Alla faccia di chi ruba

«Se è vero quello che leggiamo sui giornali – scrive Marco Piazza, raccontando un evento promosso recentemente a Roma, in àmbito di cooperazione sociale – le cooperative sane dovrebbero costituirsi come parte civile, per danno d’immagine alla categoria, contro coloro che hanno sporcato, con i loro traffici criminali, qualcosa di bello e puro, come lo spettacolo a cui stavo assistendo»

Laboratorio Sartoriale Lakruna di Roma (foto di Giovanni Pietro Stella)

Un’immagine del Laboratorio Sartoriale Lakruna di Roma, gestito da un gruppo di sarte utenti del Centro Salute Mentale dell’ASL RM C (foto di Giovanni Pietro Stella)

Un vero peccato, pensavo tra me. Guardavo le modelle sfilare, così emozionate e così fiere dei loro vestiti. Le facce commosse delle sarte e dei designer. Gli sguardi concentrati degli organizzatori dell’evento. Un vero peccato, riflettevo, che il mondo della cooperazione sociale sia stato risucchiato nella melma della corruzione di Mafia Capitale.
Se è vero quello che leggiamo sui giornali, le cooperative sane dovrebbero costituirsi come parte civile, contro Buzzi & Co. Per danno d’immagine alla categoria e per avere sporcato, con i loro traffici criminali, qualcosa di bello e puro, come lo spettacolo a cui stavo assistendo.

Era il 15 dicembre e mi trovavo nel centro di Villa Lais, un bel giardino pubblico nella zona sud di Roma, invitato a presentare una sfilata di moda intitolata I vestiti ritrovati.
La particolarità della serata – e il motivo per cui avevano invitato il sottoscritto – stava nel fatto che i vestiti erano stati realizzati da Cooperative di cui fanno parte persone con disagio psichico ed erano destinati a persone con disabilità motoria (in carrozzina e non). A sfilare poi, erano gli stessi ragazzi delle Cooperative.
Capofila di questo bellissimo progetto, l’associazione di volontariato Immensa…Mente e il Laboratorio Lakruna, una sartoria specializzata in riparazioni, confezioni su misura e accessori artigianali, gestita da un gruppo di sarte utenti del Centro Salute Mentale dell’ASL RM C, con il sostegno del Consorzio Sociale Sol.Co, ove Sol.Co. sta per Solidarietà e Cooperazione.
Decisivo era stato l’incontro di queste due organizzazioni con un affermato designer di moda di Prato, Massimo Falegnami, che dopo avere realizzato prototipi di abiti per l’Associazione toscana Pianeta Elisa, aveva coordinato per due mesi i gruppi di lavoro con le sarte di Lakruna, gli utenti dei laboratori di sartoria dei Centri Diurni della Salute Mentale e i loro maestri d’arte.
Ne son venuti fuori abiti-campione per uomo e per donna, da giorno e da sera, con speciali soluzioni sartoriali e componenti che facilitano la vestibilità e rispondono meglio alle esigenze delle persone. Abiti dal design moderno, realizzati applicando opportuni interventi sartoriali, pensati per chi vive in carrozzina o per chi ha problemi articolari, per persone con temporanee immobilità o avanti con gli anni o che fanno fatica ad indossare i vestiti generalmente proposti dal mercato.

L’obiettivo del progetto, che è potuto decollare grazie a un finanziamento della Provincia di Roma, non si esaurisce con la sfilata. Come accade infatti in molte Cooperative Sociali, lo scopo di Lakruna & Co. non è solo quello di rendere attive persone con problemi di varia natura. C’è anche la volontà di continuare a realizzare vestiti, di farsi conoscere, di vendere e di farsi una clientela.
Insomma, un’impresa vera e propria. Alla faccia di quelli che rubano e infangano il nome delle Cooperative.

Testo apparso anche in “InVisibili”, blog del «Corriere della Sera.it» (con il titolo “Non solo Mafia Capitale. L’orgoglio delle coop pulite”). Viene qui ripreso, con minimi riadattamenti al diverso contenitore, per gentile concessione.

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