Una puntata del programma televisivo Quelli che il calcio su RAI 2. Il conduttore Nicola Savino si rivolge a una bambina cieca, tifosa della Roma. Le chiede un’opinione sulla gara comntro il Chievo, dicendo: «Come la vedi?». Dai social network piovono polemiche: «Ha usato termini sbagliati», «È stato offensivo», «Ha preso in giro»… Invece no. Savino, forse senza rendersene conto – ha tentato di correggersi, un po’ imbarazzato – si è rivolto nella maniera giusta a quella ragazza.
Dire infatti a una persona cieca «Ci vediamo dopo?» oppure a una in carrozzina «Fai un salto qui», è corretto, anzi, si è invitati a farlo. Modificare il discorso quando si parla insieme a una persona con disabilità o quando questa è presente sarebbe discriminatorio. È importante invece agire normalmente, senza essere imbarazzati se capita di utilizzare espressioni di uso comune (come appunto «Hai visto?» a chi è cieco o «Dai, meglio correre» a chi usa una carrozzina). Nessuno, con disabilità o no, vuole essere visto con pietà, compassione, carità.
Altra trasmissione televisiva. Amici, su Canale 5. Si era ancora alle “qualificazioni”, non alle puntate in onda al sabato sera, e dove si è assistito – in apertura di quella d’esordio – a una bellissima esibizione di un ballerino con le stampelle, professionista e non in gara (fa parte del cast del coreografo Giuliano Peparini). Questo per far notare come, nella stessa trasmissione, vi siano esempi virtuosi e meno.
E qui pensiamo a quella discussione tra due ballerini, un ragazzo e una ragazza, con qualche parolaccia di troppo. La produzione, giustamente, usa dei bip per nasconderle. Poi il ragazzo si rivolge a lei dicendole «mongoloide». E qui nessun bip, si sente bene. Evidentemente quella parola non dà fastidio. E invece è un gravissimo insulto. E oltre a esserlo, crea chiaramente uno stigma nei confronti della persone con sindrome di Down, discriminate per la loro condizione.
Sempre ad Amici, era accaduto un fatto simile anche qualche anno fa: il rapper Moreno, che poi vinse, si trovò, suo malgrado (era una gara di freestyle, dove bisognava riprendere l’ultima parola detta dallo sfidante), a dover dire quella parolA. Appena chiusa la canzone, si scusò: «So che offende, ma non volevo, ho dovuto usarla». Giovane e intelligente, è stato bravo a scusarsi, forse avrebbe potuto evitare comunque di ripeterla.
La televisione ha una forza spaventosa. Basterebbe poco per essere corretti e mostrare come esserlo. Purtroppo parole e comportamenti rispettosi nei confronti della disabilità, come di altre categorie “deboli” a rischio di discriminazione, non sono indicati prima, a scuola e/o in famiglia, e arrivano senza mediazioni nel più forte mezzo di comunicazione di massa.
Sarebbe buona cosa se chi ha la grande responsabilità di lavorare in TV sapesse come essere corretto nella comunicazione nei confronti di tutti. Occorre una guida di linguaggio e comportamento (la BBC inglese ce l’ha, la RAI – una volta – ce l’aveva, ma sarebbe da aggiornare).
Proprio su comportamenti e linguaggio ci sono diverse indicazioni da tenere in mente, ma quella che poi è importante ricordare è: «Agisci in modo naturale». Sarà chi ha una disabilità a indicare se è a disagio o ha bisogno di aiuto, altrimenti, senza farti problemi, goditi compagnia e conversazione.