La sindrome di Marfan è un’alterazione del tessuto connettivo (cioè di quel tessuto che tiene uniti i vari organi del corpo) a trasmissione autosomica dominante: ciò significa che il gene o i geni mutati risiedono su un cromosoma non sessuale e che basta la mutazione di una delle due copie del gene normalmente presenti nel patrimonio di un individuo per dare il fenotipo clinico.
In altre parole ogni malato ha quasi sempre un genitore affetto ed egli stesso ha il 50% di probabilità di avere figli malati ad ogni gravidanza.
L’incidenza della patologia è di un soggetto affetto su 3.000-5.000 persone e va detto anche che un certo numero di pazienti (il 25% circa) è rappresentato da casi sporadici, cioè da soggetti che non hanno storia familiare e quindi sono portatori di una mutazione “fresca”.
Tra gli apparati colpiti dalla sindrome vi è anzitutto quello cardiovascolare, con problemi di aneurisma, di disseccazione dell’aorta e di prolasso della valvola mitrale. Risultano poi coinvolti anche gli occhi (ectopia della lente, miopia) e lo scheletro (scoliosi, anomalie della gabbia toracica).
La malattia può infine interessare anche il sistema nervoso centrale, i polmoni, la pelle e i tegumenti.
Nel 1992 è stato identificato uno dei geni principali che causano la sindrome di Marfan: si tratta del gene fibrillina 1 (FBN1), localizzato sul cromosoma 15 in posizione 21.1, il quale codifica per un microfilamento che è un importante costituente del tessuto elastico.
Tale gene – e la proteina che viene da esso codificata – risultano mutati nel 60% dei pazienti con sindrome di Marfan. Le conseguenze di questa mutazione sono spesso devastanti e, ad oggi, incorreggibili.
Una mancata diagnosi e prevenzione cardiovascolare può portare infatti alla morte improvvisa tra i 25 e i 60 anni di età: un esempio eclatante è rappresentato da alcune morti improvvise di atleti di cui si ha talora notizia leggendo i giornali.
Va anche segnalato che, nel 1996, un secondo gene responsabile della sindrome di Marfan sarebbe stato localizzato sul cromosoma 3p24-p25, ma la sua esistenza non è stata successivamente confermata.
Attualmente l’Associazione Vittorio tenta di promuovere – cercando aiuti concreti – progetti di ricerca volti all’identificazione degli altri geni coinvolti nella malattia: la caratterizzazione del difetto molecolare nei pazienti affetti potrebbe permettere, infatti, importanti interventi di prevenzione (quella farmacologica, ad esempio, attualmente è solo una speranza, ma è sicuramente possibile la prevenzione chirurgica) nelle famiglie interessate dalla patologia, oltre a consentire a tutte le coppie a rischio il ricorso a un servizio di diagnosi prenatale.
L’Associazione Vittorio
L’Associazione Vittorio per la Sindrome di Marfan e Malattie Correlate nasce nel gennaio del 1994 a Torino, è volontaria, senza scopo di lucro, e tra i suoi obiettivi si prefigge di informare le persone colpite dalla malattia e le loro famiglie e di sensibilizzare anche i centri medici, in modo da favorire una diagnosi tempestiva.
Responsabile dell’Associazione è Silvia Salice che si avvale in particolare della consulenza di specialisti dell’Università “Tor Vergata” di Roma e dell’Università di Firenze. Questi ultimi sono impegnati da tempo a identificare e a chiarire i meccanismi che sono alla base della malattia e a caratterizzare il difetto molecolare in ciascun paziente.
Nel 1996 l’Associazione ha ottenuto un finanziamento da un’importante società americana leader mondiale nel settore dei beni di consumo, che ha permesso di finanziare anche una borsa di studio semestrale legata a tale attività di ricerca. Inoltre, a Firenze, è stata istituita un’équipe medica composta da cattedratici di varie specializzazioni (medicina interna, cardiologia, ortopedia, oculistica, genetica medica e molecolare), allo scopo di eseguire accertamenti multidisciplinari sui pazienti affetti da sindrome di Marfan o sospetti tali. Tale équipe è ora divenuta un punto di riferimento per tutta l’Italia.
L’Associazione, infine, sta sollecitando presso alcuni istituti di credito l’erogazione sia di supporti finanziari per eseguire uno studio genetico molecolare su un considerevole numero di pazienti, sia di fondi per l’acquisizione di apparecchiature scientifiche.
Strada Mongreno, 82 (c/o Salice), 10132 Torino
tel. e fax 011 8980995, clotilde72@libero.it
Testo tratto (e successivamente aggiornato) da DM 141 (marzo 2001), periodico della UILDM (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare).