È dunque la Salute il “bancomat” della finanza pubblica?

di Nino Cartabellotta*
«Se è vero che “le parole sono pietre” - scrive Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione GIMBE, rifacendosi anche a quanto dichiarato dal presidente della Repubblica Mattarella nel suo discorso d’insediamento - chiediamo a tutte le Istituzioni di fare chiarezza sul futuro della Sanità pubblica, perché oggi le esigenze della finanza pubblica, anziché portare al taglio di sprechi e inefficienze, stanno in realtà ridimensionando il diritto costituzionale alla tutela della salute»

Immagine sfuocata di operatori sanitari in un ospedaleDopo avere dunque rinunciato all’incremento di 2 miliardi del Fondo Sanitario Nazionale, previsto dal Patto per la Salute 2014-2016*, la Conferenza Stato-Regioni ha convenuto nei giorni scorsi sull’importo di 2 miliardi e 352 milioni da tagliare alla Sanità, ai quali si aggiungono altri 285 milioni tolti all’edilizia sanitaria. Al momento, l’unica strategia definita per recuperare risorse è «l’attuazione del Regolamento sugli standard ospedalieri», anche se «Regioni e Province Autonome potranno conseguire il raggiungimento dell’obiettivo finanziario intervenendo su altre aree della spesa sanitaria», che saranno rese note entro il prossimo 15 marzo.

Di fronte a ciò, la preoccupazione maggiore per i cittadini italiani è rappresentata non solo dall’ennesimo taglio lineare, edulcorato come «mancato incremento del Fondo Sanitario Nazionale», ma soprattutto dal quadro inquietante i cui contenuti appaiono sempre più netti: il Governo si sta sbarazzando progressivamente di una quota della spesa pubblica destinata alla Sanità; le Regioni sono incapaci di formulare proposte unitarie per ridurre inefficienze e sprechi; la Repubblica, quale garante del diritto costituzionale alla tutela della salute, ha un ruolo sempre più sfumato, ormai quasi evanescente.
Le contraddizioni tra tutela dei diritti costituzionali, finanziamento pubblico della Sanità e programmazione/organizzazione dei servizi sanitari e sociali dimostrano che i ruoli e le responsabilità istituzionali finiscono per diluirsi e svanire nelle stesse pieghe normative che oggi alimentano il conflitto istituzionale tra Stato e Regioni, indebolendo, come detto, il ruolo della Repubblica quale garante dell’articolo 32** della Costituzione ed erodendo progressivamente i diritti dei cittadini.

Per altro, se la Legge di Stabilità per il 2015 ha ribadito quanto concordato nell’estate dello scorso anno da Stato e Regioni nel citato Patto per la Salute, ovvero che «i risparmi derivanti dall’applicazione delle misure contenute nel Patto rimangono nella disponibilità delle singole Regioni per finalità sanitarie», perché le Regioni, contestualmente alla rinuncia ai 2 miliardi, volevano rinunciare anche a tale opportunità, chiedendo l’abrogazione dell’articolo 1, comma 557 della stessa Legge di Stabilità?
In realtà appare evidente che le Regioni, oltre a dimostrarsi incapaci di attuare un virtuoso processo di disinvestimento e riallocazione, hanno l’ambizione di gestire in totale autonomia le risorse assegnate dallo Stato per finalità sanitarie, così da poterle “spostare” verso altri settori. Una richiesta, questa, che stride con la garanzia del diritto alla tutela della salute, affidato dalla Costituzione alla Repubblica, ma di fatto attuato da Stato e Regioni.
E tutto questo a dispetto di quanto affermato dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella che, in occasione del suo discorso d’insediamento al Quirinale, aveva pronunciato parole rassicuranti, affermando di essere «il garante della Costituzione», che «la garanzia più forte della nostra Costituzione consiste nella sua applicazione» e che «garantire la Costituzione significa garantire i diritti dei malati».

Se è vero dunque che, richiamando Carlo Levi, «le parole sono pietre», come Fondazione GIMBE chiediamo a tutte le Istituzioni di fare chiarezza all’unisono sul futuro della Sanità pubblica, perché oggi le inderogabili necessità imposte al Governo da esigenze di finanza pubblica, anziché tagliare sprechi e inefficienze, stanno in realtà ridimensionando il diritto costituzionale alla tutela della salute.

*Il Patto per la Salute – del quale nel luglio del 2014 è stato definito quello per il 2014-2016 – è un accordo finanziario e programmatico tra il Governo e le Regioni, di valenza triennale, in merito alla spesa e alla programmazione del Servizio Sanitario Nazionale, finalizzato a migliorare la qualità dei servizi, a promuovere l’appropriatezza delle prestazioni e a garantire l’unitarietà del sistema.
**Articolo 32 della Costituzione: «La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti […]».

Presidente della Fondazione GIMBE, organizzazione costituita dall’Associazione Gruppo Italiano per la Medicina Basata sulle Evidenze.

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