«Come ogni anno – era stato detto all’inizio dell’anno scolastico dall’ANFFAS (Associazione Nazionale Famiglie di Persone con Disabilità Intellettiva e/o Relazionale) – nei giorni in cui gli studenti tornano tra i banchi, la domanda che le famiglie degli alunni con disabilità si pongono è sempre la stessa: “Anno nuovo, problemi vecchi?”. Non sembra infatti iniziare sotto i migliori auspici nemmeno quest’anno scolastico, per chi si aspetterebbe invece di vedere “solamente” rispettato il proprio diritto all’inclusione».
Poco più di due mesi dopo, ancora l’ANFFAS sottolinea in una nota come «quei timori si siano purtroppo rivelati fondati. Proprio così sembra essere infatti, stando a quanto continua ad accadere in questi mesi, e la recentissima notizia proveniente da Casal Palocco nei pressi di Roma di quella che può essere definita senza giri di parole una vera e propria segregazione di un alunno con disabilità, costretto a trascorre le ore scolastiche con la sua sedia a rotelle in uno stanzino, senza alcun tipo di supporto, ne è la conferma».
«La situazione denunciata dai genitori di quel bimbo – dichiara Roberto Speziale, presidente nazionale dell’ANFFAS – è solo la più recente in ordine di tempo, ma non sarà l’ultima ed è l’ennesima prova che gli studenti con disabilità sono considerati “di serie B” e che la scuola italiana è ancora lontana da una reale inclusione scolastica. Anche la nostra Associazione, del resto, continua a ricevere richieste di aiuto e di informazioni su problemi tra i più diversi, con situazioni di gravità non indifferente: dalla mancata continuità didattica, alla mancata assistenza igienica e specialistica, fino agli immancabili problemi con l’assegnazione delle ore di sostegno».
«Nonostante l’ormai famosa riforma della cosiddetta “Buona Scuola” – prosegue Speziale – lo stato delle cose è rimasto immutato, e non si vedono cambiamenti radicali come quelli che sarebbero invece necessari. Anzi, sembra proprio che nulla si stia muovendo nella direzione giusta. Eppure già alla metà di settembre il Ministero comunicava di avere 90.034 insegnanti di sostegno stabilizzati, altri 25.000 assegnati in deroga e ancora altri 6.446 posti di sostegno da assegnare per il potenziamento dell’organico sul sostegno previsto dalla ridetta riforma. Ebbene, proprio questo ci porta a ritenere che non ci si possa più limitare ad aumentare gli insegnanti di sostegno, ma che sia necessario anche ripensare e investire in maniera determinata sulla formazione, assicurando loro la possibilità di acquisire puntuali competenze per poter svolgere in aula, come docenti, il delicato ruolo di facilitatori nelle dinamiche didattiche all’interno del contesto classe, lavorando in team con gli insegnanti curriculari e le altre figure di supporto all’alunno con disabilità che, d’altra parte, devono vedere anch’esse innalzate le proprie competenze, per poter essere nelle condizioni di lavorare in sinergia con l’insegnante di sostegno».
«Pertanto – dichiara il Presidente dell’ANFFAS, traendo le conseguenze di quanto detto – nel nostro determinato impegno per il rispetto dei diritti e delle concrete esigenze degli alunni con disabilità e delle loro famiglie, intendiamo continuare a sostenere con decisione la Proposta di Legge AC 2444, frutto del lavoro della FISH (la Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap, cui noi stessi aderiamo) e della FAND (Federazione tra le Associazioni Nazionali di Persone con Disabilità), per il miglioramento dell’inclusione scolastica, testo quasi del tutto ripreso nelle prime bozze del Decreto Delegato della “Buona Scuola” sull’inclusione degli alunni con disabilità. Una Proposta che, lo ricordiamo, prevede – oltre quanto sopra detto circa la formazione e i compiti degli insegnanti per il sostegno e di quelli curricolari – anche interventi volti a favorire una presa in carico degli alunni che parta dal loro profilo di funzionamento (e non dal deficit o dalla sola diagnosi medica!), individuando gli opportuni assi di interventi personalizzati, le indicazioni per la continuità didattica (creando degli appositi ruoli dei docenti per il sostegno), l’obbligo di riduzione del numero di alunni per classe e del numero di alunni con disabilità nella stessa classe, la formazione obbligatoria in servizio, oltreché iniziale, di tutti i docenti sulle didattiche inclusive, e anche gli indicatori di verifica della qualità dell’inclusione».
«L’inclusione scolastica – ricorda ancora Speziale – è un diritto da troppo tempo calpestato. È tempo, dunque, di portare avanti e realizzare iniziative concrete che puntino dritto all’obiettivo e la Proposta di Legge sostenuta da FISH e FAND ne è un esempio. A tal proposito dispiace vedere la persistenza di conflitti interni agli ambienti scolastici e di commenti poco proficui per il lavoro che si sta cercando di portare avanti, provenienti da persone – a volte anche dagli stessi docenti – che purtroppo dimostrano di non avere un’adeguata informazione o di avere una poco approfondita conoscenza dell’argomento o peggio ancora che tendono a basarsi su posizioni preconcette o tese solo a difendere interessi altri rispetto a quelli degli alunni e degli studenti con disabilità, tanto da arrivare addirittura a dichiarare erroneamente che si stia creando una figura di docente di sostegno “medico” o di “tutor”, che si occuperebbe solo – e da solo – dell’alunno con disabilità, laddove invece, come detto, ben altre sono le intenzioni e le mirate azioni che si stanno costruendo. Ciò non vuol dire, naturalmente, che non vi sia apertura verso opinioni diverse: rimane ovviamente la disponibilità di tutti a creare e a mantenere il confronto con chi ha il desiderio di raggiungere lo stesso fine – attraverso lo scambio di tesi e proposte costruttive – ossia il miglioramento del nostro sistema scolastico, rendendo concreto ed esigibile il diritto all’inclusione scolastica degli alunni e studenti con disabilità, su cui, invece, non abbiamo intenzione alcuna di arretrare».
«Ricordiamo ancora una volta – è la conclusione di Speziale – che l’inclusione scolastica non è importante solo per gli alunni con disabilità e le loro famiglie, ma è importante per tutti, perché la costruzione di una comunità che non discrimina parte soprattutto dai giovani, dai bambini, dai ragazzi: il futuro di una società inclusiva e non discriminante inizia quindi anche da qui». (S.B.)
Per ulteriori informazioni e approfondimenti: comunicazione@anffas.net (Roberta Speziale).