Si parla molto, ultimamente, di security, ovvero di sicurezza dei dati sensibili, personali e pubblici, risiedenti su banche dati accessibili on line.
I siti web contenenti dati di questa tipologia (gli istituti bancari o postali) inseriscono pertanto ulteriori controlli per accertare l’autenticità dell’utente collegato via internet. Lo scopo è quello di verificare che l’accesso a un conto non venga effettuato da un programma automatico come un virus, oppure da un hacker in grado di effettuare accessi indesiderati e inopportuni nelle banche dati e addirittura di manipolarne i contenuti.
A tal fine, a conclusione di alcune procedure di autenticazione, viene richiesto l’inserimento di caratteri grafici di controllo, detti anche captcha [acronimo che sta per “completely automated public Turing test to tell computers and humans apart”, ovvero “Test di Turing pubblico e completamente automatico per distinguere computer e umani”, N.d.R.].
Si tratta di immagini rappresentanti numeri e lettere, che a detta di molti sono quasi illeggibili anche tra le persone vedenti [se ne veda qui in basso un esempio, N.d.R.]. Esse sono immagini grafiche e non vengono quindi intercettate dagli screen reader, i software di lettura dello schermo per persone non vedenti. Per queste ultime, dunque, risulta semplicemente impossibile riportare correttamente i captcha nel modulo on line che si sta compilando.
Esistono, in alternativa, i captcha sonori, ovvero registrazioni sonore di numeri e lettere, che dovrebbero risolvere il problema dell’inaccessibilità di quelli grafici, in particolare proprio per le persone cieche e ipovedenti. Qualcuno, però, ha mai provato ad ascoltarli? Sono quasi incomprensibili: solitamente, infatti, i numeri e le lettere sono vocalizzati in inglese e con una eco di sottofondo che crea un grosso disturbo all’ascolto.
Anche in questo caso, per altro, il buon senso può intervenire: alcuni siti web progettati in modo accessibile hanno scelto di fare semplici domande di tipo aritmetico elementare, come calcolare un facile risultato numerico, ad esempio fornire la somma di una piccola addizione. È così complicato pensare e realizzare un captcha semplice di questo tipo?
Se poi non esistono forme alternative accessibili come le suddette, ecco che accade ciò che mi ha raccontato Marco, un utente ipovedente registrato al sito di Poste Italiane, che da diverso tempo non utilizzava i servizi on line del sito stesso e aveva smarrito le credenziali d’accesso. Egli ha provato quindi ad avvalersi delle procedure per il recupero della password, ma purtroppo il sito di un importante servizio rivolto al pubblico, come le Poste non gliel’ha permesso, a causa del controllo con un captcha grafico!
A quel punto Marco ha provato a risolvere il problema per telefono e ha chiamato l’assistenza tramite il call center, perdendo una mattina intera nel tentativo di parlare con un operatore libero. Selezionando infatti l’opportuna opzione, risponde un messaggio registrato che invita a richiamare più tardi per l’elevato numero di chiamate, interrompendo poi la linea bruscamente.
Marco ha tentato allora di compilare il modulo disponibile on line per la richiesta di assistenza, stavolta accessibile in ogni sua parte. Anzi no, “quasi accessibile”… Ecco infatti l’inganno: aveva quasi terminato tutta la procedura e che cosa ha incontrato? Ovviamente un captcha, e naturalmente privo dell’opzione audio, a sbarrargli di nuovo la strada, il che gli ha impedito di terminare l’operazione per inviare il modulo e accedere all’assistenza on line di Poste.it…
«Se anche un importante servizio pubblico come le Poste – mi dice un amareggiato Marco – non fornisce la piena accessibilità del proprio sito a tutti i cittadini, allora l’Italia deve ancora compiere un passo avanti verso la soddisfazione dei diritti elementari di accesso a tutti».
A sostegno del suo parere, aggiungo che benché esistano in rete dei servizi internazionali di web helping [letteralmente “aiuto per il web”, N.d.R.], in grado anche di decodificare un captcha grafico, si tratta di soluzioni in lingua inglese, compatibili con specifici browser e utilizzabili da utenti esperti. Sono pertanto sistemi che non possono e non devono sostituirsi alle soluzioni per l’accessibilità che, al contrario, devono ricercare una soluzione standard, rivolta a un’utenza con competenze di base.
Concludo assicurando i Lettori che come ADV (Associazione Disabili Visivi) abbiamo già provveduto a mandare la segnalazione all’AGID (Agenzia per l’Italia Digitale), che ha preso in carico il problema e ha già fatto partire il “timer” dei novanta giorni utili per la risoluzione del problema da parte di Poste.it, che, detto per inciso, tra gli istituti di credito – pur non essendo completamente accessibile per quanto si è appena raccontato – è quello che ci risulta essere tra i più “usabili”…