C’è una bella differenza tra essere turisti ed essere viaggiatori. I primi si dividono tra la tintarella e un bagno in piscina e per nulla al mondo rinuncerebbero alla connessione internet veloce e al cibo italiano, fossero anche sulle vette dell’Himalaya. Niente di male, ci mancherebbe, però i viaggiatori sono un’altra cosa e sono più numerosi di quel che si pensa.
«TripAdvisor», il famoso sito di viaggi, ha condotto nel 2014 uno studio denominato TripBarometer, da cui sono emersi dati sorprendenti. Il 71% degli intervistati, infatti, ha dichiarato di andare in vacanza per allargare i propri orizzonti, il 55% cerca esperienze uniche e il 36% desidera approfondire i rapporti umani.
Aveva ragione Marcel Proust, convinto che «un vero viaggio di scoperta non è cercare nuove terre, ma avere nuovi occhi». Ed è con questi nuovi occhi che oggi la vacanza è vista come momento di crescita personale e non più soltanto come una fuga dalla routine.
Per chi vuole viaggiare nella consapevolezza delle proprie azioni, nel pieno rispetto del benessere delle popolazioni locali e della natura, sia sul territorio nazionale che all’estero, la soluzione si chiama turismo responsabile o equoturismo.
Perché si parte
Figlio degli Anni Settanta, il turismo responsabile nasce da una riflessione sul turismo di massa, unita ai traguardi di sostenibilità ambientale e di riduzione della povertà. Non a caso è diventato una delle soluzioni individuate dalle Nazioni Unite per raggiungere gli “Obiettivi del Millennio” (Development Millennium Goals), in quanto contribuisce allo sviluppo sociale e civile delle persone e dei territori.
Il concetto parte da un assunto molto semplice: le scelte quotidiane di ognuno di noi – per quanto piccole se viste singolarmente – hanno un impatto sull’equilibrio del pianeta e il discorso vale anche per le vacanze. Circa un miliardo di persone ogni anno fa la valigia e parte per un viaggio, una su sei si reca fuori dal proprio Paese. Con l’andar del tempo il turismo è diventato una delle principali industrie del mondo, la seconda voce di spesa dopo i generi alimentari. Il desiderio di visitare luoghi lontani e la globalizzazione hanno spinto i flussi turistici in ogni angolo del pianeta, con un’ascesa incalzante di destinazioni non propriamente “vacanziere”. Raggiungere Paesi del Terzo Mondo o in via di sviluppo è reclamizzato quale panacea per risolvere croniche difficoltà, pensando che il turismo sia sempre un bene perché crea posti di lavoro.
Dopo anni è evidente che questo ragionamento implica forti contraddizioni. La domanda turistica non è stabile, viene influenzata dalle mode, per cui vincolare l’economia di un Paese solo al turismo può produrre più danni che benefìci. Inoltre, le grandi strutture ricettive – se non edificate tenendo conto di criteri sostenibili – provocano inquinamento, eccessivo sfruttamento delle risorse e diminuzione della disponibilità di acqua potabile per gli abitanti del luogo. Questo modifica perfino il sistema sociale degli Stati, con un impatto devastante, cui si unisce la scarsa attenzione per un’equa distribuzione dei proventi derivanti dalle attività turistiche. Solo una minima parte, infatti, viene lasciata alle comunità locali, che non vengono educate alla necessità di tutelare l’ambiente e le loro tradizioni.
Il turismo responsabile riconosce invece la centralità delle popolazioni dei Paesi ospitanti e, attuando principi di giustizia sociale ed economica, realizza un’autentica relazione tra viaggiatori, industria turistica e comunità d’accoglienza.
Gli italiani turisti responsabili
Dalla fine degli Anni Ottanta, il turismo responsabile è diventato un modello alternativo al turismo di massa, anche per gli italiani. A metà degli Anni Novanta, è nata l’AITR (Associazione Italiana Turismo Responsabile), un organismo che conta tra i suoi soci tredici organizzazioni non governative e diciannove tour operator ispirati all’equoturismo.
Ne fanno parte anche associazioni come l’ARCI (Associazione Ricreativa e Culturale Italiana) e il CTS (Centro Turistico Studentesco), insieme a tante piccole realtà che occasionalmente organizzano viaggi responsabili per i propri soci. Unite in un lavoro di condivisione sotto “l’ombrello” dell’AITR, nel 1994 hanno sottoscritto il documento intitolato Turismo responsabile: carta d’identità per viaggi sostenibili, il primo codice etico nel nostro Paese riferito in modo esplicito ai viaggi.
Certo, rimane ancora un settore di nicchia, se ne parla poco, eppure nell’ultimo decennio le vacanze organizzate e vissute dagli italiani con spirito consapevole hanno conosciuto una costante crescita. Le ultime stime dell’AITR rivelano infatti che dai 4.000 viaggiatori responsabili del 2008 si è arrivati ai 18.380 del 2011, con un incremento medio annuo del 9% in termini di domanda e del 20% in termini di spesa. Le microeconomie locali ne hanno tratto un significativo contributo, dal momento che gli organizzatori investono sul posto il 30-40% dell’importo totale per l’acquisto di servizi. Si sommano le spese dei turisti in loco (anche dentro al viaggiatore più coscienzioso si nasconde un turista a caccia di souvenir, soprattutto se realizzati dagli artigiani locali!) e la cosiddetta “quota progetto”, ovvero l’apporto destinato a specifiche iniziative di sviluppo, una pratica diffusa tra i tour operator responsabili.
Calcolando per ogni viaggiatore una media di 50 euro di spesa diretta e 5 euro di “quota progetto”, si arriva a circa 3-4 milioni di euro annui che le associazioni AITR hanno versato direttamente alle comunità visitate.
Cosa si fa e dove si va
Ma all’atto pratico cosa differenzia una vacanza responsabile da una tradizionale? Sono per lo più viaggi di gruppo che presuppongono incontri preliminari con i compagni e gli accompagnatori. Tutti partecipano alla preparazione e vengono informati sulle principali caratteristiche della destinazione prescelta. Una volta arrivati, ci si dimentichino villaggi e alberghi esclusivi, poiché per l’alloggio ci si appoggia a strutture familiari. Gli spostamenti di piccolo e medio raggio vengono effettuati con i mezzi di trasporto del posto, a tavola sono banditi gli chef stellati, è preferita di gran lunga la cucina locale e si mangia in compagnia degli abitanti.
Il viaggiatore, quindi, vede, conosce e impara attraverso un continuo scambio culturale, calandosi completamente nella realtà sociale del Paese visitato e i tour operator coinvolgono l’intera comunità ospitante in un rapporto stabile di cooperazione. Dal canto loro, enti, imprese, associazioni e singoli cittadini organizzano le attività turistiche e decidono il modo migliore per promuovere il proprio territorio.
Il classico viaggio responsabile si svolge all’estero e prevede incontri in loco con i responsabili di organismi impegnati in iniziative di solidarietà, oltre ad escursioni per visitare le bellezze culturali e ambientali con guide turistiche del posto. È quanto accade aderendo alle proposte di ViaggieMiraggi, cooperativa sociale che lavora in quattro continenti, collaborando con più di cento comunità locali in cinquanta Paesi del Nord e del Sud del mondo, sostenendo oltre duecento progetti sociali e per indotto migliaia di persone.
Con ViaggieMiraggi, ad esempio, si possono conoscere i produttori di alimenti del commercio equo-solidale come caffè e miele del Messico, oppure si può volare a Zanzibar, “l’isola delle spezie” di fronte alla costa della Tanzania. Qui è possibile unire il dilettevole – ovvero un tuffo nell’Oceano Indiano e passeggiate su spiagge bianchissime – all’utile, vale a dire incontri con insegnanti e bambini negli asili gestiti da un’Associazione di volontariato attiva in programmi educativi e sanitari. Per ogni viaggio, il sito di ViaggieMiraggi mette a disposizione una dettagliata scheda, indicando gli spostamenti giornalieri e il livello di difficoltà per le persone con problemi motòri.
Non mancano poi le occasioni nemmeno per chi voglia rimboccarsi le maniche. Molte organizzazioni, infatti, richiedono un aiuto concreto nelle loro attività. È il caso dell’organizzazione non governativa Humana People to People Italia, membro della Federazione Internazionale Humana, presente in quarantatré Paesi. Si rivolge soprattutto ai giovani la vacanza solidale estiva proposta nella Comunità di Muzuane in Mozambico. I viaggiatori alloggiano in una confortevole struttura affacciata sul mare e durante il soggiorno collaborano facendo lavori manuali, giocando con i bambini o cucinando con i ragazzi della scuola di turismo.
