio di una parola buona, perché per te, e per molti altri, noi siamo un “fastidio”, un “rumore di sottofondo”, da escludere dalle discussioni “vere”.
A volte sento dire che noi genitori di persone con disabilità parliamo solo dei difetti dei nostri figli e ci lamentiamo troppo: prossimamente, quindi, mi premurerò di parlare dei pregi di mio figlio. Ma come posso sentirmi felice dei suoi pregi, se essi non hanno alcun valore per la società in cui si appresta a vivere?
Caro Renzi, non tutti gli autistici diventano Einstein, ma tutti devono poter diventare cittadini a tutti gli effetti, con un lavoro e una dignità. E una scuola in cui i ragazzi “diversi” vengono parcheggiati e abbandonati, senza programmi per loro e senza risorse da investire, non è degna di un Paese civile, non è degna dell’Europa (la citi sempre l’Europa. Quando invece si tratta di disabili e di scuola, ce ne dimentichiamo?).
Caro Renzi, noi il 5 novembre in Piazza Montecitorio, con Associazioni e come liberi cittadini, abbiamo cantato, ballato e urlato, e anche se la maggior parte dei media ci ha ignorato, cercaci su YouTube perché ci troverai. Ma i filmati non rendono: non possono rendere il tono di voce di “Daniele” (il nome è di fantasia) che urlava la sua rabbia per la chiusura dell’IRCCS Riabilitativo San Raffaele Pisana di Roma, né le colorite espressioni di “Maria”, che voleva – metaforicamente, per carità – “tagliarti la testa”. I filmati non rendono, e purtroppo nemmeno la voce di chi leggeva, il dolore di quella mamma che si è sentita umiliata da una scuola sempre più contabile e sempre meno umana, dove un burocrate ha negato a suo figlio un sostegno unico…
Voci, respiri, frammenti di realtà vera, che spero di averti raccontato almeno in parte, in questa lettera. Che ne dici? Abbandoniamo lo show, per cambiarlo davvero, il mondo?