Il 5 e il 19 giugno a Roma, nel magnifico scenario del Museo dei Fori Imperiali nei Mercati di Traiano, immerso in duemila anni di storia, l’Associazione Museum – impegnata in attività di volontariato per la fruizione dei beni museali da parte delle persone con disabilità visiva, psichica e uditiva – ha dato vita a un evento interessante quanto singolare.
Un gruppo di sette “attori” non professionisti ciechi e ipovedenti ha messo in scena La morte di Cesare, rappresentazione liberamente tratta da un testo di Corrado Augias e la singolarità è consistita nel fatto che gli spettatori – venti in ciascuna rappresentazione -, se vedenti, venivano costretti a non utilizzare la vista. Prima dell’ingresso in sala, infatti, senza che potesse coglierne il minimo particolare, ogni spettatore veniva bendato e quindi accompagnato al proprio posto da un attore, che gli sussurrava indicazioni circa il tempo e il luogo in cui si svolgeva la vicenda narrata.
A quel punto aveva inizio la vera e propria rappresentazione, con due voci “itineranti” che, mantenendosi in opposizione l’una all’altra rispetto alla sala, si muovevano intorno agli spettatori – anch’essi parte della scena – effettuando alternativamente la narrazione.
Lo spettacolo è poi proseguito, arricchendo i fatti rappresentati con azioni svolte dagli attori sugli spettatori, attraverso l’utilizzo di canali alternativi alla vista. L’udito l’ha fatta da padrone, ma anche gli altri sensi hanno avuto un ruolo fondamentale nel vicariare la vista, quella vista dell’uso della quale i presenti erano temporaneamente stati impediti, a differenza degli attori che ne erano privi abitualmente.
Toccanti i monologhi di Calpurnia (Stefania Caccamo), imponente la figura di Cesare (Luciano Domenicali), incisivi gli interventi di Decimo Bruto, dell’indovino Spurinna e di Lucio Cimbro (Daniele Ponziani, uno e trino!), fondamentale il ruolo delle voci narranti (Enza Castelbuono, Lucilla D’Antilio, Maria Sassone, Rosella Frittelli).
Tutti gli attori, coralmente, nel corso della rappresentazione si sono mossi tra gli spettatori, sussurrando agli stessi parti del testo e compiendo azioni che li coinvolgevano.
Una tale orchestrazione si è resa possibile grazie alla regia di Mimmo Valente, ma nulla si sarebbe realizzato, senza l’intuizione, l’organizzazione, la disponibilità, la dedizione e l’impegno profusi dall’Associazione Museum (Pina Simili e Maria Poscolieri) e senza il prezioso supporto di Diana Pellegrini.
In coda a ciascuna delle sei rappresentazioni (tre per ciascuno dei due giorni) si sono svolti brevi, ma intensi confronti con gli spettatori che – tolte ormai le mascherine – sono tornati al loro stato “normale”, attraverso un confronto immediato con la condizione di “cecità” appena vissuta.
Da siffatti scambi – volendo riassumere in un’unica collezione le impressioni espresse – sono emersi sentimenti di angoscia e di paura nell’affrontare al buio ambienti sconosciuti e situazioni imprevedibili; il senso di riacquistata sicurezza, dopo il contatto con l’attore che li accompagnava al loro posto in sala; il gusto della nuova percezione dello spazio e dell’azione; la coscienza – normalmente pressoché sconosciuta – delle percezioni attraverso canali diversi da quello visivo; l’impressione di immedesimarsi nella situazione di chi la vista non la può mai utilizzare; la fruizione, in poche parole, di uno spettacolo attraverso l’immaginazione che, stimolata esclusivamente da informazioni non visive, faceva “vedere” i personaggi, le ambientazioni e il susseguirsi degli eventi, come se scorressero davanti ai propri occhi.
Un’esperienza sicuramente da ripetere e che infatti si ripeterà, come affermano da Museum, grazie alla già confermata disponibilità del Museo dei Fori Imperiali.
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