A Itapoà, nell’immediata periferia di Salvador, Casa Encantada è il punto di partenza ideale per scoprire un altro Brasile. La struttura è gestita con passione da Loris e Maria, appartenenti all’organizzazione non governativa veronese ProgettoMondo Mlal, che dal 1966 ha promosso e gestito circa quattrocento programmi in ventuno Paesi di America Latina e Africa.
Con un po’ di spirito di adattamento, la struttura è praticabile anche da parte delle persone con ridotte capacità motorie. Sulla pagina Facebook dell’organizzazione si legge ad esempio l’esperienza di Annalisa, giovane donna in carrozzina, che con queste parole racconta la sua vacanza brasiliana: «Non è un viaggio facile e per chi ha esigenze speciali non è usuale trovare bagni accessibili, accessi facilitati, trasporti adeguati. Occorre essere pronti ad adattarsi, se è possibile farlo. Loris è stato il nostro mediatore, come pure tutta la sua famiglia. La sensibilità e la delicatezza con cui ci ha accompagnato mi ha permesso di sentirmi sempre a mio agio. Le soluzioni pratiche le abbiamo trovate sempre, grazie all’ascolto reciproco, alla franchezza della comunicazione e ad un po’ di creatività».
Vacanze eco friendly
Parallelamente al turismo responsabile e condividendone gli ideali, si sta diffondendo il cosiddetto “turismo ecologico”, vacanze “verdi” a stretto contatto con la natura.
Il WWF, ad esempio, offre più di cento viaggi nel mondo all’insegna dell’ecologia, articolati in sezioni specifiche per bambini, famiglie, ragazzi under 25, avventura e adulti. Le agenzie di viaggio e le strutture a cui si appoggia il WWF osservano le linee guida AITR del turismo responsabile.
I più giovani, magari disponibili a rinunciare a qualche comodità, possono seguire le tracce dell’orso in Abruzzo e costruire rifugi nei boschi grazie ai campi avventura. Per gli adulti più temerari, poi, ci sono i trekking in Giordania e in Amazzonia, il tour in India per avvistare la tigre oppure un viaggio “alla fine del mondo” tra Argentina, Patagonia e Cile.
Sono disponibili anche tranquille giornate in fattorie biologiche, escursioni nelle oasi e giri in barca a vela per chi desidera restare in Italia, un Paese ricco di piccole identità territoriali che promuovono a livello locale forme di turismo sostenibile.
Già, perché si può essere viaggiatori responsabili anche a due passi da casa. Esiste infatti un’Associazione di piccoli e medi comuni, Borghi Autentici d’Italia, che propone soggiorni in paeselli sconosciuti ai più, in cui protagoniste sono le comunità con le loro storie, dove bisogna rallentare il ritmo per assaporare i dettagli nascosti, ascoltare quello che raccontano i luoghi e le persone. È lo specchio di quella parte d’Italia che non si arrende alla crisi e l’affronta senza lagnarsi, mettendo in campo le sue eccellenze.
Anche il viaggiatore “fai-da-te” che prenota tutto on-line può dimostrare responsabilità e consapevolezza, informandosi sulle pratiche green di hotel e bed & breakfast. Lo supporta «EcoWorld Hotel.com», il primo network on-line dove le foglie sostituiscono le stelle per classificare le strutture ricettive turistiche ecosostenibili presenti nel nostro Paese.
Riciclaggio, utilizzo di materie prime a chilometro zero, raccolta differenziata, contenimento dei consumi energetici, presenza di pannelli solari, sono alcune delle pratiche eco friendly [“ecosostenibili”, N.d.R.] tenute in considerazione dal programma EcoLeader di «TripAdvisor», che aiuta i viaggiatori a pianificare le vacanze con un approccio ambientalista. Ad oggi sono più di seimila le strutture nel mondo ad avere raggiunto lo status di EcoLeader di «TripAdvisor» e ai viaggiatori è sufficiente un clic del mouse per accedere alla lista dettagliata di alberghi e bed & breakfast “amici della natura”.