Sembra quasi offensivo e inutile rilevare che l’isolamento e la ghettizzazione portano inevitabilmente a innesti psicotici, indicativi di una chiusura al mondo esterno, specie se applicata a persone già segnate da patologie che comportano, automaticamente, proprio il rinchiudersi in se stessi. E dunque la persistenza di questo stato di cose può solo determinare un rinforzo di questo stato di fatto, e in particolare può portare le famiglie a un comportamento iperprotettivo di compensazione, che rischia però di soffocare la personalità e l’autonomia del familiare.
Diventa quasi un’”ingiunzione alla non esistenza” che porta la persona con handicap a fare affidamento solo sulle esperienze acquisite nei centri di riabilitazione o in altre istituzioni simili, come ad esempio i laboratori protetti, dove svolgono un’attività lavorativa in situazione tutelata.
Un’azione, questa, che sembra giusta e legittima per affrontare il problema, ma a mio parere non è così, è solo una delega costante e definitiva, dove l’autonomia rimane esclusivamente al livello dell’autosufficienza di base e non arriva mai a trasformare la disabilità in Al contrario, quello spazio iperprotetto e tutelato di cui si parla si riduce in uno spazio dove degli esseri umani sono costretti a vivere la vita come “animali in gabbia”.
Il grande Ippocrate, “padre della Medicina”, vissuto in Grecia circa 2.500 anni fa, riteneva che tutte le parti del corpo, se usate con moderazione ed esercitate nell’attività alla quale sono deputate, diventassero più sane, ben sviluppate e che sarebbero invecchiate più lentamente. Dunque, solo lo sport può essere strumento di salute e di coesione sociale.
La pratica sportiva è una vera e propria forma di medicina e come tale dev’essere considerata dalle autorità sanitarie e politiche, come un’attività salutare e positiva anche per gli aspetti di unione sociale.
Se sosteniamo dunque che lo sport è salute per tutti gli individui, ciò significa che lo è anche per le persone che hanno diverse disabilità: motorie, sensoriali e psichiche. Verrebbe da dire “a maggior ragione” è salute per tutte quelle persone che, avendo dei limiti di diverso tipo e natura, necessitano non solo di dedicarsi a una disciplina sportiva, ma anche di migliorare le proprie condizioni fisiche e sociali.
Ecco quindi che diventa indispensabile parlare di sport per le persone con disabilità e avviare in modo serio la pratica sportiva per ogni persona con qualsiasi tipo di disabilità.